In attesa delle mosse di Berlino e Bruxelles. Audi e Volkswagen sospendono l’esportazione negli Stati Uniti e raccomandano lo svuotamento dei magazzini dei rivenditori sul territorio americano
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Eccoci con il nostro appuntamento settimanale su cosa sta succedendo in Germania. Mentre continuano le trattative per la formazione di un governo tra Spd e Cdu dopo che alle elezioni il partito di Friedrich Merz è arrivato primo, sul piano internazionale i dazi di Donald Trump continuano a fare notizia. Gli Stati Uniti vogliono colpire l’automotive – settore principe dell’economia tedesca – e applicare in generale il 20 per cento di barriere commerciali ai beni importati dall’Europa. Un’ottima ragione per accelerare sul tavolo di lavoro della politica. Nel frattempo, Audi ha messo in pausa le esportazioni. Ma parliamo anche del dibattito culturale su un’esibizione di un noto comico tedesco.
Höchste Eisenbahn
C’è un modo di dire, in tedesco, «Höchste Eisenbahn«, che si usa per indicare una fretta urgentissima. Letteralmente vuol dire «treno urgentissimo», ma è un modo di dire che deriva da una pièce teatrale dell’autore berlinese Adolf Gassbrenner, Ein Heiratsantrag in der Niederwallstraße, in cui un personaggio molto confuso, che scambia continuamente le parole, arriva a dire «è treno urgentissimo, l’ora è arrivata già tre ore fa» (sì, la traduzione non rende benissimo il gioco di parole, ma ci siamo capiti).
Tutto questo per dire che è decisamente Höchste Eisenbahn per la formazione del governo: l’ha riconosciuto anche Friedrich Merz, che si trova attualmente tra l’incudine (la Spd che non vuole cedere sulle sue richieste) e il martello (l'opposizione interna al suo partito e AfD, che gli mette pressione da destra). Anche perché serve una posizione forte sui dazi, l’ha già chiesta a più riprese l’economia tedesca. Abbiamo fatto il punto per voi sull’avanzamento delle trattative qui.
Un’Autobahn di rischi
Già, i dazi. Il settore automobilistico è tra i più colpiti dalle nuove iniziative di Trump e l’automotive tedesco, in attesa delle mosse di Berlino e Bruxelles, si muovono per tutelarsi dalle barriere commerciali. La più veloce ad agire è stata Audi, che ha sospeso le proprie consegne negli Stati Uniti: i rivenditori dovranno smaltire il magazzino che, secondo i calcoli, dovrebbe durare per un paio di mesi. Audi non ha impianti propri negli Usa: il suv Q5 viene prodotto in Messico, ma la maggior parte dei prodotti arrivano dalle fabbriche tedesche, ungheresi e slovacche.
Anche la casa madre del gruppo, Volkswagen, ha informato i propri rivenditori americani della possibilità che potranno gravare spese aggiuntive sui prodotti in futuro. Anche per quanto riguarda Vw, poi, sono sospese le consegne dal Messico e dagli Stati Uniti, almeno fino a metà aprile, quando sarà presa una decisione definitiva sulla linea da tenere in fatto di decisioni dei prezzi.
Cosa si può ancora dire?
Uno show per il compleanno della televisione pubblica ha provocato un piccolo caso nel weekend: durante lo spettacolo è intervenuto anche l’attore Dieter Hallervorden, che in uno sketch ha impersonato un personaggio in una prigione “woke”. In realtà, il testo è noto (e leggendario): si tratta di Palim, Palim!, un classico di Hallervorden, che però l’attore ha pensato bene di adattare – dal suo punto di vista – ai tempi moderni introducendo di proposito due parole controverse come la “parola della N” e quella “della Z”, come vengono citati in tedesco termini dispregiativi per i neri e le persone di etnia Rom e Sinti.
Il personaggio di Hallervorden spiega ai suoi compagni di cella di essere stato condannato per aver detto Negerkopf e Zigeunerschnitzel. Vi riportiamo le espressioni in maniera chiara soltanto per poter raccontare meglio questa storia: il primo è un dolce ripieno di panna ricoperto di cioccolata fondente che oggi si chiama “Schaumkuss”, bacio di schiuma, ma una volta veniva descritto come “testa di n.”. Vicenda simile per la “cotoletta all’ungherese” con una salsa di paprika una volta denominata “alla zigana”.
«Se avessi saputo che quelle cose non si dicono più...» dice il personaggio, per poi menzionare esplicitamente i termini discutibili. Il fatto di utilizzarli consapevolmente come provocazione ha suscitato pesanti critiche da parte di utenti social e testate giornalistiche, mentre l’attore ottantanovenne si è difeso facendo appello al diritto di fare satira. La Ard, l’emittente che l’ha mandato in onda ha sposato quella linea: «Ha esagerato il tema dell'evoluzione della lingua e ha utilizzato termini che oggi per ottime ragioni non sono più attuali, ma in quel contesto satirico sono stati usati consapevolmente come provocazione» si legge in una nota, in cui comunque la tv prende posizione contro il razzismo e per la diversità.
«Ogni gag ha la sua data di scadenza» ha detto una volta Otto Waalkes, un altro famoso comedian tedesco, dopo che certi suoi pezzi che prendevano di mira le minoranze sono state riproposti nella piattaforma digitale del servizio pubblico con un avviso ad hoc: «Il programma che segue viene mostrato nella sua interezza in quanto oggetto storico del palinsesto. Contiene passaggi che oggi vengono considerati discriminatori». Forse, anche per il pezzo di Hallervorden è arrivata la data di scadenza.
Esibizione controversa
Domenica scorsa è stato commemorato l’ottantesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Buchenwald. L’occasione, che ricorda l’ingresso dei carri armati dell’esercito americano l’11 aprile 1945, è stata celebrata con tutti gli onori del caso: sono intervenuti l’ex presidente federale Christian Wulff, il governatore della Turingia Mario Voigt e la sopravvissuta Naftali Fürst. Ma l’evento ha dato vita a un caso diplomatico: è stato infatti vietato di intervenire al filosofo Omri Boehm. La ragione: l’opposizione dei rappresentanti del governo israeliano.
Secondo Tel Aviv, Boehm paragona l’Olocausto e la Nakba e si mette alla guida di coloro che «strumentalizzano» il ricordo della shoah: invitarlo sarebbe dunque «un’offesa eclatante della commemorazione delle vittime». In realtà, Boehm è quanto di più lontano dalle accuse del governo Netanyahu e anche le autorità del sito si sono trovate in imbarazzo. Il direttore Jens-Christian Wagner ha detto di aver ceduto alla pressione per evitare che fossero tirati dentro lo scontro dei sopravvissuti. «Togliere la parola al nipote di un sopravvissuto è la cosa peggiore a cui abbia assistito in 25 anni di lavoro sulla memoria».
Considerato anche che Boehm è anche ostile a descrivere le operazioni dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza come genocidio in virtù di una precisione estrema sui termini giuridici che secondo lui vanno utilizzati con consapevolezza e astraendosi dal piano morale e da quello ideologico, sembra più verosimile che il governo israeliano non apprezzi le critiche del filosofo al suo operato. Boehm si è infatti detto convinto che l’esercito abbia commesso gravi crimini contro l’umanità.
La taz dà notizia di un’altra brutta storia: a Magdeburgo sono state infatti sottratte cinque pietre d’inciampo piazzate sotto il Hohenstaufenring 9, dove prima di morire per mano del regime nazista abitavano Julius ed Emmy Hannach, Paul e Wally Wertheim, Arie Leo e Ruth Henschke con suo figlio Albert Max.
Le pietre – piazzate come altre centinaia di migliaia in 32 paesi diversi dall’artista Gunter Demnig – sono state rubate in pieno giorno. Non è la prima volta che succede: nell’anniversario del 7 ottobre sono scomparse tutte e dieci le pietre di Magdeburgo, ma ne sono state rubate anche a Hannover e a Krefeld, oltre che a Lipsia. Negli anni precedenti la polizia ha registrato 20-30 danneggiamenti in tutto il paese. Quando scomparvero dieci pietre tutte assieme, però, in un paio di settimane per sostituirle furono donati 50mila euro. Ogni pietra costa 120 euro, quel che è avanzato è stato donato al centro Simon Rau, un’altra istituzione dedicata al ricordo: anche stavolta, la comunità si affiderà alla beneficenza, nella speranza che non vengano nuovamente danneggiate.
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