Una nevicata in pianura come quella di questi giorni con tutto lo scalpore che ha provocato sui social, trenta o quaranta anni fa sarebbe stata considerata del tutto normale, avrebbe fatto parte di quello che è l’inverno nelle città italiane del nord», spiega Giulio Betti, climatologo del Cnr. È inverno, fa freddo e a Milano, Torino, Bergamo ha nevicato, si sono accumulati tra i dieci e i venti centimetri di neve e le nostre timeline si sono riempite di foto a tema.

La misura del cambiamento climatico non è solo nei dati o negli impatti su suolo, agricoltura, precipitazioni e oceani, ma anche nel nostro stupore quando si verifica un evento che un tempo era normale e oggi non più, almeno non più come una volta. Se anche avessero avuto Facebook o Instagram, i nostri genitori e i nostri nonni non avrebbero perso tempo a fotografare strade e parchi urbani coperti di neve: non ci avrebbero trovato niente da segnalare o da condividere.

Quando c’era la neve

Le serie storiche ci dicono che dal 1921 al 1960 a Torino c’erano fino a cinquanta giorni di neve al suolo ogni anno, che nelle città di pianura in Lombardia ce ne potevano essere fino a venticinque per inverno, che Milano poteva aspettarsi ogni anno in media tra le cinque e le dieci nevicate come quella di ieri, fino a 50 centimetri: era la città gelida di Miracolo a Milano di Vittorio De Sica (1951).

Oggi un inverno freddo e una nevicata intensa sono invece diventate un’eccezione, ne è la prova la complessa combinazione di fattori meteo che si sono dovuti verificare per portare alla perturbazione e alla nevicata.

La discesa di aria fredda dall’Artico è stata causata da un indebolimento anomalo delle correnti polari, dall’anticiclone termico siberiano, cioè un anomalo e intenso raffreddamento in quella parte del mondo, e dalla Niña, il raffreddamento ciclico delle acque oceaniche, particolarmente forte in questo momento. «Sono tutte condizioni di per sé eccezionali che come risultato potrebbero contribuire a darci un sussulto di normalità, cioè un inverno freddo in vecchio stile», spiega Betti, «ma questo non significa che il mondo in sé si stia raffreddando. L’inverno scorso, per esempio, è stato molto mite». L’inverno boreale scorso ha avuto poco da fotografare, è stato meno fotogenico ma in compenso è stato climaticamente eccezionale, di gran lunga il più caldo mai registrato in Europa, con 3,4° C in più delle medie storiche tra il 1981 e il 2010, secondo i dati del Copernicus Climate Change Service dell’Unione europea.

Le temperature stagionali possono oscillare parecchio di anno in anno, dipendono da troppi fattori per essere isolate e ricondotte a una sola lettura.

Un fatto certo, però, è che la neve sta diminuendo dappertutto in Italia e nel mondo ed è oggi uno degli indicatori meno raccontati per capire l’impatto dei cambiamenti climatici sulla Terra. Claudia Notarnicola, fisica, è vicedirettrice dell’Eurac Research, l’Istituto per l’osservazione della Terra con sede Bolzano. Quest’anno ha curato e pubblicato una ricerca sull’andamento globale delle neve negli ultimi vent’anni che ha avuto molta eco internazionale.

Lo studio Eurac è stato condotto usando dati satellitari e immagini ad alta definizione della Nasa, incrociati con una lunga serie di indicatori geografici e meteorologici. Il risultato è che le coperture nevose sono calate nel 78 per cento delle aree osservate nel mondo: praticamente nevica meno ovunque. La situazione più difficile è nelle aree in altitudine del Sudamerica, dove la maggioranza dei parametri è saltata al punto da rendere irriconoscibile il clima d'inverno, ma si avverte chiaramente anche in Italia, più sulle Alpi orientali che su quelle occidentali. «Il fenomeno che osserviamo sulle montagne italiane è doppio. Da un lato nevica di meno, dall’altro diminuiscono anche i giorni di copertura nevosa, con la fusione primaverile che arriva sempre più in anticipo», spiega Notarnicola.

38 giorni in meno

L’inverno alpino comincia in ritardo, finisce prima, è meno nevoso e le precipitazioni sono più spesso sotto forma di pioggia. Dal 1960 al 2017 la stagione della neve sulle Alpi si è accorciata di 38 giorni, comincia in media 12 giorni dopo e finisce 26 giorni prima del solito.

In compenso le singole nevicate possono essere anche più intense che in passato, per via dell’umidità accumulata nell’atmosfera, lo stesso principio che rende i temporali autunnali più violenti.

«L’impatto più forte di questa evoluzione della neve è sull’ecologia e sulla natura. La vegetazione e di conseguenza gli animali seguono il ritmo delle neve, se ce n’è di meno e si fonde prima cambiano tutti gli equilibri». Le altre conseguenze sono umane: meno neve significa anche meno acqua a disposizione per bere, irrigare, alimentare le centrali idroelettriche, è una delle cause della riduzione della portata dei corpi idrici italiani prevista dall’ultimo rapporto del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici.

Per non parlare dell’industria turistica: anche rimanendo nell’aumento di 2°C, limite massimo previsto dagli accordi di Parigi, un terzo delle aree sciistiche sulle Alpi orientali non potrebbe più garantire una stagione sciistica completa, secondo i dati di una ricerca dell’Università di Innsbruck del 2018.

«L’impatto sui ghiacciai di un mondo più caldo è più evidente e discusso», spiega Notarnicola, «Basta mettere a confronto due foto di due epoche diverse. Sulla neve vedo meno consapevolezza all’interno del dibattito pubblico, perché è un fenomeno stagionale e per interpretarlo bisogna saper leggere i dati».

Torniamo alle percezioni: nevica meno e in città è ormai un evento così insolito che merita di essere fotografato.

Vale su tutta la penisola, in pianura come in montagna perché - come spiega Giulio Betti - «tutti i meccanismi climatici che portavano abbondanti nevicate sull’Italia si sono in qualche modo inceppati. Quello classico prevedeva l’aria fredda che arrivava dai Balcani, ghiacciava sul nord Italia e così alla prima perturbazione atlantica veniva giù la neve». E oggi? «Oggi non funziona più così perché nei Balcani e nell’Europa centrale fa meno freddo di un tempo. Gli ingressi di aria fredda da est portavano più neve anche sul Pollino e sulla Sila in Calabria, sulle Madonie e i Nebrodi in Sicilia. È servita una perturbazione artica piena di anomalie per far nevicare a Milano e Torino, e non dimentichiamo che nello stesso giorno c'erano temperature sopra i dieci gradi a Bologna e sopra i quindici in Salento e in Sicilia».

L’inverno da poco iniziato potrebbe essere piuttosto freddo, ma non facciamoci ingannare, il mondo sta diventando più caldo e le anomalie della neve sono qui a raccontarcelo.

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