Comprare prodotti sostenibili non basta, servono leggi. Il mercato si muove con eclatanti iniziative “green” per ridurre l’impatto ambientale dello shopping, ma ci sono evidenti controsensi che il consumatore non può sanare.

L’ultimo è il caso di Apple, che continua a proclamarsi sempre più green ma di fatto continua a sponsorizzare un nuovo telefono all’anno. «Un colpo al cerchio e uno alla botte» dice Silvia Bollani, coordinatrice inchieste e test comparativi di Altroconsumo. Martedì la Apple ha lanciato i suoi nuovi Iphone 12, e ha annunciato di aver raggiunto l’obiettivo “impatto zero” per le attività aziendali globali, inoltre prevede di raggiungere lo stesso traguardo entro il 2030 per tutti i prodotti e la catena di fornitura della produzione. Per essere «ancora più sostenibile», Apple ha deciso di smettere di vendere con l’iPhone gli alimentatori e gli EarPods, gli auricolari senza fili, «riducendo ulteriormente le emissioni di CO2 ed evitando l’estrazione e l’utilizzo di materiali preziosi».  In questo modo verranno ridotti anche gli imballaggi.

La riduzione del packaging e l’esclusione degli alimentatori «può essere una cosa buona» dice Bollani, («chi è che non ha un paio di cuffie o una spina da attaccare?»), dall’altra l’atteggiamento complessivo di Apple si coniuga male una fondamentale necessità per ridurre seriamente l’impatto ambientale: «fare durare il più possibile le cose che abbiamo» dice Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution, una Ong che si occupa di sensibilizzare i consumatori sui temi della sostenibilità nel campo della moda.

Elementi che per le società come Apple non sono previste. Dice Bollani: «I prodotti del mercato della tecnologia sono di per sé soggetti non solo a una obsolescenza tecnica, ma anche psicologica».

Non possono smettere di vendere

La moda del green porta a consumare in modo sbagliato. I sistemi di trattamento domestici dell’acqua potabile sponsorizzati anche con il fine di abbattere il consumo della plastica in realtà «sono spesso inutili e possono peggiorare la qualità dell'acqua, soprattutto se non correttamente manutenuti». Allo stesso modo la cattiva fama ambientale dei detersivi ha fatto sì che prendessero piede sistemi totalmente inefficaci di lavaggio: «come i sacchettini di magnesio o gli ozonizzatori. In realtà sono prodotti totalmente inutili».

In alcuni casi le aziende possono andare nel verso giusto così come dichiarano ma, dice Spadafora, «la sostenibilità è tutta sulle spalle dei consumatori». Vendere a parte come si è attrezzata a fare Apple è un sistema che rischia di costare di più all’acquirente e portare ancora più profitto all’azienda.

Bisogna poi diffidare dai prodotti più attenti all’ambiente che costano troppo poco. Nel campo della moda ad esempio accade sempre di più: «Quando vedo che H&M propone una maglietta sostenibile a 5 euro non posso non farmi una domanda sulla condizione del lavoro».

Per questo, dice l’attivista, bisogna in qualche modo costringere le aziende a fare davvero la loro parte e non basta scegliere che cosa comprare o no: «Servono leggi molto serie che impongano un determinato tipo di comportamento e vedere che sia vero, perché il consumatore non ha molte chance per investigare bene il risultato».

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