Con l'ecologia integrale, l'enciclica Laudato si' e l'impegno per il clima, Francesco ha permesso alla chiesa cattolica di trovarsi in una posizione insolita per la sua storia, quella di avanguardia invece che retroguardia, contemporanea al suo tempo.

Già la scelta di assumere Francesco come nome era un programma politico, omaggio al santo patrono degli animali e degli ambientalisti. Come spiega Jacopo Bencini di Italian Climate Network, l'impatto di Francesco nella diplomazia climatica è stato enorme.

L'anno chiave è stato il 2015, due anni dopo la sua elezione a pontefice. «Quell'anno succedono tre eventi che cambiano la storia dell'ecologia: l'accordo di Parigi, l'adozione dell'agenda Onu 2030 e l'enciclica Laudato si', che li anticipa entrambi. Il mondo dei cattolici mobilitato da Francesco se fosse un paese sarebbe il terzo più grande al mondo, dopo la Cina e l'India. Le attese di impatto sono state superiori alla realtà, perché la pandemia e le guerre hanno fatto perdere la spinta dei movimenti Laudato si'».

Forse è ardito pensare che non avremmo avuto l'accordo di Parigi a dicembre senza l'enciclica a maggio, ma Francesco ha avuto il merito di allineare il Vaticano con il presente dell'umanità. È stata una rivoluzione culturale e politica, ha dato all'ambientalismo parole, concetti e chiavi interpretative per prepararsi al futuro.

Nell'enciclica Bergoglio sottolinea che la sua è stata un'accelerazione, non una sconfessione dei suoi predecessori: Paolo IV scrisse dei contraccolpi della civiltà industriale come catastrofe ecologica, Giovanni Paolo II invitò a una conversione ecologica globale, Benedetto XVI nella Caritas in veritate scrive che «il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana». Il salto di Francesco è stato restituire all'ecologia vista dalla chiesa non solo una dimensione teologica e morale, ma anche politica.

Grata Thunberg

Non usa la formula «giustizia climatica» che sarà alla base di Fridays for Future, ma di fatto la costruisce: «Non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri».

Nel testo, la parola giustizia ricorre ventinove volte. «Quando si propone una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse, ciò comporta anche gravi conseguenze per la società». Mancano ancora quattro anni al primo sciopero globale di Fridays for Future, ma la strada è quella. È il paradosso dell'ecologia anni ‘10: ha avuto due punti di riferimento, un'adolescente svedese e un papa argentino.

Greta Thunberg e Bergoglio si sono incontrati nel 2019, in Vaticano. Lei era a Roma per uno sciopero globale, viaggiava ancora accompagnata dai genitori, e aveva mostrato a Francesco un cartello con la scritta Join the climate strike, con sotto la scritta Celebrate Laudato si'.

Poi Thunberg si era fatta intervistare da Avvenire: «Francesco è il primo leader mondiale ad affrontare l’acuta crisi del clima. Siamo naturalmente dalla stessa parte visto che condividiamo un obiettivo comune per proteggere il pianeta e il mondo naturale».

Giacomo Zattini

Il pontiere italiano tra il movimento e il papa è Giacomo Zattini, attivista Fridays di Forlì. Francesco lo ha ricevuto nel 2021, poche settimane prima di Cop26. Zattini gli ha presentato una lettera agli adulti. Quando è uscito, il papa gli ha detto: «Fate chiasso e riportate l'umanità con la schiena dritta» che è una buona sintesi del sostegno che ha dato ai movimenti del nord ma anche del sud globale.

Oggi Zattini ricorda: «Come attivista per il clima, incontrare il primo pontefice ambientalista è stata un'emozione difficilmente descrivibile». Dalla sua prospettiva di movimento, l'impatto di Francesco è stato «aver messo in discussione il rapporto dell'uomo con la natura. Per me è stato guarire una piccola ferita personale. Nel contesto dell'associazionismo cattolico, il rapporto con la natura e il creato era spesso stato visto come mero uso e consumo. E questo valeva sia per le risorse naturali che per gli animali. Soffrivo molto questa contraddizione nel mondo cattolico: sì amore per la natura, ma ancora troppo fondato su fini utilitaristici. Papa Francesco ribalta questo paradigma senza timidezza: il "creato" deve essere tutelato, non sfruttato, perché dalla sua tutela deriva la tutela della dignità umana. È stato un cerchio che si chiude».

Laudate Deum

Al giro di boa dei dieci anni di pontificato, Francesco sente che il tempo sta venendo meno, per sé e per il clima. Nel 2023 prova in ogni modo a partecipare alla Cop28 di Dubai, quella dei combustibili fossili nel petrostato emiratino.

Si arrende alla salute già precaria, ma a due mesi dalla Cop pubblica l'esortazione apostolica Laudate Deum, un testo più diretto e duro dell'enciclica di otto anni prima. Prende di mira gli interessi economici e i negazionisti della crisi climatica. Forse è qui il paradosso più grande della sua esperienza come guida ambientalista dei cattolici: sul clima il papa ha fondato la sua missione nella scienza, nei dati, nei grafici, nei modelli e nelle proiezioni.

Proprio mentre l'umanità si allontanava dalla conoscenza scientifica come fondamento della sua azione, abbiamo avuto un pontefice che quasi implorava: vi prego, tornate lì. «Per quanto si cerchi di negarli, nasconderli, dissimularli o relativizzarli, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti (...) Sappiamo quindi che ogni volta che la temperatura globale aumenta di 0,5 gradi, aumentano anche l’intensità e la frequenza di forti piogge e inondazioni in alcune aree, di gravi siccità in altre, di caldo estremo in alcune regioni e di forti nevicate in altre ancora. (...) Negli ultimi anni non sono mancate le persone che hanno cercato di minimizzare questa osservazione. Citano dati presumibilmente scientifici, come il fatto che il pianeta ha sempre avuto e avrà sempre periodi di raffreddamento e riscaldamento. Trascurano di menzionare un altro dato rilevante: quello a cui stiamo assistendo ora è un’insolita accelerazione del riscaldamento, con una velocità tale che basta una sola generazione – non secoli o millenni – per accorgersene. L’innalzamento del livello del mare e lo scioglimento dei ghiacciai possono essere facilmente percepiti da una persona nell’arco della sua vita, e probabilmente tra pochi anni molte popolazioni dovranno spostare le loro case a causa di questi eventi».

No, non è l'Ipcc, è il testo di un papa, ed è stato un merito di Francesco aver normalizzato non solo il legame tra ecologia e fede ma anche tra chiesa e scienza.

L'anno si chiuderà con la Cop30 nella foresta amazzonica, la stessa a cui Francesco aveva dedicato un sinodo nel 2019. Sarà passato un decennio dal 2015 dell'alleanza tra scienza, Onu e chiesa, con l’accordo di Parigi e l’enciclica.

Durante un'udienza con i membri delle pontificie accademie delle scienze e delle scienze sociali, nel 2019 Francesco aveva sintetizzato così il suo mandato ecologista: «Il dilemma è capire se stiamo lavorando per una cultura della vita o una cultura della morte». Era il senso anche di una delle frasi più belle della Laudato si': «Niente di questo mondo ci risulta indifferente».

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