C'è una parola che aleggia sulla California, insieme all'aria ambrata che avvolge San Francisco e che sembra inventata dal direttore della fotografia di Blade Runner 2049: “megafire”, mega-incendi, la nuova categoria di roghi forestali vasti, distruttivi e dall'andamento imprevedibile.

Questi super incendi superano i 40mila ettari di estensione e mettono in discussione tutto quello che si conosce su come si vanno contrastati, prevenuti e spenti. «Viviamo già nell'epoca nell'epoca dei megafire», ha dichiarato al San Francisco Chronicle Jake Hess, capo dei pompieri di Santa Clara, una nuova minaccia sistemica che richiede un adattamento simile a quello che c'è stato negli ultimi decenni per il rischio sismico.

È il nuovo orizzonte, un pianeta più caldo è anche un pianeta più infiammabile. In questo momento ci sono 85 grandi incendi attivi in tutto l'Ovest degli Stati Uniti, nello stato di Washington sono andati in fiamme più ettari in un solo giorno di quanti ne brucino in un anno intero. Sono disastri ciclici, che si ripetono ogni anno ampliando il raggio d'azione e i relativi danni.

La stagione degli incendi inizia sempre prima e finisce sempre più tardi: negli ultimi anni si è allungata di 75 giorni. Il problema quindi non è soltanto l'attuale emergenza, ma anche il fatto che le foreste continueranno a bruciare fino a novembre inoltrato, ben dopo le elezioni presidenziali. Nel 2019 (una stagione relativamente blanda rispetto alle due precedenti e a quella attuale) l'incendio peggiore, nella Sonoma County, si è verificato a ottobre.

(AP Photo/Noah Berger)

Il monito all’Italia

Secondo il California Department of Forestry and Fire Protection nel 2020 sono andati in fiamme già 900mila ettari nel corso di oltre 7mila incendi diversi. Secondo una ricerca pubblicata lo scorso anno su Earth's Future, l'aumento degli incendi nel nord della California dal 1972 a oggi è stato di 500 volte, e quasi tutto dipende da quell'innalzamento della temperatura di 1,8 gradi nello stesso periodo.

La situazione illustra come le conseguenze del cambiamento climatico si combinano tra loro all'interno di territori molto forestali ed è un monito anche per l'Italia, che ha una situazione climatica paragonabile alla California e copertura boschiva non molto diversa: il 32 per cento nello stato americano (ci sono anche vasti deserti), il 39 per cento da noi.

È soprattutto confrontabile la combinazione di cause: le temperature medie sono più alte, le estati sono più aride e senza precipitazioni, la stagione delle piogge è più breve, il vento è più caldo, secco e imprevedibile, la neve si scioglie prima, i boschi vanno in stress da umidità e diventano altamente infiammabili. Non è solo aumentato il volume degli incendi, è soprattutto cambiato il loro comportamento, la rapidità con la quale si muovono.

Nel contesto va considerata anche la gestione delle foreste, anch'essa carente sia in Italia che in California. Le superfici forestali non gestite diventano più dense, più fitte, più buie e pericolose in caso di incendio, è un problema anche nei tanti boschi spontanei in Italia, dove la loro estensione è raddoppiata nell'ultimo secolo e il lavoro dei vigili del fuoco è reso molto più difficile proprio dalla loro densità e della mancanza di vie forestali.

In una conversazione con il sito Pro Publica, Tim Ingalsbee, vigile del fuoco e fondatore della associazione di pompieri Firefighters United for Safety, Ethics, and Ecology, ha ricordato quanto un approccio ideologico agli incendi possa amplificarne i danni: c'è «fuoco buono» e «fuoco cattivo» e la riduzione dei roghi controllati (da 30mila ettari nel 1982 agli attuali 13mila) ha contribuito a creare le condizioni per i mega incendi attuali.

Il fuoco buono fa parte della storia ciclica del paesaggio, contribuisce alla rigenerazione naturale delle foreste e serve a creare dei vicoli ciechi per gli incendi, a sottrarre materiale infiammabile ai roghi più grandi.

In California in questo momento c'è una battaglia filosofica e culturale, tra l'idea dominante di «combattere il fuoco» - con la militarizzazione dei vigili del fuoco - e quella di «convivere col fuoco», perché niente nell'attuale situazione climatica tenderà a migliorare nei prossimi anni. Il precedente governatore della California, Jerry Brown, aveva usato un'espressione che sta diventando sinistramente comune nella nostre vite: «new normal», non bisogna ragionare più in termini di emergenza ma di nuova normalità.

La percezione del rischio

Nell'attuale disastro sono ovviamente da considerare anche i comportamenti e le imprudenze delle persone, visto che il 90 per cento degli inneschi non sono naturali, ma dovuti a cause umane, dolose o colpose.

L'incendio di El Dorado, che nel sud della California ha costretto più di 20mila persone all'evacuazione, è stato causato da un «gender reveal party», una di quelle festicciole che i genitori organizzano per svelare il sesso del nascituro e che spesso prevedono l'uso di piccoli fuochi pirotecnici. È anche il segno che la percezione dei cittadini non si è adattata al nuovo scenario, nonostante la maggior parte dei roghi si svolgano a ridosso delle cosiddette "interfacce urbane”, gli spazi dove finiscono i centri abitati e comincia la foresta.

Secondo la Wildfire Risk Analysis degli specialisti in mitigazione del rischio Verisk, negli Stati Uniti ci sono 4,5 milioni di abitazioni ad altissimo rischio di incendio queste interfacce urbane, e poco meno della metà di queste si trovano in California.

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