Nell’affannosa ricerca di modelli virtuosi di transizione ecologica, forse non dobbiamo guardare troppo lontano per trovarne uno che faccia al caso nostro. Nel 2024, la Spagna ha goduto di una crescita del 3,2 per cento, anche più delle previsioni ufficiali e molto al di sopra dello 0,8 per cento della media nella Zona euro.

Non c’è mai un fattore unico per spiegare la performance economica di un paese ma, accanto al boom del turismo, all'agricoltura che continua ad andare bene e alle esportazioni, forse il vero segreto dell’economia spagnola è proprio la decarbonizzazione dei suoi consumi energetici.

L’aggressiva transizione energetica spagnola ha permesso di tenere i costi dell’energia competitivi mentre noi rientravamo in una crisi causata sia dalla dipendenza dal gas sia dal meccanismo di formazione del prezzo dell’energia. Nel 2024 in Spagna la quota di fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico è stata del 56 per cento dei consumi elettrici, secondo i dati dell’operatore di rete Red Electrica, nonostante la domanda sia cresciuta dell’1,6 per cento.

Aumento record

Si tratta di un aumento da record per la storia energetica spagnola, di sei punti percentuali rispetto all’anno precedente, dominato soprattutto dall’eolico, che è oggi un quarto del mix energetico, seguito dall’energia nucleare (che in Spagna contribuisce al 19 per cento della produzione elettrica, e forse è l’elemento di maggiore differenza rispetto all’Italia), e dal fotovoltaico, che ha superato il gas al terzo posto.

In questo modo le emissioni di gas serra della Spagna sono calate del 16 per cento, ma soprattutto i costi per le imprese e le famiglie sono rimasti ragionevoli. Se a gennaio il prezzo unico nazionale dell’energia in Italia è stato di 0,193 euro al chilowattora, in Spagna è oscillato tra 0,085 e 0,133 euro: prezzi che sono stati ossigeno per la crescita dell’economia spagnola e ai quali l’Italia, paese simile soprattutto per la geografia e le opportunità delle rinnovabili, dovrebbe provare a guardare.

Debolezza strutturale

Come spiega Gonzalo Sáenz de Miera, direttore del reparto cambiamento climatico del gigante energetico spagnolo Iberdrola, «all’inizio di questo processo di transizione, la Spagna era molto consapevole della sua vulnerabilità, che si rifletteva nell’eccessiva dipendenza dalle fonti fossili di energia e dell’elevata intensità energetica».

Da questa diagnosi di debolezza strutturale è arrivata la ricetta. La Spagna non solo ha obiettivi ambiziosi sullo sviluppo delle rinnovabili (dovrebbero arrivare a produrre 81 per cento dell’elettricità entro la fine del decennio) ma sembra anche nella traiettoria per rispettarli.

«Le rinnovabili sono diventate un elemento chiave nella nostra futura economia, e ogni minuto che perdiamo nell'implementazione di questo piano è un minuto di vantaggio che stiamo concedendo ai nostri concorrenti, categoria nella quale rientra qualsiasi altro paese. Se non sfrutteremo noi questi vantaggi competitivi, sarà qualcuno altro a prenderseli. E noi per fortuna abbiamo il privilegio di una posizione di vantaggio, grazie alla disponibilità di suolo, alle ore di sole per il fotovoltaico, alla base industriale, alla forza lavoro qualificata».

Le differenze italiane

Tutte condizioni che sono valide anche per la vicina Italia, la differenza tra i due paesi non è solo nella velocità dall’implementazione del piano, ma anche nell’approccio filosofico e politico alla transizione e al Green deal, che in Spagna sono visti non come obbligo o compito ma come spazio di opportunità e di crescita.

«Non solo abbiamo un costo dell'energia più basso rispetto ai concorrenti, grazie alle rinnovabili, ma un approccio convinto all’energia sostenibile ha avuto un impatto sulle rete e un effetto moltiplicatore per il resto dell'economia spagnola».

È presto ancora per parlare di risultati a lungo termine, anche perché la transizione spagnola ha ancora una debolezza da risolvere: il tasso di elettrificazione del settore industriale, che è ancora fermo al 22 per cento, mentre in Italia è al 32 per cento, un vantaggio competitivo che il nostro paese potrebbe a un certo punto decidere di sfruttare, abbracciando la transizione invece di respingerla.

«Non è un tema ideologico, ma di competitività», aggiunge il dirigente di Iberdrola. Non casualmente, una delle comunità autonome che stanno investendo più in transizione è l’Andalusia governata dai Popolari, leader nella corsa alle infrastrutture per l’idrogeno verde (quello prodotto da rinnovabili e non dal gas).

Secondo Sáenz de Miera, tutti gli elementi base del modello spagnolo possono essere traslati anche sulla vicina Italia, «la geografia, le condizioni climatiche, le competenze della forza lavoro, l'industria. Nel nostro caso, così come nel vostro, la transizione non è un tema di risorse ma di volontà politica. L'Italia è ancora perfettamente in condizione di unirsi a questa competizione e soprattutto prendere vantaggio della situazione».

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