I Verdi sono uno dei tanti paradossi della politica italiana. Nel decennio in cui la questione climatica è diventata esistenziale e generazionale, sono spariti dal parlamento italiano. Le percentuali sono da specie in via d'estinzione: nel 2013 il fiasco con Rivoluzione civile di Antonio Ingroia, nel 2018 lo 0,6 per cento nella lista Insieme. Negli stessi anni in Francia si costruiva il successo di Europe Écologie Les Verts, che avrebbe poi espresso i sindaci di Marsiglia, Lione, Bordeaux e Strasburgo, e in Germania Die Grünen sono arrivati a contendere la leadership della sinistra all'Spd. In parallelo nelle piazze sono apparsi i Fridays for Future, il più innovativo movimento politico giovanile degli ultimi anni, aggregato intorno ai temi che sarebbero stati naturalmente nell'orizzonte dei Verdi.

Un interlocutore credibile

La sopravvivenza e la rinascita di uno dei partiti più anziani d'Italia passa proprio dai Fridays, dalla capacità che avranno i Verdi di farsi riconoscere come un interlocutore credibile per i giovani attivisti per il clima. È un lavoro complesso, perché agli attivisti per il clima sono apartitici e diffidenti (con molte buone ragioni), dialogano con le istituzioni ma non hanno interesse a legarsi a un partito, tanto meno a uno invisibile. «Molti di noi non sanno nemmeno che esistono, a me sembrano un partito di nicchia per un tema di nicchia», dice Giorgio Brizio, 19 anni, una delle voci più ascoltate dei Fridays in Italia. «Noi sogniamo in grande, loro sono visti come quelli che si vestono da hippie, abbracciano gli alberi, sono amici della foresta e felici se compri la borraccia».

È una visione impietosa, quasi crudele, ma è con questo tipo di immagine che i Verdi sono costretti a confrontarsi se vogliono riuscire a parlare a nome dei ventenni. La nuova dirigenza dei Verdi, oggi composta dai portavoce Elena Grandi e Matteo Badiali, non può tirare dentro i Fridays come entità, ma sta provando a farlo individualmente, un Friday alla volta. «È un lavoro capillare, palmo a palmo, persona dopo persona», dice Silvia Pettinicchio, la dirigente che sta guidando la transizione verso Europa Verde, il brand politico con il quale i Verdi si sono presentati alle europee 2019, dove hanno conseguito un insperato 2,3 per cento. «La storia recente ha portato alla fuoriuscita di quasi tutti gli iscritti. C'è chi, come Marco Boato, è rimasto per romanticismo, per passione. Gli altri sono andati via, dai 50 anni in giù un vuoto siderale nel partito». Il piano attuale è riempire quel vuoto attingendo all'energia e alla vitalità delle piazze. Non solo i Fridays for Future, ma anche gli ecologisti radicali di Extinction Rebellion, insieme ai quali i Verdi hanno sfilato e organizzato azioni simboliche negli ultimi mesi. «Siamo l'unico partito per il quale il futuro non è cosa succede alla fine della legislatura, ma tra venti, trenta, quarant'anni. Non possiamo parlarne senza coinvolgere quelli che ci saranno, in quel futuro». È così che nasce il proselitismo tra i Fridays, e il tentativo di metterli al centro di questo tentativo di rinascita.

L’energia delle piazze

Luca Boccoli, 22 anni, romano, è uno degli attivisti entrati di recente nei Verdi. Ha iniziato con le campagne di Greenpeace, ha organizzato il Black Lives Matter romano dopo l'omicidio di George Floyd, è stato tra i primi a partecipare ai Fridays for Future della capitale. «Ho scritto una lettera a Greta Thunberg quando non era ancora famosa, nell'agosto del 2018», racconta. Ha fondato GeV, la giovanile di Europa Verde. Quello che per tanti è un problema, cioè il disastro che ha azzerato trent'anni di storia politica, per Boccoli è un patrimonio: «I Verdi oggi sono terreno vergine, non ci sono lotte intestine perché non hanno più niente da spartirsi o da offrire». È come se avesse trovato la possibilità di fondare un partito nuovo dentro la cornice e la struttura di uno che c'era già. La suo co-portavoce, Beatrice Rosica, 26 anni, completa il ragionamento: «Tra i giovani di Europa Verde siamo quasi tutti attivisti con una storia nei movimenti, vogliamo essere un ponte tra le piazze ecologiste e i partiti. I movimenti smuovono ma è la politica che cambia le cose». Antonio Fiore, 20 anni, è tra quelli che pensavano che i Verdi non esistessero più. Ha iniziato il suo impegno alle superiori, con i movimenti contro la «Buona scuola», poi è stato tra i creatori di Fridays for Future a Torino. «All'inizio eravamo in pochi, poi sono arrivati tanti ragazzi alla prima esperienza politica, mai visti in piazza, è stata una delle forze di quel movimento». A uno sciopero ha incontrato un responsabile dei Verdi, ci ha parlato, si è fatto coinvolgere. «Ho scoperto che non erano spariti, erano solo molto vecchi», dice, forse nemmeno rendendosi conto di quanto sia sferzante il giudizio. La sua visione, da portavoce dei Verdi in provincia di Torino, però è chiara: «Qui ci sono tante associazioni che si occupano di ambiente: ciclisti, monopattinisti, quelli che si battono per la qualità dell'aria, e poi ovviamente i Fridays. Sono tutti senza rappresentanza politica, noi possiamo offrirla». Ximena Malaga Palacio ha qualche anno in più, 27, è nata a Lima, è arrivata in Italia a pochi mesi. È portavoce dei Verdi a Parma e parla con la preparazione di qualcuno che potrebbe candidarsi a sindaco già nel giro di pochi anni. «Per dimensione, posizione, attitudine, Parma potrebbe essere una capitale verde, un modello di adattamento climatico». Segue un dettagliato elenco di proposte. È stata lei a creare i Fridays in città, era quella col megafono in Piazza Garibaldi.

Manovre di avvicinamento

La sua transizione nei Verdi ricorda quella dei suoi giovani compagni di partito: è stata avvicinata, ha ascoltato, le è piaciuto, si è iscritta. Palacio è anche rimasta «folgorata» dagli scritti di Alexander Langer, uno dei fondatori dei Verdi, del quale ricorrono i venticinque anni dalla morte. «Langer lo scriveva trent'anni fa e vale ancora oggi: l'ecologia è un sistema culturale omni-comprensivo, non riguarda solo l'ambiente, ogni singolo tema della politica ha una lettura ecologista». La ricetta della «Next Generation Green» italiana è questa: ecologia e non ambiente, chiudere la stagione dei Verdi come partito monotematico, parlare di giustizia climatica, lavoro, diritti. L'ingresso di Ximena nel partito ha comportato la sua uscita dal gruppo dei Fridays. Si parlano, condividono la piazza, hanno le stesse idee, ma il movimento tiene netta la linea: noi di qua, i partiti, qualsiasi partito, di là. È un'impostazione contro cui si è trovata a confrontarsi, non senza frustrazione, Elena Grandi, la co-portavoce nazionale, che per i Verdi è un ruolo da segretario. Tutte le cariche hanno il «co-» davanti perché i Verdi perseguono un'idea molto ferma di parità di genere. Grandi ha 60 anni, è stata lei ad mettere il ricambio generazionale alla base del piano di sopravvivenza. Alcuni reclutamenti sono andati a buon fine, altri sono stati un fallimento. «Sono relazioni che si costruiscono col tempo, non vogliamo inglobare nessuno, ma creare una rete. Quando parlo con i Fridays, gli chiedo: qual è il tuo partito di riferimento? Molti mi dicono: nessuno, voi fate parte del sistema dei partiti e noi lo rifiutiamo. Ma i sindaci francesi hanno vinto anche perché l'associazionismo ambientalista ha preso posizione. O i Fridays fanno un partito o ne trovano uno di riferimento, non c'è alternativa». La porta dei Verdi è aperta: a marzo, con l'incognita pandemia, è prevista l'assemblea per la transizione a Europa Verde, poi ci saranno le amministrative. «Il nostro slogan sarà "un sindaco verde per Milano" e "per Roma". Se i candidati saranno Sala e Calenda, noi saremo dall'altra parte. E vogliamo lanciare nella politica vera i ragazzi che abbiamo fatto entrare nel partito, nelle liste per i municipi, che sono scuole di politica, dove farsi le ossa, imparare il mestiere».

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