Due sono i pilastri della strategia brasiliana: un’intesa fortissima con la Cina, che sembra intenzionata sempre di più a riempire il vuoto diplomatico e politico lasciato dagli Stati Uniti. E la nomina, senza precedenti, di una rete di personalità a cui si affiderà il compito di far funzionare il negoziato sul clima
Areale è la nostra newsletter, a cura di Ferdinando Cotugno, che ogni sabato racconta la crisi climatica, la transizione ecologica e il nostro complicato rapporto con la biodiversità: iscriviti qui. Areale è anche un podcast in uscita tutte le settimane il martedì
La Cop30 di Belém nasce sotto auspici non favorevoli, ma il Brasile sta iniziando a mostrare le carte del suo piano per rendere rilevante e utile il vertice sui cambiamenti climatici di novembre in Amazzonia. La tela, a sei mesi dall’evento, ha due pilastri: il primo era noto, un’intesa fortissima con la Cina, che sembra intenzionata sempre di più a riempire il vuoto diplomatico e politico lasciato dagli Stati Uniti in uscita dall’accordo di Parigi.
Il secondo è la nomina di una rete di personalità a cui il Brasile affiderà il compito di far funzionare il negoziato sul clima. Con una mossa che non ha precedenti, la Cop30 ha nominato trenta inviati speciali per il clima, pescati da vecchie glorie della diplomazia climatica, figure politiche internazionali, sportivi e attivisti, una squadra che qualcuno ha già definito «Avenger climatici», e che sembra rispondere alle richieste arrivate dopo il fallimento di Cop29 a Baku: il meccanismo politico va innovato.
Ed ecco arrivata la prima innovazione brasiliana, i trenta inviati, scelti per rappresentare ciascuno un settore o una regione, che lavoreranno per conto della presidenza, usando i loro contatti o la loro influenza per convincere i 190 paesi a raggiungere un accordo. Per metà sono diplomatici, per metà sono influencer, ufficiali di collegamento tra mondo e palazzo.
I nomi
Nella lista dei nomi spiccano l’ex prima ministra della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, che rappresenterà l’Oceania, ma anche Laurence Tubiana, ceo della European Climate Foundation, che proverà a smuovere un’Europa sempre più divisa e inerte. Per il Nord America ci sarà Jonathan Pershing, che era stato vice di John Kerry, nonché uno degli artefici del dialogo climatico tra Stati Uniti e Cina. In onore di quell’epoca, Lula ha anche arruolato Xie Zhenhua, l’ex inviato di Xi Jinping per il clima, in carica fino al 2023. Tra i nomi di peso c’è anche quello della messicana Patricia Espinosa, ex leader di Unfccc. Tutti nomi di prestigio, ai quali Lula e il presidente della Cop30 André Corrêa do Lago affideranno il delicato compito di cercare punti di intesa in un mondo che sembra averne persi.
A questa lista di politici, divisi per aree geografiche di riferimento. se ne affiancherà un’altra: personaggi pubblici che rappresentano i diversi settori della lotta ai cambiamenti climatici. Questo secondo elenco pesca invece dalla società civile brasiliana, si va dalla surfista (e attivista) Maya Gabeira per lo sport, alla first lady Janja Lula da Silva, che seguirà le questioni di genere, all’epidemiologa Ethel Maciel (salute), all’economista Marina Grossi (aziende) e all’attivista per i diritti indigeni Sineia Do Vale.
Tutte queste persone saranno, come ha spiegato la ceo di Cop30 Ana Toni «le nostre voci e le nostre orecchie nei settori strategici e nelle aree geografiche».
La Cina
Intanto Lula è appena stato in Cina, per una lunga visita di stato, la terza in tre anni. Nella lunga dichiarazione congiunta tra i due paesi si è parlato molto di collaborazione, multilateralismo e Cop30. Il testo concordato tra i due leader invia un messaggio opposto a quello che viene mandato in questi mesi da Trump: per Lula e Xi Jinping c’è ancora margine per la collaborazione e la lotta ai cambiamenti climatici può essere uno degli spazi di quella collaborazione.
La Cina manderà una delegazione di alto livello al vertice, presenterà il suo impegno climatico previsto dall’accordo di Parigi (Ndc) entro il summit (che comincia il 6 novembre). Un altro pezzo della tela era stato l’incontro dei rappresentanti politici di America Latina e Caraibi (Celac), sempre a Pechino, dove i leader hanno prodotto una dichiarazione nella quale enfatizzano la necessità di permettere a tutti i paesi di accedere a strumenti internazionali per combattere i cambiamenti climatici, «evitando la creazione di nuove barriere commerciali». Insomma, prove generali di un mondo multipolare senza gli Stati Uniti, che avrà nella Cop30 il suo principale campo di sperimentazione.
È questa la scommessa di Lula per il suo vertice di novembre: far funzionare il mondo anche senza Donald Trump, contando sull’asse Cina - America Latina e sulla sua rete di trenta influencer climatici.
© Riproduzione riservata