«Scetticismo strategico». È così che gli esperti di disinformazione hanno iniziato a chiamare la nuova metamorfosi del negazionismo climatico. Togliere spazio alla fiducia che il riscaldamento globale sia un problema affrontabile, ritardare le risposte e ostruire qualunque tipo di riforma politica, economica o industriale: è stato questo il campo da gioco della disinformazione sui cambiamenti climatici e l’energia, secondo uno degli studi più vasti mai condotti negli ultimi anni, portato avanti dall’Ipie, International Panel on the Information Environment, analizzando tutta la letteratura scientifica prodotta sull’argomento.

Come ha spiegato Klaus Bruhn Jensen, presidente dell’Ipie, «la maggior parte delle informazioni stanno diventando torbide, non c’è più una chiara negazione del cambiamento climatico, gli strumenti stanno diventando più sofisticati, i dubbi più sfumati: è davvero colpa degli emettitori? Le soluzioni proposte funzioneranno davvero?».

È quello che tecnicamente viene definito «il dividendo dei bugiardi». il cui scopo non è tanto che le persone credano alle loro falsità, ma che l’interlocutore non creda più a niente, che diventi sempre più difficile avere una distinzione condivisa tra ciò che è vero e ciò che è falso.

Il nuovo obiettivo 

Secondo la ricerca, è anche cambiato l’obiettivo generale della disinformazione climatica: il focus non è più sull’opinione pubblica generale, ma sui decisori politici, i leader, gli amministratori, chiunque abbia il potere di cambiare le policy e di avere un impatto reale sulla transizione. È a loro che parlano le catene del valore del negazionismo, che agiscono sempre di più «fuori dai radar».

Se la disinformazione climatica 1.0 era rappresentabile come un esperto / non esperto che sui social o in televisione provava a manipolare il consenso scientifico sul riscaldamento globale, quella di nuova generazione si esprime attraverso campagne di pubbliche relazioni molto più mirate, attraverso l’azione di think tank, centri studi, lobby, relazioni interpersonali all’interno delle istituzioni, che fanno da ponte tra gli interessi che ci sono dietro il negazionismo (tipicamente aziende fossili) e la politica.

L’esempio più famoso di questa filiera è ovviamente il Project 2025, il piano da 900 pagine per l’amministrazione Trump stilato dalla Heritage Foundation prima delle elezioni di novembre, che conteneva già nel dettaglio sia le politiche che le letture che il futuro presidente avrebbe reso mainstream sul clima.

Come ha scritto l’esperta brasiliana Thais Lazzeri commentando questa ricerca, «la disinformazione climatica è diventata una commodity, un prodotto commerciato in ecosistema di libero mercato – qualcuno vende, qualcuno compra, qualcuno fa da intermediario, in grado di dare forma a decisioni globali».

Contro la Cop30

Uno degli obiettivi del nuovo «scetticismo strategico» è il multilateralismo politico, l’idea che il dialogo e la cooperazione tra i paesi possano essere la via principale per affrontare il cambiamento climatico. Il dividendo del bugiardo, in questo caso, è rendere impossibile capire se e come le Cop siano ancora utili, efficaci, in grado di portare risultati, minare la fiducia nel processo.

L’obiettivo finale di questo settore della disinformazione è la Cop30 in Brasile, il primo indizio di come lo scetticismo strategico della disinformazione stia puntando dritto lì è stato il caso dell’«autostrada che distrugge l’Amazzonia», una storia che ha avuto risonanza globale. Si tratta delle costruzione di un tratto di strada di 13 chilometri tra Belém e Ananindeua, della quale si è enormemente discusso nei mesi passati.

Parà, lo stato dove si terrà la Cop30, è uno di quelli brasiliani con il maggior problema di deforestazione, dal 2016 al primo posto delle classifiche in Brasile per porzioni di vegetazione perse per sempre. Il problema è che l’infrastruttura è stata progettata nel 2012, molto prima che arrivasse anche solo il pensiero della Cop, e che la porzione di foresta tagliata per costruirla è una goccia nei 1260 km quadrati persi nello stato nel 2024. L’obiettivo ovviamente non era la cura di quel tratto di Amazzonia messo in pericolo dall’Avenida da Libertade ma usarlo per minare la fiducia nel senso stesso delle Cop. È il format di una storia che potremmo vedere spesso nei prossimi mesi.

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