I nuovi dati sulle foreste tropicali contengono una buona, una cattiva e una pessima notizia. Potremmo spacchettare così il rapporto Global Forest Review sull’andamento nel 2024 della protezione degli ecosistemi più delicati al mondo.

La buona notizia è che le foreste del sud-est asiatico stanno meglio, e stanno meglio essenzialmente perché le politiche di protezione stanno funzionando. I ricercatori di Global Forest Watch (il sistema di monitoraggio del World Resources Institute che produce questi dati) hanno presentato il caso dell’Indonesia come storia di successo nel 2024.

L’Indonesia è uno dei grandi paesi forestali del mondo, l’ottavo globalmente e il secondo in Asia. Qui la deforestazione è calata dell’11 per cento rispetto al 2023, nonostante l’annata di siccità che ha colpito il paese, merito del lavoro congiunto di governo, comunità locali e organizzazioni internazionali per implementare le leggi nazionali degli ultimi anni. Il modello indonesiano è un misto di bastone e carota, azioni di polizia e collaborazione con i territori, nuovi sistemi di monitoraggio, collaborazioni internazionali (come quella con la Norvegia) e ampliamento della gestione forestale sostenibile.

Non hanno insomma azzerato l’economia forestale e l’estrazione di valore dalle foreste (per un paese del genere sarebbe impossibile) ma stanno provando a farlo in modo razionale e sostenibile. Nel lungo termine (sono partiti dal 2015) il sistema sta pagando.

Situazione sudamericana

La situazione invece è tornata a essere critica in Sud America, e l’effetto è che su scala globale il 2024 è stato l’anno con maggior perdita di foresta primaria degli ultimi venti, e questa è la brutta notizia, e per la prima volta nella storia di questi dati la causa principale non è stata l’espansione dell’attività umana ma gli incendi, e questa è la pessima notizia. In gergo si chiama feedback climatico: la crisi climatica causa o amplifica gli incendi, gli incendi fanno perdere copertura forestale, la perdita di copertura forestale peggiora la crisi climatica.

Questo effetto è diventato nel 2024 quello dominante. Inoltre, lo studio sottolinea come sia di per sé impossibile separare l’espansione delle attività umane dagli incendi (perché molti sono appiccati proprio per conquistare nuovi terreni agricoli), ma le condizioni da riscaldamento globale (aridità, siccità, temperature elevate) rendono più aggressivi e incontrollabili anche gli incendi dolosi, che quindi hanno effetti ed estensioni più ampie di quelle concepite dai piromani.

Nel 2024 sono andati persi 67mila chilometri quadrati di foreste primarie. Come due Lombardie e mezzo. I paesi dove la situazione è stata più preoccupante sono stati il Brasile e la Bolivia: sono gli scricchiolii più evidenti dell’ecosistema amazzonico, che sembra sempre più indirizzato nella direzione della sua savanizzazione, cioè il punto di non ritorno del cambio di stato e di paesaggio (e di ruolo nella mitigazione della crisi climatica).

Uno strumento nuovo

La prossima Cop30 si svolgerà proprio all’interno di questo ecosistema e in vista di questo evento il Brasile sta lavorando a un nuovo strumento che sembra promettente e innovativo, che potrebbe risolvere i problemi del sistema attuale (quello dei crediti di carbonio) e che è stato ben giudicato anche da Greenpeace. Si chiama Tropical Forest Forever Facility (Tfff), ci stanno lavorando 12 paesi e potrebbe mobilitare 125 miliardi di dollari. Sarà lanciato proprio a Belém a novembre.

Il Tfff funzionerà così: col sistema attuale una foresta è considerata più preziosa se sta per essere distrutta, perché i meccanismi di protezione delle foreste pagano per l’evitamento della deforestazione, basandosi su calcoli relativi alla quantità di carbonio che non sarà rilasciata nell’atmosfera grazie agli alberi rimasti in piedi.

Il problema di questa logica è che un paese che raggiungesse la deforestazione zero non riceverebbe più supporto finanziario, poiché non starebbe più riducendo le proprie emissioni.

Il Tfff punta a colmare questa lacuna continuando a pagare i paesi per mantenere le foreste intatte, eliminando allo stesso tempo intermediari opachi. I paesi che mantengono le foreste esistenti o riducono la deforestazione riceveranno pagamenti annuali per ettaro preservato, mentre verranno applicate sottrazioni penalizzanti per ogni ettaro deforestato. È un meccanismo semplice, che parte dall’albero e non dal carbonio, è meno astratto dei crediti e più diretto. Una direzione promettente.

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