L’avvicinamento di Beppe Sala ai Verdi è un barometro per misurare quanto il meteo politico sia cambiato. L’ambientalismo è diventato un capitale pregiato, un bene con tanta domanda e poca offerta. Il sindaco di Milano aveva bisogno di rilanciare la sua piattaforma in chiave ecologista per ripensare Milano post-Covid ed è significativo che l’interlocutore più credibile trovato sul mercato sia un partito che solo la settimana scorsa, dopo anni di assenza, è tornato ad avere una rappresentanza in parlamento.

Sala non è entrato nei Verdi, almeno non ancora. A Repubblica ha però annunciato l’adesione alla Carta dei valori di European Greens. «I Verdi in Italia sono i Verdi europei, dei quali sono fondatori», sottolinea Angelo Bonelli, coordinatore nazionale. La scelta è una mossa cauta ma chiara, punto intermedio di un dialogo in corso da mesi. Bonelli è stato uno dei tessitori, c’erano da ricucire gli strappi tra la sezione locale e il sindaco. Troppo sviluppista il Sala pre-pandemico, troppo radicali i Verdi, ma l’avvicinamento era troppo prezioso da entrambi i lati per non superare la lite su 35 alberi abbattuti a Città studi. Entro luglio si fa l’assemblea nazionale, che sancirà la nascita di Europa verde come casa dell’ambientalismo italiano. Sala parteciperà? «È quello a cui stiamo lavorando», dice Bonelli. «Un passo alla volta».

I problemi del Pd

La scelta di Sala dice due cose: cosa possono diventare i Verdi e cosa non è riuscito a essere il Partito democratico. Gli ultimi mesi hanno sancito il suo fallimento come punto di riferimento dell’ambientalismo. Il Pd oggi non ha nomi, idee o posizioni da spendere. Lo sapeva Draghi e lo sa anche Sala, per questo motivo la rifondazione ambientalista del progetto milanese passa dai Verdi. È una coincidenza singolare che Letta abbia sciolto la riserva nel giorno in cui si allontana dal partito il suo sindaco più importante, attirato altrove da valori che in teoria sarebbero fondativi del Pd. Che la mossa di Sala sia strategia o opportunismo, non cambia un fatto: a chi vuole sposare i temi dell’ambiente in politica, il Pd oggi ha poco da offrire.

La nascita del gruppo Facciamo eco alla Camera e la scelta di Sala cambiano gli equilibri del centrosinistra. Nel momento in cui il Pd ha fallito la sua transizione ecologica interna, diventa utile un alleato verde supplente di un’anima green mai sbocciata.

«Una forza ecologista, civica, solidale, moderna, pragmatica, in grado di dialogare con l’economia e l’industria senza tradire i propri valori», dice Bonelli. Il piano è un mix delle due storie di successo europee: Germania e Francia. Da un lato, «essere centrali nella società, come Grünen, i Verdi tedeschi, che nei länder governano anche con la Cdu e dialogo con le realtà industriali come in Baden-Württemberg». Dall’altro, il radicamento sul territorio riuscito ai francesi di Europe Écologie Les Verts, che partiva da numeri sconfortanti ed è arrivata a eleggere i sindaci di Strasburgo, Lione e Marsiglia. «Il nostro è un lavoro strategico, dobbiamo essere quelli che rimettono l’ecologia al centro del centrosinistra», spiega Bonelli. «Noi abbiamo le competenze, la storia, i comitati tecnici. In questi anni abbiamo fatto investito sull’approccio scientifico, per non fare l’errore di ridurci a slogan».

Non è detto che in questa rifondazione ecologista del centrosinistra ci siano i Cinque stelle, ai quali i Verdi si vedono alternativi e concorrenti. «Hanno fatto greenwashing per uscire dalla loro crisi. Nel 2018 avevano sviluppo economico, infrastrutture e ambiente: perché non hanno fatto la transizione ecologica?». Per il Pd incoraggiare la crescita dei Verdi alle amministrative offre la possibilità di immaginare un futuro nel quale l’alleanza coi grillini non sia così strutturale. Oggi è una prospettiva impensabile, ma il momento storico incoraggia i Verdi a pensare in grande.

© Riproduzione riservata