La scelta tra clima e sviluppo, l’India ha i soldi per farcela

L’India si trova in un momento critico: deve accelerare la crescita economica e allo stesso tempo rispettare gli impegni assunti in materia di clima. Le stime del fabbisogno di finanziamenti per il clima del paese variano da 160 a 288 miliardi di dollari all’anno fino al 2030, ma queste cifre dall’alto si basano su ipotesi di massima e spesso non riflettono le realtà specifiche del settore. In un recente studio, abbiamo adottato un approccio diverso, utilizzando una metodologia bottom-up per fornire una stima più accurata del fabbisogno di finanziamenti per il clima in India. Ci concentriamo su quattro dei settori a più alta emissione del paese: energia, acciaio, cemento e trasporti stradali. È importante notare che il nostro studio misura solo la spesa in conto capitale aggiuntiva necessaria per finanziare la mitigazione del clima, oltre agli investimenti già previsti in uno scenario business-as-usual. Itramontisenzafinedell’Occidente.Ilrischiodiconfonderel’impotenzaconlalibertà Fondi necessari Secondo le nostre stime, questi quattro settori richiederanno un totale di 467 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima entro il 2030, con una media di 54 miliardi di dollari all’anno, pari a circa l’1,3 per cento del Pil indiano. Questa cifra è significativamente inferiore alle centinaia di miliardi di dollari all’anno suggerite da studi precedenti. Sebbene gran parte del dibattito sul clima, sia a livello globale che in India, si sia concentrato sui costi della transizione energetica, il nostro studio dimostra che il fabbisogno indiano di finanziamenti per il clima è relativamente modesto. Tra il 2023 e il 2030, la spesa in conto capitale aggiuntiva necessaria nel settore energetico è stimata in 57 miliardi di dollari: 47 miliardi di dollari per il passaggio dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili e 10 miliardi di dollari per l’idroelettrico a pompaggio e lo stoccaggio a batteria. Le nostre proiezioni sono significativamente inferiori a quelle di molti altri studi, soprattutto perché il costo unitario della capacità rinnovabile è sceso al di sotto di quello degli impianti a carbone. Oggi la costruzione di una centrale solare costa circa la metà di un impianto a carbone, mentre la realizzazione di un parco eolico costa circa un terzo. La Cop30 è già in bilico, Lula punta tutto sul fondo per l’Amazzonia apprezzato dai Brics Le industrie indiane dell’acciaio e del cemento devono far fronte a requisiti di finanziamento climatici molto più elevati: rispettivamente 251 e 141 miliardi di dollari. Questa domanda è determinata da due fattori principali. In primo luogo, si prevede una rapida espansione di entrambi i settori: la produzione di acciaio dovrebbe aumentare di circa l’80 per cento, passando da 125 milioni di tonnellate nel 2022 a 225 milioni di tonnellate nel 2030, mentre la produzione di cemento dovrebbe passare da 370 milioni di tonnellate a 670 milioni di tonnellate nello stesso periodo. In secondo luogo, l’industria siderurgica indiana emette circa 2,4 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di acciaio, ben al di sopra della media globale di 1,85, a causa dei metodi di produzione ad alta intensità di carbonio. Il settore del cemento, invece, è meno intensivo dal punto di vista delle emissioni, con 0,44 tonnellate di CO₂ per tonnellata di cemento, a fronte di una media globale di 0,6. Di conseguenza, la spesa media annua in conto capitale dell’India per l’acciaio (0,7 per cento del Pil) e il cemento (0,5 per cento del Pil) è la più alta tra le dieci economie emergenti del G20. La decarbonizzazione di queste industrie è particolarmente impegnativa, poiché l’unica soluzione tecnologica disponibile – la cattura e lo stoccaggio del carbonio – rimane proibitiva. Per quanto riguarda il trasporto su strada, la stima è che l’India abbia bisogno di ulteriori finanziamenti per 18 miliardi di dollari: 10 miliardi per passare dai veicoli con motore a combustione interna a quelli elettrici e 8 miliardi per sviluppare le infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici. Indirizzando i finanziamenti per il clima verso questi quattro settori, l’India potrebbe ridurre l’uso del carbone di 291 milioni di tonnellate e il consumo di benzina e diesel di 72 miliardi di litri entro il 2030, abbassando le emissioni di CO₂ di 6,9 miliardi di tonnellate. L’asse tra Usa e India è rotto, così Modi si avvicina a Xi Si può fare? Ma questi finanziamenti per il clima da fonti esterne sono macroeconomicamente fattibili? Tenendo conto del deficit delle partite correnti, il totale degli afflussi netti di capitale e di finanza in India nello scenario business-as-usual dovrebbe raggiungere 530 miliardi di dollari entro il 2030, circa l’1,4 per cento del Pil all’anno. Con l’espansione della base monetaria indiana e una crescita annua del Pil prevista del 10,5 per cento, l’India potrebbe assorbire fino a 470 miliardi di dollari di afflussi di capitali e finanziari, al netto del deficit delle partite correnti, nello stesso periodo. Ciò suggerisce che, in condizioni di business-as-usual, la Reserve Bank of India dovrà gestire con molta attenzione i finanziamenti esterni per il clima. Per assorbire gli afflussi richiesti senza mettere a rischio la stabilità finanziaria, il governo potrebbe aumentare il deficit delle partite correnti a circa il 2,5 per cento del Pil. Il restante divario di finanziamento dovrebbe essere colmato a livello nazionale, in primo luogo aumentando il tasso di risparmio nazionale per evitare di escludere altri settori. I settori dell’acciaio, del cemento e del trasporto stradale sono in gran parte controllati da privati, ma una quota significativa del settore energetico rimane di proprietà pubblica. Di conseguenza, anche se il finanziamento della transizione energetica dell’India spetterà in gran parte al settore privato, il sostegno del governo sarà fondamentale. Fornendo sussidi, agevolazioni fiscali mirate e un quadro normativo chiaro, i politici potrebbero ridurre i rischi e incoraggiare gli investimenti privati nelle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici. A complicare ulteriormente le cose, la capacità fiscale dell’India è fortemente limitata. Con un debito pubblico pari all’82,6 per cento del Pil, il consolidamento fiscale è imperativo; la stabilità a lungo termine dipende da una crescita del Pil nominale significativamente superiore ai tassi di interesse. In questo contesto, mobilitare finanziamenti pubblici su larga scala per l’azione a favore del clima sarà particolarmente difficile. Tuttavia, il reperimento dei fondi non è l’ostacolo maggiore; la vera sfida consiste nel conciliare la transizione energetica con priorità concorrenti come lo sviluppo delle infrastrutture e l’espansione della capacità industriale. Ciò richiederà politiche coordinate e ben concepite che sostengano la crescita e al tempo stesso promuovano la decarbonizzazione. Rakesh Mohan, ex vice governatore della Reserve Bank of India, è presidente emerito e distinguished fellow del Centre for Social and Economic Progress. Janak Raj è senior fellow del Centre for Social and Economic Progress © Project Syndicate, 2025