Gentile direttore,

desidero spiegare a lei e ai suoi lettori perché sono contrario all’applicazione dell’ETS2: una posizione, questa, criticata nell’articolo “Divisi anche sulla transizione. Brutto clima nel campo largo” pubblicato sul suo giornale il 30 giugno scorso.

ETS2 significa estendere al trasporto pubblico e privato, ai consumi energetici degli edifici e ad alcune piccole imprese il sistema che già oggi fa pagare le emissioni di gas serra derivanti dall’impiego dei combustibili fossili.

Come ribadito più volte condivido pienamente il principio, ma sono molto critico nella sua applicazione oggi visto che gli scenari di prezzo sono fortemente mutati rispetto al 2021, anno nel quale l’impianto normativo era stato concepito e nel quale era stato realizzato uno studio di impatto.

Nel 2021 la Commissione europea aveva stimato che l’ETS2 avrebbe provocato un aumento del prezzo del gas al dettaglio compreso fra il 9 per cento e il 33 per cento, con ripercussioni anche sul costo dell’elettricità. Rispetto a quattro anni fa, oggi il prezzo del gas è vertiginosamente aumentato, inducendo una diminuzione dell’uso dei combustibili fossili e dunque delle emissioni.

Contemporaneamente è aumentata la povertà energetica: attualmente il 9,4 per cento dei cittadini europei non può permettersi di riscaldare (o raffrescare) l’abitazione in modo tale da renderla confortevole. Questo significa che quasi un cittadino europeo su dieci soffre il freddo d’inverno e/o l’afa d’estate con gravi rischi anche per la loro salute.

Questa situazione potrebbe peggiorare con l’adozione di ETS2. Non a caso un rapporto di Bloomberg, pubblicato lo scorso 7 marzo, ha stimato che con l’ETS2 i prezzi del gas per le famiglie salirebbero del 20 per cento già dal 2027 e del 43 per cento nel 2030.

La Commissione europea, che di solito effettua studi di impatto prima di emanare i suoi provvedimenti, stavolta non ha raccolto la nostra sollecitazione ad aggiornare lo studio di impatto realizzato quattro anni fa. In questo scenario, non vedo perché il tanto annunciato e decantato (anche dall’articolo) fondo sociale per il clima possa rivelarsi qualcosa di diverso da un pannicello caldo: soprattutto quando sono chiamati a utilizzarlo un governo e una Commissione europea, come quelli ora in carica, che non hanno a cuore la transizione energetica, l’elettrificazione e il contrasto della povertà energetica crescente di famiglie e imprese.

Il vero regalo che dobbiamo evitare di fare a Giorgia Meloni e alle destre è quello di approvare provvedimenti da “residente nella Ztl”, incuranti cioè delle ricadute sociali immediate di chi non arriva a fine mese.

Questo atteggiamento consente infatti alle destre di apparire le uniche paladine dei ceti meno abbienti sui quali le attuali politiche fanno ricadere i costi della decarbonizzazione e rende il Green deal odioso alla maggioranza dei cittadini: con tutte le conseguenze che questo comporta.

La transizione energetica non è un algoritmo zoppo di decarbonizzazione, ma una giusta alchimia di più questioni concorrenti. Ribadisco che io e il Movimento 5 stelle siamo fortemente a favore della decarbonizzazione di trasporti e riscaldamento, ma questa va raggiunta senza renderla insostenibile a famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni, già gravate dai costi energetici, dalla stagnazione economica, industriale e dal ridotto gettito fiscale. Va disaccoppiato il costo dell’elettricità dal gas, non aumentato il prezzo del gas.


Risponde Edoardo Zanchini: Il nuovo sistema ETS2 rappresenta, come tutte le riforme, rischi ed opportunità. Ma la tassazione delle emissioni di Co2 dei trasporti e del riscaldamento è una strada ineludibile e, giusta, per accelerare la decarbonizzazione.

L’opportunità sta nelle risorse generate, che devono essere utilizzate proprio per realizzare le politiche a beneficio di famiglie e imprese che, fino a oggi, sono mancate. E, proprio per ridurre l’impatto sulle famiglie più povere, l’Italia potrà beneficiare di oltre 1 miliardo di euro all’anno.

La partita politica sul clima non si gioca sui rinvii, ma a Bruxelles, sulle risorse da individuare per rafforzare queste politiche nella nuova programmazione, e in Italia, nell’utilizzarle in modo intelligente ed efficace, mettendo pressione sul governo.

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