Pubblichiamo un estratto del nuovo libro di Rebecca Henederson Nel mondo che brucia – Ripensare il capitalismo per la sopravvivenza del pianeta, appena uscito per Luiss University Press


Che cos’è il capitalismo? Una delle più grandi invenzioni dell’umanità e la più grande fonte di benessere mai esistita? Una minaccia che rischia di distruggere il paese e destabilizzare la società? Oppure una combinazione delle due cose, che oggi dobbiamo in qualche modo ripensare?

Ci serve un modo sistematico per riflettere su tali quesiti.
Il miglior punto di partenza sono i tre grandi interrogativi della nostra
epoca, problemi che ogni giorno diventano più importanti: l’enorme inquinamento ambientale, le diseguaglianze economiche e il collasso delle istituzioni.

L’utilizzo di combustibili fossili – la forza motrice dell’industrializzazione moderna – sta uccidendo centinaia di migliaia di persone, e allo stesso tempo sta destabilizzando il clima, rendendo acidi gli oceani e alzando il livello dei mari.1 Gran parte del suolo terrestre è deteriorato, e la domanda di acqua supera l’offerta.

Senza intervenire, i cambiamenti climatici ridurranno il Pil, porteranno all’inondazione delle grandi città costiere, e costringeranno milioni di persone a emigrare in cerca di cibo. Corriamo il rischio di distruggere la vivibilità degli ecosistemi
dai quali dipendiamo. 

I mercati hanno deragliato per tre motivi: le esternalità non vengono pagate come dovrebbero, in molti non dispongono più delle capacità necessarie perché le opportunità siano davvero libere, e alcune aziende riescono sempre meglio a cambiare a proprio favore le regole del gioco.

Il vero prezzo dell'energia

L’energia è a buon mercato perché non la paghiamo a prezzo pieno. I consumatori americani pagano l’elettricità proveniente da centrali a carbone circa 5 centesimi per chilowattora (¢/kWh). Bruciare carbone emette però quantità enormi di CO2 (le centrali usano essenzialmente carbon fossile), una delle principali cause del riscaldamento globale. Produrre un chilowattora di elettricità col carbone causa almeno altri 4 centesimi di danni correlati al clima, e inoltre uccide migliaia di persone ogni anno, compromettendo la salute di molte altre.

 L’estrazione, il trasporto, la lavorazione e la combustione del carbone negli Stati Uniti causano ogni anno 24.000 morti per problemi cardiaci e polmonari (con un costo di circa 187,5 miliardi di dollari all’anno); altre 11.000 persone muoiono annualmente a causa delle gravose condizioni di vita nelle regioni minerarie (con un costo annuo di circa 74,6 miliardi di dollari).

Calcolare la somma aggregata globale dei costi per la salute associati alla combustione di sostanze fossili è difficilissimo, visto che i costi variano significativamente in base a una vasta gamma di fattori, inclusi il tipo di combustibile e come e dove viene bruciato.

Secondo una stima, l’emissione di una tonnellata di CO2 incide sul sistema sanitario per circa 40 dollari, con un costo al chilowattora di circa 4 centesimi, ma i miei colleghi che lavorano nel settore mi ricordano che tali costi possono variare enormemente e in molti casi essere di gran lunga più alti.

 Aggiungendo queste cifre, il costo reale di un chilowattora di elettricità basata su combustibili fossili diviene non più di 5 centesimi, ma di 13. Significa che stiamo pagando solo il 40 per cento circa del suo costo reale.

L’energia basata sui combustibili fossili ci sembra a buon mercato, ma solo perché non stiamo considerando i costi che facciamo pagare ai nostri vicini di casa e al nostro futuro.

Ogni centrale a carbone sul pianeta distrugge valore, nel senso che impone alla società costi più grandi dei propri introiti complessivi. Ad esempio, Peabody Energy, la più grande azienda statunitense nel settore del carbone, nel 2018 ha consegnato 186,7 milioni di tonnellate di questo materiale, guadagnando complessivamente 5,6 miliardi di dollari.

Il costo complessivo della combustione di 186,7 milioni di tonnellate di carbone è di circa 30 miliardi di dollari, pertanto, considerando gli introiti totali come misura del valore creato, operando quindi una stima al ribasso, la Peabody sta distruggendo cinque volte tanto il valore che sta creando.

Ogni volta che usiamo combustibili fossili, per guidare l’automobile o per prendere l’aereo, creiamo un danno permanente che non paghiamo.

Quanto inquina un Cheeseburger

La produzione di ogni tonnellata di acciaio, di cemento e di ogni singolo hamburger – per prendere in esame qualche prodotto che richiede molta energia per essere realizzato – crea un danno significativo non incluso nel suo prezzo.

La produzione di un cheeseburger genera le stesse emissioni di quasi due litri di benzina, e il solo consumo di manzo è responsabile di circa il 10 per cento delle emissioni globali di gas serra (e di solo il 2 per cento circa delle calorie consumate).

Aggiungendo questi costi al conteggio finale, risulta che quasi ogni azienda sta causando danni significativi.

Nel 2018, ad esempio, la Cemex, una delle più grandi aziende produttrici di cemento al mondo, ha emesso più di 48 milioni di tonnellate di CO2, pur usando fonti rinnovabili per un quarto delle sue operazioni.33 Si tratta di un danno di almeno 4 miliardi di dollari.

I suoi Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation, and Amortization (EBITDA), ovvero gli utili prima di interessi, tasse, deprezzamento e ammortamento, quell’anno sono stati di 2,6 miliardi di dollari.

Nell’anno fiscale 2019, le emissioni totali della catena britannica di vendita al dettaglio Marks & Spencer – un’azienda che da anni si impegna a ridurre le sue emissioni – sono state pari a 360.000 tonnellate di CO2.36 Sono circa 32 milioni di dollari di danni. Lo stesso anno, i suoi profitti al lordo delle tasse sono stati di 670 milioni di sterline.

La distorsione causata dal fatto che le emissioni di gas serra non vengono pagate come dovrebbero è enorme. I prezzi dell’intero sistema economico sono insensati.

Chi suppone che i mercati facciano magie perché riescono a catturare tutte le informazioni necessarie, dovrà ammettere che in questo caso di magie ce ne sono ben poche.

I mercati creano libere opportunità solo se tutti possono entrare in gioco. Quando mercati senza alcun controllo lasciano indietro troppe persone, distruggono la libera opportunità che li legittima. Il mondo di oggi è incommensurabilmente più ricco di quello di cinquant’anni fa, e si è notevolmente ridotta la diseguaglianza tra i paesi.

Cambiare le regole

Tra il 2000 e il 2017, l’industria dei combustibili fossili ha speso almeno 3 miliardi di dollari in attività di lobby contro le leggi per combattere il cambiamento climatico, e altri milioni per sostenere gruppi e campagne che negavano tale cambiamento.

Mentre scrivo, Marathon Oil, la più grande raffineria petrolifera degli Stati Uniti, riconosce pubblicamente la realtà del cambiamento climatico e afferma di avere “investito miliardi di dollari per rendere le proprie operazioni più efficienti”.

Ha però sostenuto con forza i tentativi dell’attuale amministrazione di ridurre le normative vigenti sulle emissioni delle automobili, e rivolgendosi agli investitori ha lasciato capire che una tale deregolamentazione potrebbe far salire le vendite dell’industria da 350.000 a 400.000 barili di benzina al giorno.

Un aumento simile costerebbe trai 4,3 e i 4,9 miliardi di dollari al resto del mondo, ma considerando un prezzo di circa 56 dollari al barile, garantirebbe all’industria ulteriori vendite per una cifra tra i 6,9 e i 7,9 miliardi di dollari.54 Nello stato di Washington, le industrie petrolifere hanno speso il doppio dei loro rivali per sconfiggere una misura volta a imporre per la prima volta una carbon tax negli Stati Uniti; la sola BP ha speso 13 milioni di dollari per riuscirci.

Non è solo il denaro a consentire alle aziende di comprare leggi che le favoriscano. In molti casi, si parla di temi tanto tecnici, specialistici o noiosi che i media e il grande pubblico non se ne curano. Ad esempio, i cambiamenti nei princìpi contabili sono difficili da capire e di rado interessanti.

Ma alcuni cambiamenti alle norme sulla contabilità sono stati tra le cause del Grande Crollo del 2008. La massimizzazione del profitto aumenta la prosperità e la libertà solo quando i mercati sono davvero liberi ed equi. Il capitalismo moderno non è nessuna di queste due cose.

Se ci sono esternalità enormi che non vengono controllate o fatte pagare, se la libera opportunità è più un sogno che una realtà, e se le aziende possono cambiare le regole del gioco a proprio piacimento a discapito del bene pubblico, la massimizzazione del valore per l’azionista è rovinosa.

In condizioni simili, le aziende hanno il dovere morale di contribuire alla costruzione di un sistema che sostenga istituzioni forti e un mercato realmente competitivo e con prezzi appropriati. Farlo con urgenza è anche un imperativo economico.

Un mondo che brucia minaccia la sopravvivenza di qualunque tipo di business.

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