Il partito di Alice Weidel alza il tiro e ora se la prendere con il capo dello Stato, che nel discorso per il 9 novembre richiama la necessità di non concedere potere «agli antidemocratici»
Bentrovati, eccoci il giorno di San Martino a ricordarci quando cantavamo Ich gehe mit meiner Lanterne e giravamo con la nostra lanterna, una consuetudine che si celebra ogni anno con i bambini per ricordare il santo che donò metà del suo mantello a un povero (o a celebrare con un taglio netto alle cravatte degli uomini alle 11.11 l’inizio della stagione carnevalesca se abitate a Colonia). Non possiamo che partire dal 9 novembre, in Germania contemporaneamente simbolo di rinascita – si celebra la caduta del Muro di Berlino – e di memoria e raccoglimento – è anche l’anniversario della notte dei cristalli. Ma parliamo anche degli sviluppi all’estrema sinistra dell’arco parlamentare e delle prospettive dell’economia.
L’AfD alza il tiro
Il presidente federale Frank-Walter Steinmeier nel suo tradizionale discorso per il 9 novembre ha preso fermamente posizione nei confronti di AfD, evocando la possibilità di mettere al bando il partito di Alice Weidel. Nel discorso si faceva riferimento ai pogrom contro la popolazione ebraica durante il nazionalsocialismo. Steinmeier ha anche lanciato un appello per la difesa della democrazia, tirando in ballo anche la messa al bando dell’estrema destra come “ultima ratio” di una democrazia “wehrhaft”, un aggettivo tirato spesso in ballo di questi tempi per dimostrare che lo stato tedesco ha imparato dalla storia ed è in grado di difendersi. «La nostra esperienza storica ci ha insegnato che il tentativo spericolato di ammansire gli antidemocratici concedendogli del potere non è fallito soltanto a Weimar».
Uno spunto che non è piaciuto ovviamente per niente all’estrema destra, che ha contestato il capo dello Stato, simbolo della tenuta del paese. «La democrazia in Germania è in grado di difendersi perché sopporta anche discorsi che utilizzano il giorno del destino dei tedeschi per dividere» ha detto Tino Chrupalla dopo l’intervento del presidente, tirando in ballo la libertà di parola garantita dalla Costituzione. Alice Weidel ha accusato Steinmeier di aver preso una posizione motivata da ragioni politiche. «Il rispetto dell’incarico definito nella Costituzione come sovrapartitico, vieta di entrare nel merito delle dichiarazioni di matrice politica del signor Steinmeier in occasione della giornata di celebrazione della caduta del Muro del 9 novembre 1989» ha detto la leader di AfD.
Wagenknecht in seconda fila
Da un estremo all’altro. Torniamo a parlare dopo qualche tempo di BSW, la formazione rossobruna guidata dall’ex segretaria della Linke e figura carismatica della sinistra tedesca Sahra Wagenknecht. La leader ha costruito il proprio capitale politico sul risentimento verso l’ovest nei Land “nuovi” dell’est e sulle rivendicazioni in termini di stato sociale per poi trovare una nuova primavera in un orientamento di politica estera filoputiniana, raccogliendo buoni risultati alle ultime elezioni europee e in diverse consultazioni regionali dell’anno passato, soprattutto all’est.
Ora, la situazione è un po’ stagnante. Negli ultimi sondaggi nazionali il partito galleggia tra il 3 e il 4 per cento, quindi al momento sarebbe di nuovo fuori dal Bundestag (ma le elezioni sono oggettivamente lontanissime). Attualmente, il BSW continua a chiedere il riconteggio per recuperare i quasi 10mila voti di cui avrebbe avuto bisogno per entrare in parlamento. Nel frattempo, dopo vari ripensamenti, il BSW ha deciso di rinunciare a una parte del suo fascino: il nome della sua fondatrice nella descrizione del partito. Wagenknecht ha annunciato quindi di voler rinunciare alla guida del partito, ma rimanendo comunque influente nel partito.
Effettivamente, nell’anno a venire sono in programma cinque elezioni regionali di peso dove senza l’ex leader della Linke il partito sarebbe senza una guida riconoscibile. A guidare la formazione saranno i suoi colonnelli, Amira Mohamed Ali e Fabio De Masi, ma anche con il linguaggio del corpo che ha tenuto durante la conferenza stampa Wagenknecht ha fatto capire che non ci sarà modo di fare a meno di lei, in questo partito. Per affinare il profilo del suo partito, la fondatrice chiede di mettere in piedi una commissione valoriale che definisca i punti fermi del programma. In più, il passo indietro sull’organizzazione le permetterà di non essere ritenuta responsabile di potenziali problemi che potrebbero emergere alle prossime elezioni regionali. Insomma, meno responsabilità di facciata, ma la certezza di restare comunque la mente della sua creatura: una guida nell’ombra. Wagenknecht ha tutte le carte in mano.
Buco nero
Non sembra esserci luce in fondo al tunnel per l’economia tedesca. La capacità competitiva secondo l’ultima indagine dell’istituto Ifo è al minimo storico: il 36,6 per cento degli imprenditori sostengono che la loro posizione rispetto ai paesi extra Ue sia peggiorata. A luglio erano il 24,7 per cento. Il calo di competitività rispetto ad altri paesi Ue è salito dal 12 al 21,5 per cento.
A soffrire in particolar modo sono le imprese energivore. Nel settore della chimica più di un’impresa su due segnala un calo di competitività, lo stesso vale per le aziende che vendono prodotti elettronici e ottici, dove a indicare un peggioramento è il 47 per cento. La ministra dello Sviluppo economico Katherina Reiche ha detto che ci sarà bisogno di un pacchetto di misure, una “Agenda 2030”.
L’onestà paga?
Si parla parecchio di una docuserie Netflix uscita a fine ottobre: protagonista, il rapper Haftbefehl (“mandato d’arresto”). Una storia che non ha eroi, scrive il Bayrischer Rundfunk nella sua recensione, che mette al centro il tema dell’abuso di droghe. Aykut Anhan è figlio di genitori curdi, nato vicino Francoforte e diventato alla fine degli anni Duemila uno dei principali musicisti nella scena tedesca, salvo incappare poi in una dipendenza che ha messo a rischio la sua carriera. Tour interrotti, concerti conclusi a metà, una paternità difficile.
L’impatto della serie è stato molto forte, l’artista stesso ha spiegato di essersi voluto raccontare «nella maniera giusta, dal mio punto di vista, in caso dovesse succedermi qualcosa». Sono seguite richieste da parte di spettatori più giovani di mostrare le puntate nelle scuole, anche diversi esperti del settore hanno giudicato il prodotto «utile» a illustrare i rischi delle dipendenze.
Anche diversi intellettuali e commentatori culturali hanno raccontato il prodotto. In un mondo di docuserie piuttosto artificiali, osserva per esempio la scrittrice Sophie Passman nel suo podcast dedicato alla cultura pop, quella su Haftbefehl raccoglie anche i lati meno brillanti della vita del rapper, come il momento in cui suo fratello lo ha convinto a entrare in comunità. O ancora, la consapevolezza dell’artista del difficile rapporto con i suoi figli (e di quanta parte della responsabilità di questa situazione sia sua).
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