Per chi fa il tifo il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nella corsa al cancellierato tedesco dopo sedici anni di regno incontrastato in Germania e in Europa di Angela Merkel? Gli ultimi sondaggi, tra cui quello della Insa effettuato per conto del tabloid Bild, indicano la Spd al primo posto e la Cdu al secondo. Il Partito socialdemocratico sarebbe al 26 per cento rispetto al 20,5 per cento dei cristiano-democratici e al 15 per cento dei Verdi. I liberali si collocano al quarto posto con il 12,5 per cento.

In queste ultime fasi della campagna elettorale più aperta degli ultimi sedici anni in Germania oltre al sorpasso Spd nei confronti della Cdu si è visto un leggero calo dei consensi nei confronti dei Verdi, attualmente più vicini al 15 che al 20 per cento ma che potrebbero recuperare come segnale di rottura dopo anni di immobilismo politico e centralità della leadership merkeliana.

La candidata alla cancelleria dei Verdi, Annalena Baerbock, è all’attenzione dei media internazionali e va segnalato che il Financial Times, il quotidiano della City, ha dedicato ai Grünen il 13 settembre un lungo articolo dal titolo emblematico: La strana coppia: come i Verdi tedeschi hanno abbracciato il business, cioè come il partito, ecologista e fautore della spesa pubblica, ha messo sul piatto miliardi di investimenti statali per la transizione ambientale e per preservare il clima dopo le terribili inondazioni che hanno colpito alcune zone settentrionali della Germania, coinvolgendo nei progetti di riconversione energetica le grandi società tedesche, quelle dell'indice Dax (Deutscher Aktien Index), composto dai 30 titoli tedeschi a maggiore capitalizzazione quotati alla Borsa di Francoforte.

Ma perché i democratici americani e Biden in particolare dovrebbero puntare a un successo dei Verdi tedeschi alle elezioni politiche del dopo Merkel e mettere in un angolo Cdu e Spd o la consueta grande coalizione tra i due partiti storici del dopoguerra magari a ruoli invertiti tra chi ha il posto di cancelliere e chi quello di ministro delle Finanze?

Perché i Verdi sono favorevoli al rilancio della spesa pubblica, alla transizione verde, alla lotta al cambiamento climatico e soprattutto a una politica estera poco accondiscendente con la Cina di Xi Jinping, il maggior pericolo geostrategico per l’America. Mentre la cancelliera democristiana, Angela Merkel, ha fatto approvare lo scorso dicembre in tutta fretta, subito dopo le turbolente elezioni americane, a Bruxelles dalla commissione von der Leyen un accordo commerciale con la Cina nonostante le forti perplessità espresse alla vigilia dalla Casa Bianca.

In questa visione i Verdi tedeschi sono una sicurezza in più di un Europa filo-atlantica e schierata chiaramente e senza ambiguità neo mercantili contro le politiche espansive di Pechino in Europa.

La posizione dei democratici americani

Ma che fanno i Democratici americani in questi giorni al Congresso? Un breve riassunto potrebbe chiarire meglio la posizione di favore verso i Verdi tedeschi. I Democratici stanno faticosamente cercando una intesa tra le due anime del partito (i cosiddetti moderati e i più progressisti), per far passare al Congresso un maxi-piano da 3.500 miliardi di dollari di investimenti sociali e ambientali a cui sono associati incrementi delle tasse su aziende e redditi più elevati. Una politica di rottura che mette la parola fine alla riduzione di tasse dell’era Trump che con quella mossa suggerita dalle banche d’investimento americane si era acquisito i consensi e il silenzio della Corporate America.

Il piano democratico ipotizza che l’aliquota per le società venga alzata al 26,5 per cento, dal 21 mentre per i redditi delle persone fisiche l’aliquota massima dovrebbe passare al 39,6 per cento dal 37. La sinistra democratica, con Wall Street che supera ogni record, vorrebbe anche tassare maggiormente i capital gain.

Tra i sostenitori di questa svolta radicale c’è ovviamente il senatore Bernie Sanders, che vede nel progetto, come lo stesso presidente Biden che dopo il voto ha sterzato a sinistra, un modo per rafforzare la giustizia sociale e la transizione energetica.

Tutto questo si coniuga con la manovra su un piano infrastrutturale bipartisan da mille miliardi su trasporti e altri servizi, già approvato dal Senato a fine agosto. Naturalmente gli aumenti di tasse non copriranno tutte le maggiori spese sociali ed questo uno dei motivi del ritiro militare dall’Afghanistan che consentirà, con la riduzione dei costi della difesa, maggiori manovre di bilancio sul fronte interno.

Baerbock, sì a bond comuni permanenti in Ue

Se i Democratici americani si muovono nel solco dell’aumento delle spese pubbliche, della transizione ecologica e dell’aumento delle imposte ai super-ricchi e alla corporate America, anche i Verdi tedeschi sono il partito tedesco più in sintonia con questa visione da New Deal rooseveltiano. Un esempio? Presto fatto. Sul Recovery fund da 750 miliardi di euro complessivi, deciso a Bruxelles tra mille resistenze dei paesi “frugali” durante la pandemia, i Verdi tedeschi ritengono che dovrebbe diventare "permanente" con i relativi eurobond (la maggior emissione obbligazionaria della Ue) ed essere utilizzato per due diversi obiettivi: gestire in comune le future crisi economiche e finanziare gli investimenti transnazionali che riguardano soprattutto le infrastrutture comuni.

Lo ha sostenuto apertamente e in modo molto analitico la verde Annalena Baerbock nel corso di un'intervista concessa alla Suddeutche Zeitung. Un punto di novità da non trascurare dopo gli anni del pareggio di bilancio scritto in Costituzione per volere di Wolfgang Schäuble, ex ministro delle Finanze e ideologo dell’austerity e dell’economia sociale di mercato.

Ovviamente la Germania non dovrebbe però assumere debiti di altri paesi, ha specificato Baerbock rassicurando un elettorato che da sempre teme che la Germania sia chiamata a pagare per debiti delle “cicale mediterranee” o da chi vive al di sopra i propri mezzi facendo debiti che non potrà mai ripagare. Con le obbligazioni comuni, gli eurobond, si dovrebbero finanziare investimenti europei, sia nei trasporti che nel potenziamento delle energie rinnovabili, anche nel comune interesse economico e di competitività in rapporto alla Cina.

Ecco qui apparire la differenza di fondo con la Cdu di Merkel che non vedeva la Cina come una rivale geopolitico ma come un concorrente commerciale e un partner economico con cui dialogare e cercare di entrare nel suo ricco mercato interno in una divisione dei ruoli tra produttori di beni di alta gamma (tedeschi) e quelli di fascia bassa (cinesi).

Per questa diversa impostazione in politica estera più filo-atlantica e vicina alla visione americana, la Baerbock ha escluso una possibile coalizione con la Linke, la sinistra radicale, perché «se non si può rendere sicura la capacità di agire di un governo in politica estera, non ci sono le premesse per un governo» ha detto. In altri termini Baerbock ha escluso di poter fare un governo con la Linke perché il partito di sinistra non hanno mai nascosto la propria vocazione antimilitarista e anti-Alleanza Atlantica.

In questo modo, Baerbock ha ristretto le opzioni di coalizione del candidato cancelliere del socialdemocratico Olaf Scholz, ministro delle Finanze dal 2018 con Merkel. Scholz non ha, infatti, escluso in linea di principio di formare un governo con la Linke. Allo stesso tempo, l’esponente della Spd ha sottolineato come tale accordo sarebbe possibile soltanto ad alcune condizioni, come la garanzia dell'impegno della Germania nella Nato, nell'Ue e nell'alleanza con Washington. La Sinistra della Linke invece chiede lo scioglimento del Patto atlantico e la sua sostituzione con un sistema di sicurezza collettiva, di cui faccia parte anche la Russia. Posizioni inaccettabili per la Spd e soprattutto per i Verdi.

Verdi come ago della bilancia

Se è vero che il socialdemocratico Olaf Scholz ha battuto anche al secondo duello tv Armin Laschet, candidato della Cdu dimostrandosi "più convincente" i Verdi sono sempre in corsa e il futuro della Germania resta ancora molto aperto. I Verdi sono stati ben rappresentati nel dibattito tv del 12 settembre da una Baerbock parsa ad alcuni commentatori "fresca", "simpatica" e come sempre con le idee chiare.

Per altri invece i Verdi sono rimasti prigionieri del duello tra Scholz e Laschet con il primo che tacciava il ministro delle Finanze di populismo e l'altro che gli dava del "disonesto" sul piano intellettuale. Eppure tra i due litiganti potrebbe essere Baerbock a emergere o a farsi valere in possibili coalizioni perché depositaria di una ricetta innovativa fatta di spesa pubblica, di transizione energetica, di europeismo fiscale e filo-atlantismo convinto. 

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