Il raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino non si può fare. Il grande sogno inseguito per un decennio con pervicacia dai Benetton, che sono i gestori dello scalo, svanisce demolito da una sentenza del Tar-Tribunale amministrativo regionale del Lazio pubblicata venerdì (presidente Elena Stanizzi, consigliere Salvatore Gatto Costantino, estensore Brunella Bruno). Ventinove pagine per ribadire un concetto ovvio che però in questi anni era stato offuscato da una nuvolaglia composita di pressioni di lobby, contenziosi, propaganda, lusinghe soprattutto verso gli enti locali.

Il concetto ribadito dai giudici è questo: quei 1.300 ettari in gran parte di proprietà degli stessi Benetton su cui la società Aeroporti di Roma (AdR) sempre dei Benetton avrebbe voluto eseguire il raddoppio insistono su una riserva naturale statale istituita 25 anni fa. L'idea di costruirci sopra una nuova aerostazione con alberghi, centri commerciali, negozi, piste, svincoli stradali e via cementificando è semplicemente improponibile. Il fatto poi che la società AdR abbia preparato un piano, il Masterplan per il 2030, redatto come se i vincoli ambientali della riserva manco esistessero, costituisce un aggravante.

Davide contro Golia

Per la società dei Benetton è come uno schiaffo; con essa perde davanti ai giudici anche l'Enac, l'ente dell'aviazione civile che ai tempi in cui era guidato da Vito Riggio aveva sposato la causa dei Benetton come fosse la propria. Benetton ed Enac sono condannati al pagamento delle spese legali e al risarcimento delle controparti.

Vincono il comune di Fiumicino, il Comitato Fuoripista e la Proloco Fregene-Maccarese. E' stata la classica battaglia di David contro Golia: insieme comune e associazioni locali hanno tenuto duro per un decennio anche quando sembrava che la ragione e le leggi non valessero di fronte agli interessi giganteschi in ballo.

il Comitato Fuoripista non si è mai opposto allo sviluppo dell'aeroporto, ha semplicemente ribadito il concetto ora fatto proprio dai giudici del Tar, e cioè che era insensato effettuare il raddoppio dell'aerostazione sui terreni della riserva naturale a nord dell'attuale scalo, e che sarebbe stato molto più ragionevole utilizzare in pieno gli enormi spazi disponibili all'interno dell'attuale sedime oppure puntare su nuove aree meno pregiate verso sud. Inoltre di fronte alle insistenze dei Benetton per la realizzazione della quarta pista il Comitato ha dimostrato, avvalendosi dell'apporto di piloti ed esperti, che l'aeroporto di Gatwick (Londra) con una sola pista fa gli stessi movimenti di Fiumicino, mentre il grande scalo di Heathrow (ancora Londra), con due piste fa il 56 per cento di movimenti in più.

«Una sentenza storica»

I Benetton hanno sempre puntato sul raddoppio dello scalo sui propri terreni come l'unica soluzione praticabile dando l'impressione che il loro obiettivo più che lo sviluppo fosse di altra natura. Se autorizzato, il raddoppio sarebbe stato un affare gigantesco, dell'ordine di una decina di miliardi di euro, un altro colpo grosso coi fiocchi per i Benetton.

Dopo aver comprato nel 1998 dall'Iri a prezzi di saldo i terreni di Maccarese, compresi quelli della riserva, ora se se li sarebbero fatti ricomprare a prezzi maggiorati di esproprio.

Poi su quegli stessi terreni avrebbero realizzato un altro affare, legato alle nuove infrastrutture e alle costruzioni in senso stretto, utilizzando probabilmente le aziende di casa, Pavimental e Spea, che fino al crollo del ponte di Genova era l'azienda di ingegneria in house, poi smontata e messa da parte una volta emersa la sua compromissione nella sciagura.

In una nota il Comitato Fuoripista commenta con soddisfazione la decisione del Tar: «Una sentenza storica che ripristina la fiducia nello stato di diritto in Italia». Forse è presto per dire che la vicenda è chiusa una volta per tutte: intorno al raddoppio di Fiumicino in un decennio ne sono successe di tutti i colori.

I governi di ogni orientamento, con l'eccezione di qualche ministro, hanno sempre cercato di tirare la volata ai Benetton. A cominciare dall'esecutivo di Mario Monti che alla vigilia di Natale del 2012 approvò il contratto di concessione Enac-AdR e consentì ad AdR di aumentare le tariffe di una decina di euro a passeggero in media per finanziare il raddoppio. Dopo il Tar potrebbe esserci un altro round al Consiglio di Stato, ma la sentenza dei giudici amministrativi laziali è così netta che sembra difficile possa essere ribaltata.

Il pronunciamento della Consulta

Anche perché il pronunciamento dei magistrati laziali si aggiunge a quello più autorevole di alcune settimane fa della Corte costituzionale che ha sancito un principio molto importante per quanto riguarda la salvaguardia delle aree naturali sottoposte a vincolo.

La Corte ha stabilito che non si può costruire su un'area tutelata e privilegiata anche quando chi intende farlo ha acquisito il diritto in maniera del tutto legittima. Il caso in questione riguardava un progetto edilizio di Dea-De Agostini nel comune di Marino, ma il principio fissato dalla Consulta in base all'articolo 9 della Costituzione (tutela del paesaggio) è ovviamente di carattere generale. I giudici costituzionali hanno stabilito che «l'aspettativa edificatoria non può essere considerata un elemento idoneo a impedire il pieno esplicarsi della tutela del bene riconosciuto di valore ambientale». Nel caso di Marino la società De Agostini aveva ottenuto in maniera lecita il diritto a edificare. A Fiumicino, invece, il raddoppio non è mai stato autorizzato da nessuno.


 

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