Il 2021 è alle porte e l'Europa è piena di speranze. Vaccini e terapie farmacologiche ci aiuteranno a uscire dalla pandemia. Interventi economici di salvataggio e di sostegno alla ripresa, che non erano mai stati adottati prima d'ora, serviranno ad attenuare l'impatto doloroso della crisi del Covid-19 e delle misure di lockdown che ne sono conseguite. Dopo un 2020 pesante, carico di perdite e battute d'arresto, si intravede la via d'uscita.

Anche sui temi del riscaldamento globale, si scorge un risvolto positivo. Oggi l'Ue punta a un target di riduzione delle emissioni ancora più ambizioso, pari almeno al 55 per cento e in linea con l'obiettivo di diventare il primo continente neutro dal punto di vista del clima entro il 2050.

Con il Green Deal europeo, Ursula von der Leyen sembra in effetti aver messo le iniziative a favore della tutela del clima al centro della sua agenda politica.

Anche il mercato del carbonio dell'Ue sta finalmente iniziando a mostrare i denti con prezzi intorno ai 30 euro per tonnellata di CO2. Ora che Joe Biden è il presidente eletto, gli Stati Uniti sembrano pronti a tornare a collaborare ad interventi globali a favore del clima. Biden ha già dichiarato di voler nuovamente aderire all'accordo di Parigi e ha promesso di guidare gli Stati Uniti verso l'obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050.

Biden si unisce a un coro di oltre 120 paesi che condividono ambizioni simili, compresa la Cina, dove il presidente Xi Jinping ha promesso la neutralità del carbonio entro il 2060.

Nonostante questi sviluppi positivi, la crisi climatica è tutt'altro che alle nostre spalle. Il recente rapporto dell'Onu sul gap delle emissioni avverte che il mondo si sta dirigendo verso un aumento della temperatura di almeno 3 gradi Celsius. Un valore ben lontano dall'impegno che la comunità globale aveva assunto di evitare di interferire pericolosamente sul sistema climatico e di mantenere il riscaldamento «ben al di sotto dei 2°C», proseguendo «l'azione volta a limitare l'aumento della temperatura a 1,5°C» (Art. 2 Accordo di Parigi).

Ancora mancano adeguate politiche e misure a breve e medio termine, gli eventi meteorologici estremi diventano più frequenti e intensi e distruggono vite umane e mezzi di sussistenza.

Le due crisi a confronto

Le due crisi e le risposte che ne sono scaturite sono state influenzate l'una dall'altra. Il modo in cui le nostre società reagiranno alla pandemia potrà catalizzare o erodere le prospettive di successo rispetto agli obiettivi dell'Accordo di Parigi.

Nel 2020, l'effetto immediato della pandemia è stato un calo di breve termine delle emissioni. Tuttavia, per quanto questo effetto possa apparire significativo rispetto alla situazione degli anni precedenti, non è il riflesso di una trasformazione che punta davvero ad un futuro più attento alle questioni climatiche. È invece il risultato di un'economia globale che ha trattenuto il respiro e di una massiccia limitazione di molte delle nostre libertà civili, prima fra tutte la libertà di movimento.

La riduzione nei livelli di emissioni potrebbe essere un fenomeno solamente transitorio. La crisi finanziaria globale del 2009, ad esempio, aveva portato a una flessione dell'1 per cento delle emissioni, poi tornate a crescere del 4,5 per cento nell'anno successivo.

È qui che entra in gioco un secondo effetto, potenzialmente molto più ampio, della crisi del Covid-19 sulle misure per il clima: gli interventi di sostegno alla ripresa. Sarà l'impatto di questi pacchetti a dare forma al futuro delle nostre economie.

Se contiamo sia il bilancio a lungo termine dell'UE sia l'iniziativa Next Generation Eu, la sola Unione europea metterà sul tavolo 1,8 miliardi di euro destinati alla ripresa.

La lezione ricevuta dal rimbalzo dell’economia nel 2010 è che, questa volta, dobbiamo programmare meglio. Anziché investire in tecnologie che rispondono ai bisogni di ieri e in modelli di business obsoleti, dobbiamo puntare ad una ripresa economica a prova di clima che soddisfi anche altri aspetti come stabilità sociale e protezione della biodiversità.

Le analisi ci indicano quali potrebbero essere gli investimenti che sostengono l'economia, creando posti di lavoro e contribuendo alla tutela del clima.

Le energie rinnovabili, che hanno mostrato una notevole resilienza durante la pandemia, rispettano il clima e contribuiscono a creare posti di lavoro. Un settore questo in cui servono iniezioni di capitali per rispondere alle esigenze di tutela del clima e creare occupazione.

Questi stimoli economici potrebbero anche contribuire a portare energia pulita verso aree rurali economicamente depresse e non coperte dalle tradizionali reti energetiche.

Le soluzioni che partono dalla natura, imboschimento e rimboschimento, stimolano l'occupazione oltre che essere utili in termini di clima. Lo stesso vale per gli investimenti per l'efficientamento energetico degli edifici, un gigante addormentato dal punto di vista delle misure pro clima.

Per agevolare queste trasformazioni industriali, i fondi destinati alla ripresa dovrebbero anche favorire i processi di decarbonizzazione dell'industria, ad esempio attraverso l'uso di idrogeno verde (una applicazione potrebbe essere la produzione di acciaio green) e potenzialmente anche attraverso la cattura del carbonio (ad esempio per i processi in cui non è attuabile nessun'altra soluzione rispettosa del clima).

16 December 2020, North Rhine-Westphalia, H'rtgenwald: A wind turbine stands in the Peterberg forest near Vossenack. The construction of wind turbines in forests is controversial in NRW. (to dpa "Between nature conservation and energy transition: dispute about wind turbines in the forest") Photo by: Oliver Berg/picture-alliance/dpa/AP Images

Il prezzo del carbonio

Oltre a queste soluzioni concrete si tratterà anche di attuare scelte politiche che possano valorizzare l'innovazione e fissare incentivi per investimenti climaticamente neutri. Fondamentale in questo senso sarà il tema del prezzo del carbonio.

Se abbinato a un alleggerimento del regime fiscale sul lavoro, il prezzo del carbonio potrebbe potenzialmente contribuire a ridurre le emissioni, indirizzare meglio gli investimenti e stimolare l'occupazione.

L'elenco delle opportunità è molto più lungo, ma un elemento spicca su tutti: i sistemi della conoscenza. I governi dovrebbero sostenere il potenziamento di competenze "a prova di futuro", nonché adeguati sistemi della conoscenza, ad esempio per facilitare l'accesso alle informazioni sui mercati, le tecnologie e le catene di fornitura.

Nonostante tutte queste possibilità siano a portata di mano, le prime analisi sulle misure di salvataggio e sugli interventi per la ripresa indicano come molti governi in tutto il mondo abbiano finora perso l'opportunità di accelerare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, scegliendo invece di continuare a versare denaro sulle tecnologie a combustibili fossili.

Solo una manciata di attori - tra cui l'UE con il piano NextGeneration Eu e alcuni paesi europei come Francia, Germania e Regno Unito - hanno imboccato una strada diversa. Resta da vedere come l'equazione potrebbe cambiare quando l'amministrazione Biden avrà reindirizzato la rotta degli Stati Uniti, e la Cina avrà approvato il suo nuovo piano quinquennale.

Se guardiamo a tutti questi possibili sviluppi, il quadro geopolitico del 2021 si presenta ricco di opportunità per l'Europa: il nuovo anno offre un potenziale unico poiché sono tre le presidenze in mano a paesi europei: G20 (Italia), G7 (Regno Unito) e la doppia presidenza italo-britannica delle Nazioni Unite per i negoziati sul clima (COP26).

L'occasione di COP26

Il Covid-19 ha imposto il rinvio del vertice sul clima del 2020 a novembre 2021. In seguito a questo rinvio, il processo internazionale ha perso parte del suo slancio iniziale e ora deve trovare il modo di tornare a spingere sull'acceleratore. Lo farà grazie al vento favorevole alimentato dal nuovo presidente degli Stati Uniti, dalle tante promesse sulla neutralità del carbonio e dalla rinnovata consapevolezza circa l'importanza di resilienza, riduzione del rischio e prevenzione.

I paesi riuniti intorno al tavolo della COP26 dovranno presentare impegni decisamente più ambiziosi per il 2030, oltre che indicare aree di intervento e presentare misure a breve termine con un impatto tangibile.

Inoltre, sarà necessario intavolare un vivace dibattito su quali siano i percorsi di ripresa socialmente giusti e rispettosi del clima.

Il vertice del G20 a fine ottobre 2021 potrebbe essere un importante trampolino di lancio per questo processo. Di fronte a una crisi che ha colpito più pesantemente propio i più vulnerabili, la presidenza italiana del G20 ha indicato i temi legati a ripresa, clima, povertà e disuguaglianza come i temi centrali dei lavori.

01 December 2020, Baden-Wuerttemberg, Ulm: A locomotive is refuelled with diesel fuel at a filling station. Photo by: Sebastian Gollnow/picture-alliance/dpa/AP Images

Abbattere i sussidi al fossile

Il G20 potrebbe anche essere l'occasione per discutere di come i paesi le cui economie sono strettamente legate all'estrazione dei combustibili fossili possano intraprendere il percorso verso un futuro più attento ai temi del clima.

In ogni caso, il G20 dovrebbe definitivamente rispolverare l'impegno assunto nel 2009 verso il graduale abbattimento dei sussidi per i combustibili fossili che ammontano a centinaia di miliardi ogni anno sotto forma di sostegni diretti e indiretti. Il prezzo stracciato a cui è venduto oggi il petrolio, a causa della pandemia, rappresenta un'opportunità senza precedenti.

Il 2021 ci attende come un anno ricco di promesse, in un momento in cui il mondo vive un fragile equilibrio. C'è tanto da fare – rimbocchiamoci le maniche.

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