Anche questa settimana, gli spunti per il nostro appuntamento del martedì arrivano quasi tutti dalla politica estera. Friedrich Merz (in rimonta nei sondaggi dopo il brutto momento del testa a testa con AfD) continua la sua campagna d’Europa e sembra voler puntualizzare la propria posizione sulle situazioni calde nel mondo di questo periodo in maniera chiara, o quantomeno più chiara del suo predecessore. 

Capitolo Cremlino

Innanzitutto, per quanto riguarda i rapporti con la Russia. Ieri è arrivata la notizia che il cancelliere è pronto a rimuovere i limiti di gittata delle armi consegnate a Kiev per difendersi. Un netto cambio di passo, che permetterà all’Ucraina di difendersi attaccando anche obiettivi in territorio russo: Scholz aveva sempre considerato la consegna di missili di quel livello una linea rossa da non superare. A condividere la scelta di Merz anche la gran parte degli altri alleati volenterosi, anche gli americani. Il Cremlino, dal canto suo, ha subito replicato. 

Già nelle ultime settimane il cancelliere aveva proposto un tono più aggressivo nei confronti di Mosca, contro cui l’Unione europea ha anche autorizzato un nuovo pacchetto di sanzioni. La Spd non è entusiasta: secondo alcuni parlamentari. la decisione «non è utile». Meglio puntare piuttosto sulla diplomazia. 

Da Mosca sono però arrivate nelle ultime ore minacce indirizzate direttamente a Merz: se la Germania fornirà missili Taurus, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, «bruceranno come fiammiferi» e Berlino «sprofonderà ulteriormente nella fossa in cui si trova da tempo il regime di Kiev che sostiene». Oggi, in realtà, il cancelliere ha smussato la sua dichiarazione, spiegando che le sue parole erano soltanto una presa d’atto di qualcosa che succede da tempo. In ogni caso, ha aggiunto Merz, non è in vista una soluzione a breve termine del conflitto, ma bisogna aspettarsi ancora un conflitto di lunga durata. 

Direttissima Berlino-Tel Aviv

Merz ha voluto prendere posizione anche sulle operazioni israeliane in territorio palestinese. L’ha fatto in maniera inusualmente dura per gli standard dei cancellieri tedeschi, che a più riprese hanno dichiarato che l’esistenza dello stato di Israele è ragion di stato per Berlino: di conseguenza eventuali dissensi nei confronti del governo di Tel Aviv vengono sempre maneggiati con una certa attenzione. Stavolta, invece, Merz non è andato per il sottile. 

«Francamente non capisco più quello che l'esercito israeliano sta facendo nella Striscia di Gaza, quale sia lo scopo. Attaccare la popolazione civile, come è stato sempre più il caso negli ultimi giorni, non può più essere giustificato con una lotta contro il terrorismo di Hamas» ha detto al servizio pubblico. Merz ha promesso anche che continuerà a raccomandare a Netanyahu di «non esagerare». 

Una posizione che il cancelliere oggi ha confermato, spiegando che le ritorsioni su Gaza non gli sembrano necessarie per difendere il diritto di esistenza di Israele e per combattere Hamas e che è invece cruciale consentire l’accesso degli aiuti umanitari alla Striscia. Anche in questo caso la Spd non è del tutto allineata e chiede che si faccia un passo in più e vengano sospese le forniture di armi a Israele, argomento su cui il cancelliere non si è voluto esprimere per il momento. L’ambasciatore israeliano in Germania, Ron Prosor, ha detto di voler tenere in considerazione le parole di Merz «perché è un amico».

Il più esplicito nella critica al governo Netanyahu è stato l’incaricato contro l’antisemitismo del governo federale, Felix Klein, che in un’intervista ha spiegato che «affamare i palestinesi e peggiorarne di proposito le condizioni umanitarie non ha niente a che vedere con la tutela del diritto all’esistenza di Israele. E non può neanche essere ragione di stato per la Germania». 

Fantasmi dal passato per Volkswagen, sguardo al futuro per Thyssenkrupp

Questa settimana sono arrivate le prime condanne per i manager Vw coinvolti nello scandalo delle emissioni di qualche anno fa: riguardano quattro dirigenti impegnati soprattutto nella branca dello sviluppo dei nuovi motori, dove manomettevano le letture delle emissioni delle auto prodotte. Il processo di Braunschweig è durato quasi quattro anni: tutti gli imputati hanno respinto l’accusa di frode spiegando o di aver segnalato ai propri superiori oppure di non aver saputo niente dei software manipolatori.

Non si tratta della fine della rielaborazione giudiziaria del Dieselgate: ci sono altri 31 imputati i cui casi saranno discussi in altri procedimenti. Anche il processo contro l’ex ad Martin Winterkorn è ancora in attesa di conclusione. L’azienda in sé nel frattempo continua a essere in crisi dopo investimenti mal calibrati nel mercato dell’elettrico: l’editorialista Simon Hage scrive però sullo Spiegel che attualmente la carta più efficace in mano a Vw è l’inaspettata debolezza dei suoi rivali. A soffrire è soprattutto Tesla, danneggiata anche dall’attenzione mediatica intorno a Elon Musk: in Germania, in particolare, il suo endorsement ad AfD ha fatto calare le vendite delle sue auto. Un’occasione d’oro per Volkswagen. 

Altro business, altra strategia. Anche il gigante dell’acciaio Thyssenkrupp non se la passa troppo bene: l’ad Miguel López ha proposto ora un cambiamento profondo nella struttura del gruppo. L’intenzione è quella di tirare a bordo nuovi investitori per ogni branca della società, affidando per esempio la proprietà del business dell’acciaio in parte alla holding Epg, e cambiare la condizione della Materials Services, cioè il commercio di acciaio e altri materiali, e dell’attività di fornitura al mercato automobilistico Automotive Technology in modo da renderle autonome sul mercato dei capitali. Stesso discorso per Decarbon Technologies: l'obiettivo è sempre trovare nuovi fondi pur mantenendo la quota di maggioranza. 

Si sono però già alzate voci critiche: i sindacati si sono sentiti messi da parte. Altri detrattori hanno osservato che la strategia rischia di portare a una spaccatura del gruppo che non vale l’iniezione di capitali che López sta cercando di ottenere per finanziare la transizione green. 

Rischio bevuta

Chiudiamo con la proposta del Bundesrat, quindi il ramo del parlamento che raccoglie le rappresentanze dei Land, che vuole punire l’impiego di droga dello stupro nell’ambito di reati di furto e di tipo sessuale in maniera più pesante. L’aggravante, secondo quanto si legge nel testo, varrebbe almeno cinque anni. La proposta è stata stesa dalla Renania settentrionale-Westfalia ed è stata poi adottata dalla maggioranza delle altre rappresentanze delle regioni. 

Finora, l’aggravante era prevista solo per punire l’impiego di armi: la ragione dell’allargamento è legata anche ai rischi sanitari che comporta l’assunzione di droga dello stupro, soprattutto se combinata con alcol o con sedativi, che può arrivare a mettere in pericolo la vita della persona. All’origine della decisione di procedere del Bundesrat c’è anche un pronunciamento della Corte di giustizia federale che l’anno scorso ha scelto di non intervenire sulla fattispecie di reato in esame nonostante dell’impiego di droga dello stupro. Ora il testo passa a governo e Bundestag, ma se dovesse essere approvata, non sarà più possibile che accada di nuovo.

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