Ambiente

La rivoluzione verde è una bella idea, ma per l’Italia nasconde molti rischi

Lodevole ambizione quella di incentivare lo sviluppo dei settori green, ma dare incentivi non basta se i fondi pubblici non si traducono in imprese vitali e competitive a livello internazionale 

  • La Commissione europea  vuole dedicare all’ambiente circa il 30 per cento del bilancio europeo e del Next Generation EU, poco meno di 80 miliardi l’anno, più altri circa 25 di garanzie a prestiti della Banca Europea per gli Investimenti.
  • Una grossa fetta delle risorse necessarie dovrebbe venire dai privati tramite fondi infrastrutturali ed emissioni di green bond (80 miliardi già emessi nel 2020). È chiaro però che gli investimenti nell’ambiente dovranno essere redditizi affinché il debito che li finanzia, pubblico o privato, sia sostenibile.
  • Perché questo accada, è indispensabile che gli investimenti abbiano un effetto moltiplicativo elevato. Non ci si deve quindi limitare a contare i posti di lavoro creati da questi investimenti, ma bisogna valutare la loro capacità di generare nuove realtà imprenditoriali e di far crescere quelle esistenti, anche per capitalizzare le tante capacità e iniziative che, oggi disperse, non riescono a raggiungere una massa critica.

Con il Green Deal e il Next Generation Eu, l’Europa punta sull’ambiente come motore di sviluppo. Persa la leadership tecnologica, appannaggio di Stati Uniti e Cina, la decisione di raggiungerla nell’ambiente, concentrando le risorse su questo obiettivo, è intelligente e lungimirante. Il benessere che genera l’ambiente in cui viviamo e la sua dimensione sociale sono noti e generalmente condivisi. Meno chiara la dimensione finanziaria. Il progetto di riconversione dell’economia europea richiede

Per continuare a leggere questo articolo