Esistono ancora una destra e una sinistra e le differenze sui temi si vedono tutte, a partire dalle politiche ambientali, ha detto l’ex ministro Fabrizio Barca in un’intervista al Fatto Quotidiano. L’analisi diffusa ieri da Italian Climate Network sui piani dei partiti per il clima conferma questa lettura. «In materia di contrasto al riscaldamento globale, tra le proposte della destra e quelle della sinistra oggi c’è un abisso», spiega Stefano Caserini, docente di mitigazione climatica al Politecnico di Milano e coordinatore del progetto Indice di Impegno Climatico per le Elezioni Politiche 2022.

I voti: la performance migliore è stata quella di Europa verde / Sinistra italiana (9.3/10), seguiti da Partito democratico (8,6/10), Unione popolare (7,8), Movimento 5 stelle (6,5/10), Italia viva / Azione (5,8/10) mentre al blocco composto da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia viene assegnato un giudizio desolante: 4,1/10.

Il voto degli scienziati

Il metodo di lavoro è stato questo: Italian Climate Network ha chiesto a venti scienziati italiani che si occupano di clima di analizzare i programmi ufficiali, quelli depositati sulla piattaforma del ministero dell’interno, e di assegnare un voto da zero (il minimo) a dieci (il massimo) su una serie di aspetti che vanno dall’ambizione alla fuoriuscita dai combustibili fossili.

Passando per investimenti pubblici, equità della transizione e attenzione al quadro internazionale. I partecipanti hanno lavorato in modo autonomo tra loro e non erano a conoscenza dei voti degli altri. Infine è stata fatta una media dei giudizi su ogni singolo punto e sul programma generale e il risultato è stato diffuso ieri, un pagellone climatico che ha il valore di venire direttamente dalle voci più importanti e ascoltate comunità scientifica italiana, in modo trasversale agli atenei e ai poli di ricerca (sono rappresentati il Cnr, l’Ispra, il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici).

Una chiave per leggere questi voti ce la offre Caserini (che da qualche mese è anche assessore al comune di Lodi in una giunta di centrosinistra): «Il 6 in questo caso non va letto come la sufficienza, mentre solo il 10 rappresenta la capacità di rispettare l’accordo di Parigi». È un’asticella un po’ drastica, ma è questa la realtà della (stretta) strada per evitare gli effetti peggiori dell’aumento di temperature nei prossimi decenni.

Senza negazionisti

Partiamo da una notizia positiva: la politica italiana nella sua interezza ha deposto le armi del negazionismo climatico. Mentre su alcuni giornali e in molti talk show le ragioni di chi nega il riscaldamento globale o le sue cause antropiche trovano ancora uno spazio sproporzionato rispetto al consenso scientifico, tutti i partiti dimostrano piena accettazione del fatto che i cambiamenti climatici sono reali e che dipendono dalle emissioni di gas serra dalle attività umane.

Visto come è andato con la pandemia, non era affatto scontato. Altro discorso è la centralità del tema nei programmi: il clima è presente in modo sporadico e marginale in quelli del Terzo polo e della destra ed è piuttosto periferico anche in quello del Movimento 5 stelle.

La bocciatura di Conte

Sulla centralità del clima, Giuseppe Conte prende quasi lo stesso voto (5,4/10) di Matteo Renzi e Carlo Calenda (5,2/10). Per i Cinque stelle è un paradosso: c’è una visibile differenza tra quanto sarebbe teoricamente centrale l’ecologia per Conte e quello che c’è nel programma, quindi la capacità del movimento di elaborare idee e proposte.

Secondo l’indice di Italian Climate Network, quelle del M5s sono sconnesse della visione socioeconomica e industriale del paese (5,3/10), scarsamente ambiziose (5,3/10), con poche prospettive concrete di uscita dall’uso dei combustibili fossili (4,7/10), deludenti sia per le idee sull’equità della transizione (5,4/10) che per la messa a fuoco del contesto internazionale (5,2/10).

La bocciatura di Conte è forse la principale sorpresa politica di questa ricerca: per la scienza italiana un voto ai Cinque stelle non è un voto credibile per contrastare la crisi climatica. Interessante anche il giudizio su Italia Viva e Azione, malissimo sull’equità (3,3/10), ma leggermente meglio quando si parla di ambizione (6,1/10) e di consapevolezza del quadro internazionale (6,4/10).

Il centrosinistra promosso

Il Partito democratico ha portato a casa una buona pagella scientifica, pur con qualche carenza sulla capacità di rinunciare alle fonti fossili (7,3/10). I primi della classe, come prevedibile, sono Europa verde / Sinistra italiana, che hanno impostato programma e visione del mondo sul clima.

Qui sarebbe più che altro da verificare la capacità di implementare quanto promesso, ma i giudici di Italian Climate Network almeno promuovono il centrosinistra in quanto a consapevolezza climatica. Vanno però abbastanza male le altre due componenti di quel blocco, Più Europa (complessivamente 6,8/10) e Impegno Civico (6,3/10, nonostante l’ape nel simbolo).

Il centrodestra bocciato

Il blocco di destra riesce solo a schivare il negazionismo, per il resto la pagella di Italian Climate Network offre una visione preoccupante delle liste che potrebbero ottenere la maggioranza assoluta il 25 settembre e governare per i prossimi anni.

Il possibile governo Meloni, secondo gli scienziati, non offrirebbe alcuna prospettiva di uscita dall’uso dei combustibili fossili (1,7/10) né sembra interessato a garantire una transizione equa e attenta a non creare nuove diseguaglianze (1,5/10). Nessuna ambizione (2,7/10), poca centralità del clima nel programma (3,1/10), scarsa capacità di vedere la crisi climatica nel suo contesto globale (4,5/10): questa potrebbe essere l’impostazione italiana da qui al 2027, se il voto andrà come sembra dai sondaggi.

Il decennio decisivo

Per dire quanto contano queste elezioni dal punto di vista climatico: l’Italia non ha solo aderito all’impegno europeo di azzerare le emissioni al 2050, ma deve più che dimezzarle (55 per cento) entro i prossimi otto anni. Cinque di questi saranno coperti dal parlamento eletto tra poche settimane.

«Questo è il decennio decisivo per la transizione ecologica, quello in cui deve diventare strutturale nel nostro sistema socio-economico», conclude Caserini. «Le fonti rinnovabili devono diventare la strategia industriale di sviluppo, non c’è più margine per procrastinare».

La realtà incombe. Le temperature globali sono aumentate di 1.2°, il limite considerato umanamente sostenibile è 2°C (ma sarebbe necessario fermarsi molto sotto) e l’emergenza non procede in modo uniforme. Durante l’estate 2022 l’Italia si è dimostrata ancora una volta un paese vulnerabile ai cambiamenti climatici. L’Onu, con l’ultimo rapporto del gruppo di lavoro Ipcc, ha lanciato l’ultimo allarme: la finestra di tempo per un’azione coordinata e globale che possa avere risultati efficaci si sta per chiudere. 

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