Una polizza per l’impunità. La riforma del danno erariale è un regalo alle assicurazioni

La giustizia è un cantiere aperto per il governo, a tutte le latitudini costituzionali. In dirittura d’arrivo al Senato c’è la riforma della magistratura ordinaria con la separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti e la creazione di due Csm con sorteggio, ma all’esame delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali di palazzo Madama c’è anche la riforma – passata decisamente più in sordina – che punta a stravolgere i connotati della Corte dei Conti. Ovvero l’organo posto a tutela della corretta gestione del denaro pubblico. L’obiettivo, sulla carta, è quello di rendere più efficienti i controlli sulla gestione della cosa pubblica. In realtà, dietro il disegno che incide sui poteri di controllo dei giudici contabili c’è il rischio esattamente opposto: rendere i controlli totalmente irrilevanti, perché tanto l’amministratore scorretto non paga mai. O meglio, a pagare sarà sempre indirettamente la collettività con le sue tasse. Alla faccia della cosiddetta «paura della firma», che il governo del resto ha già annullato con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, anche a costo di lasciare un buco nell’ordinamento che rende non punibili le condotte dell’abuso di vantaggio, l’abuso di danno e l’omessa astensione in presenza di un interesse proprio. In vista di una futura – mai ancora messa a terra – riforma dei reati contro la pubblica amministrazione. Per fare da coppia all’abrogazione dell’abuso d’ufficio nel penale, con il ddl a prima firma dell’attuale ministro degli Affari europei di Fratelli d’Italia Tommaso Foti il governo punta ad approvare anche il ridimensionamento del danno erariale nel settore contabile. Il danno erariale è una lesione patrimoniale subita da un ente pubblico e causata dal comportamento illecito, negligente o fraudolento di un funzionario pubblico. Alla Corte dei conti spetta di individuarla e di comminare il risarcimento del danno, che però già oggi è limitato solo a specifici casi. Nel 2020, infatti, è stato introdotto e via via prorogato, ora fino al 31 dicembre 2025, il cosiddetto scudo erariale: ovvero una limitazione di responsabilità ai soli casi di dolo (un danno voluto e previsto come conseguenza delle proprie azioni o omissioni) e colpa grave nel caso in cui ci sia «violazione manifesta delle norme di diritto». La riforma in discussione, presto in arrivo in aula al Senato – dopo il via libera già arrivato alla Camera – renderà strutturale questa limitazione del danno erariale ma non solo. Introduce anche un meccanismo per il quale, anche ne i casi – pochi e di difficile individuazione – di dolo, l’amministratore che ha violato volontariamente i suoi doveri comunque non risponda del danno provocato. Pnrr e ritardi, allarme della Corte dei conti sulle opere strategiche Irresponsabili Nelle maglie del ddl Foti si annida infatti un grande favore alle assicurazioni. Per capire il meccanismo è più semplice procedere con un esempio. Il dirigente di un comune procede all’affidamento diretto di un’opera pubblica del valore di un milione di euro, in assenza però dei presupposti di legge. Dopo qualche anno e in seguito ai controlli emerge che l’opera è costata il triplo di quello che sarebbe costata se l’appalto fosse stato affidato con una gara. Per questo il pm contabile apre un fascicolo e imputa al funzionario la colpa grave di aver agito in assenza dei presupposti di legge, con effetto di un costo maggiore. Ad oggi, in un caso di questo tipo, il dirigente è tenuto a pagare l’intera somma di maggior costo dell’opera e quindi circa 660 mila euro, ma il giudice ha il potere di ridurre la somma tenendo conto del contesto, dell’eventuale responsabilità di altri soggetti e dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione per la realizzazione dell’opera. La riforma del ddl Foti, invece, stravolge questa impostazione e apre davanti al dirigente del nostro esempio tre diverse strade. La prima: può chiedere un parere alla sezione di controllo della Corte, che ha 30 giorni di tempo per rispondere. Se la sezione – che ragionevolmente finirà sommersa di domande – riesce a rispondere entro il tempo previsto dando parere contrario, perché mancano i presupposti di legge, tutto fila liscio. Se invece non decide, scatta una sorta di silenzio assenso: il parere si intende favorevole alla domanda posta (affidamento indiretto, anche se illegittimo) e il richiedente è esente da qualsiasi responsabilità. La seconda: il dirigente decide di sottoporre l’atto al controllo preventivo della magistratura contabile. Anche in questo caso, se la risposta non arriva entro trenta giorni, il richiedente viene esentato da ogni responsabilità, anche per tutti gli atti conseguenti al primo. La terza: il dirigente non interloquisce con la Corte, adotta l’atto illegittimo e poi viene indagato e condannato per danno erariale. In questo caso, il ddl Foti stabilisce che – nel caso in cui il dirigente non abbia agito con dolo o di illecito arricchimento – il risarcimento non sia equivalente al danno provocato, ma «per un importo non superiore al 30 per cento del pregiudizio accertato e, comunque, non superiore al doppio della retribuzione lorda conseguita nell'anno». Riprendendo l’esempio: il dirigente dovrà risarcire al massimo 198mila euro, ma solo se il suo stipendio è di circa 100mila euro l’anno. Nel caso in cui il dirigente ne guadagni, per esempio, 50mila, la Corte dei conti potrà condannarlo a pagare solo 100mila euro. Questo solo in teoria, però. La Corte dei conti contro la maggioranza: «La riforma incide sugli equilibri costituzionali» Le assicurazioni Qui entrano in fatti in gioco le assicurazioni. Il ddl Foti, infatti, all’articolo 1 prevede che «chiunque assuma un incarico che comporti la gestione di risorse pubbliche dalla quale discenda la sua sottoposizione alla giurisdizione della Corte dei conti è tenuto a stipulare, prima dell'assunzione dell'incarico, una polizza assicurativa a copertura dei danni patrimoniali cagionati dallo stesso all'amministrazione per colpa grave. Nei procedimenti per i danni patrimoniali, l'impresa di assicurazione è litisconsorte necessario». Tradotto: il dirigente, sempre il nostro dell’esempio, di cui è stata accertata la colpa grave, non pagherà un euro di tasca propria. Perché il 30 per cento del danno cagionato o le due annualità di stipendio verranno versate tramite la polizza assicurativa. Nel progetto del governo, dunque, tutti coloro che gestiscono risorse pubbliche dovranno assicurarsi per colpa grave. Amministratori, dirigenti e funzionari pubblici garantiranno un flusso inesauribile di premi assicurativi per le assicurazioni che, nel caso in cui si trovassero a risarcire, pagherebbero appunto solo il 30 per cento o la doppia annualità. Un regalo non indifferente per le compagnie assicurative, per le quali il ddl sembrerebbe scritto: l’assicurazione, infatti, predisporrà le polizze calcolandole sempre solo sul 30 per cento, mentre tutto il resto del danno graverà sulla collettività. Tuttavia il testo sta correndo veloce in commissione al Senato e l’intenzione della maggioranza è quello di arrivare all’approvazione entro fine ottobre, così da non finire impantanati nella sessione di bilancio. Per questo si è chiuso lo spiraglio di disponibilità che inizialmente era stato aperto per approvare alcuni emendamenti dell'opposizione. Con un rischio concreto, però: scontrarsi presto o tardi con la Corte costituzionale, come fanno notare fonti parlamentari che si sono occupate del dossier. Il ddl, infatti, presenta profili evidentemente problematici con riferimento agli articoli 97 e 100 della Carta, che garantisce il «buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione». A farlo notare sono già state le Sezioni Riunite in sede consultiva, che nel loro parere anno sottolineato come «ogni limitazione automatica della condanna rischierebbe di minare l’efficacia della giurisdizione contabile, compromettendo la tutela delle risorse pubbliche e il principio di responsabilità degli amministratori pubblici, nonché la sana gestione delle risorse pubbliche». In ogni caso l’obiettivo del governo è chiaro: sollevare l’ennesimo scudo, questa volta per gli amministratori che, già protetti dalla paura della firma, potranno sentirsi immuni anche dal controllo contabile. Colletti bianchi, è liberi tutti. Abuso d’ufficio e danno erariale: ecco il pacchetto impunità