Il sud arde. Montagne e colline continuano a bruciare. La Sicilia ha toccato mercoledì la temperatura record di 48,8 gradi, gli incendi hanno causato due vittime a Grotteria e Cardeto, in Calabria, una in Sicilia, a Paternò, e danni in tutto il Mezzogiorno. I roghi si sono abbattuti con tutta la loro violenza spinti dall’anticiclone africano Lucifero: «Per fortuna le temperature si sono abbassate, con quelle dei giorni scorsi sapevamo che il pericolo era altissimo», dice Salvo Cocina, capo della Protezione civile della Sicilia.

Incendi dolosi

Gli incendi «sono perlopiù di origine dolosa, per creare pascolo oppure sono delle forme di ritorsione» ma «le fiamme sono favorite dalle alte temperature e dal vento». Lui, ingegnere strutturista che ha lavorato per anni nel settore dell’ambiente e dei rifiuti, nel suo ruolo di tecnico, commenta: «È innegabile che il mutamento climatico ci sia, il nostro modello di sviluppo è poco sostenibile. Noi tocchiamo con mano gli effetti. C’è una stretta correlazione: le stagioni estreme sono un problema che c’è, e dobbiamo rendercene conto».

La situazione ieri appariva in lento miglioramento, ma la paura rimane. La Calabria ha cominciato ad ardere la settimana scorsa. L’Aspromonte, dove sono le Faggete Vetuste, patrimonio Unesco, ha registrato il bilancio peggiore. Nella zona di San Luca è rimasta bloccata la strada per il santuario della Madonna di Polsi. Fiamme anche in provincia di Catanzaro, nella fascia ionica, e a Cosenza, in particolare Acri e Longobucco. A Catanzaro è stata lambita la casa circondariale Caridi che ospita centinaia di detenuti. In tutto, secondo i dati diffusi dalla regione, ieri c’erano ancora quasi 60 roghi attivi. In Sicilia gli incendi si sono intensificati nelle ultime due settimane: i più recenti hanno colpito la provincia di Palermo e Ragusa, ma tutte sono state toccate. Sia in Calabria che in Sicilia ci sono state vittime: cinque morti che hanno tentato di opporsi alle fiamme.

I danni

In Sicilia sono bruciati «500 ettari di bosco pregiato a Chiaramonte, ci sono stati danni a 50mila ettari di pascoli, boschi; le fiamme hanno colpito le infrastrutture agricole, e ci sono state centinaia di animali morti». I risvolti economici non sono stati ancora quantificati: «Riguardano gli agricoltori in primo luogo, ma sono state interessate anche abitazioni. Riteniamo almeno 50 milioni di euro». Ma quello che «non si può quantificare è il danno al patrimonio ambientale e ai boschi. Quando brucia un bosco è molto difficile andarlo a ricostituire». La Protezione civile si aspetta frane lì dove tutto è bruciato: «Il danno ambientale è peggiore di quello economico. I terreni denudati dalla copertura vegetale tendono a innescare dei fenomeni di frana. La pioggia sui terreni spogli farà danno. Adesso abbiamo l’emergenza fiamme, dopo avremo l’emergenza piogge. Dovremo evitare che qualcuno si faccia male». Come scrive Antonello Pasini, climatologo del Cnr, su queste pagine, il rischio è altissimo.

Un problema politico

«L’incendio naturale – ripete Cocina – è pressoché inesistente, alcuni vengono studiati apposta per non essere spenti». Oltre al clima, e all’azione criminale, aggiunge, l’abbandono dei terreni e la mancanza di cura fanno la loro parte. Secondo Coldiretti, i roghi nel corso del 2021 sono aumentati del 202 per cento rispetto alla media 2008-2020. Sei roghi su 10 colpa dei cosiddetti piromani, ma gli altri derivano dall’incuria.

Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ha lanciato un appello su Twitter: «Il presidente Draghi venga in Calabria a Ferragosto a verificare lo stato disastroso in cui versa il territorio vessato dagli incendi», e ha concluso: «Servono provvedimenti straordinari!». Nel pomeriggio è arrivata la telefonata di palazzo Chigi e venerdì 13 agosto arriverà il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio.

I ministri di Forza Italia hanno scritto in una nota «che l’esecutivo lavorerà per ristorare anche economicamente le comunità maggiormente danneggiate» e a nuove «pene per chi appicca gli incendi».

Ma il tema del clima, ormai emergenza, lo portano avanti in pochi. Per Rossella Muroni, di FacciamoEco, però è evidente: «L’allarme lanciato dal gruppo degli esperti Onu dell’Ipcc lo vediamo in concreto sul nostro territorio. Per risanare questa ferita serviranno anni. Serve un salto di scala». Contro le fiamme estive, il suo gruppo propone azioni preventive e «il catasto degli incendi» per far valere dei vincoli in quelle aree che non peggiorino il territorio.

«Soprattutto però dobbiamo combattere l’innalzamento delle temperature e la crisi climatica». L’attenzione è già per la legge di Bilancio, in autunno: «Che fine faranno i sussidi alle fonti fossili?»

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