L’automotive barcolla: a mettere in ginocchio il settore sono la concorrenza cinese, lo scarso interesse per l’elettrico e i dazi americani. Risultato: sono a rischio investimenti e posti di lavoro. L’unica soluzione che ha in mente il governo Merz è quella di allontanare la transizione e, potenzialmente, provare a sovvenzionare la produzione di acciaio green
La nostra settimana comincia inevitabilmente dal 7 ottobre, e dal significato molto rilevante che il legame con Israele mantiene per la Germania. Come in Italia (ma forse con una spigolatura più improntata al legame tra i due stati, oltre che alla cultura ebraica come parte integrante della società tedesca), i contributi sui giornali per ricordare l’anniversario sono parecchi. Ne abbiamo scelto uno che problematizza anche il modo in cui il governo tedesco sta gestendo la questione mediorientale. Parliamo anche di economia e della riforma del servizio di leva, che è in discussione al Bundestag.
Questione di distanza
La Tagesschau analizza il rapporto (già complesso di suo) tra Germania e Israele alla luce delle complicazioni che si sono aggiunte negli ultimi due anni a seguito dell’intervento militare nella Striscia. Secondo un sondaggio, il 63 per cento dei tedeschi ritiene che Tel Aviv abbia esagerato sul piano militare, decine di migliaia di persone continuano a scendere in piazza ogni settimana. Figure illustri, esperti, scienziati e diplomatici hanno firmato un appello per chiedere uno scarto dalla traiettoria dei rapporti – tutti improntati sulla protezione di Israele come ragion di stato introdotta per la prima volta da Angela Merkel anni fa – del governo tedesco con le vicende mediorientali.
Anche perché, mentre l’operato del governo Netanyahu viene ampiamente criticato a tutti i livelli, sono aumentati i crimini legati all’antisemitismo e anche le istituzioni ebraiche si sentono più minacciate. Una china inaccettabile per il governo tedesco, come dimostra anche l’intervento commosso del cancelliere Friedrich Merz alla sinagoga di Monaco.
Vi segnaliamo anche l’editoriale della Zeit su questo anniversario. Jörg Lau ha fatto a lungo l’inviato in Israele e analizza il cambio – quasi impercettibile da fuori, ma percepibile alle orecchie di chi ha più affinità con l’approccio tedesco alla questione – di tono del governo Merz sull’invasione israeliana della Striscia “da fuori”. La sua tesi sembra paradossale: Lau vorrebbe contemporaneamente più empatia e più distanza dalla linea di Israele. Da un lato, sostiene, certe prese di posizione sulle operazioni mirate di Tel Aviv in Libano e in Iran – come quella dell’ex ministra degli Esteri Annalena Baerbock che ne ha contestato l’utilità in termini di sicurezza – sono «assurde».
Dall’altro, per l’editorialista c’è bisogno di più distanza e più fermezza nelle sanzioni sul governo di Netanyahu per quanto riguarda l’occupazione di Israele e gli abusi sui palestinesi. Dal suo punto di vista, non è più tempo di nascondersi dietro la ragion di stato, né di aggrapparsi all’abusata formula della solidarietà nei confronti dell’”unica democrazia in medio oriente”. «La democrazia israeliana è messa a rischio da un governo democraticamente eletto, come accade anche in tanti altri paesi», scrive. Per Lau il cambio di approccio è un buon inizio ed è un bene che accada sotto la guida di un governo cristianodemocratico, visto il saldo legame che unisce la Cdu a Tel Aviv, ma va cercato un nuovo corso che unisca vicinanza con chiarezza.
Quando l’automotive chiama
Continuano i guai economici per Friedrich Merz. Il cancelliere insiste ancora sull’opportunità di mettere definitivamente da parte l’addio ai motori termici nel 2035 deciso dall’Europa, una decisione «sbagliata», che però il suo ministro dell’Ambiente continua a difendere.
Per Merz, che ha dato mandato alla sua ministra dell’Economia di firmare assieme al ministro per lo Sviluppo economico italiano Adolfo Urso una lettera indirizzata a Bruxelles in cui si chiede una revisione della traiettoria dello sviluppo dell’automotive nei prossimi anni, è essenziale portare a casa qualche passo avanti entro giovedì 9 ottobre, quando incontrerà i pezzi grossi del settore presso la cancelleria.
Il partner di maggioranza socialdemocratico è meno granitico sull’opportunità di guadagnare tempo per l’industria automobilistica che ha già le mani piene con la crisi che dura ormai da mesi ed è ulteriormente messa in difficoltà dai dazi voluti da Trump tanto da prendere in considerazione il taglio di numerosi posti di lavoro. Per risollevarla, Merz è disposto quasi a tutto: in primis, ritardare la transizione verso l’elettrico.
I problemi delle aziende tedesche sono parecchi, innanzitutto la concorrenza della Cina sulla produzione di batterie: per quelle prodotte in Germania la domanda è talmente bassa che la produzione negli stabilimenti Volkswagen di Zwickau e Dresda è stata interrotta lunedì per una settimana. In futuro, scrive la stampa tedesca, gli aiuti all’automotive potrebbero essere però anche collegati con quelli all’industria dell’acciaio: l’Ue potrebbe essere disposta a chiudere un occhio nei confronti dei produttori d’auto se almeno questi decidessero di fare uso di acciaio green, è il ragionamento.
Il dilemma della leva
La Bundeswehr vorrebbe arrivare all’inizio degli anni Trenta ad addestrare 40mila reclute di leva l’anno. Attualmente sono appena 11mila, motivo per cui è in discussione al Bundestag un testo che ampli la platea su cui potranno contare le forze armate tedesche in futuro. Il disegno di legge tuttavia fa fatica ad arrivare in assemblea perché, a differenza della Spd, dove c'è un sostanziale consenso sull’opportunità di procedere con un servizio militare volontario, nella Cdu/Csu le opinioni divergono.
Il ministro degli Esteri Johann Wadephul e il capogruppo Jens Spahn hanno già chiesto che la nuova legge preveda la leva obbligatoria, ma c’è anche chi vorrebbe adottare il modello svedese, insistendo sul sistema della “leva contingente”, che riguarda solo i migliori di un certo anno di nascita. Insomma, c’è ancora parecchio da discutere per arrivare a una linea unica, foss’anche una posizione che prevede di emendare il testo in maniera significativa prima dell’approvazione definitiva, almeno dal punto di vista della Cdu.
Per i socialdemocratici, in particolare per l’amatissimo ministro della Difesa Boris Pistorius, i tempi sono invece già più che maturi: per lui, tanto varrebbe a questo punto portare il testo in aula e discutere in quella sede eventuali proposte di emendamento. I temi aperti per la Spd sono anche altri: c’è per esempio lo status delle potenziali reclute, da premiare con un incarico da “soldati a tempo” e una paga migliore.
L’idrogeno non è sexy
In questo numero parecchio improntato all’economia vi segnaliamo anche uno sviluppo che riguarda gli investimenti in rinnovabili. Il gigante energetico Rwe ha deciso di rinunciare alla possibilità di acquistare ammoniaca verde – prodotta cioè in maniera sostenibile – da un consorzio che la realizzerà in Namibia. La ragione sta nella scarsa vivacità del mercato europeo per l’idrogeno: secondo l’azienda, la domanda per l’idrogeno verde (da cui si produce l’ammoniaca verde) si sta sviluppando in maniera più lenta del previsto.
Originariamente, l’investimento del potenziale cliente avrebbe dovuto prevedere la possibilità di acquistare 300mila tonnellate di ammoniaca l’anno, ma ora sembra che senza sovvenzioni pubbliche lo sbarco massiccio dell’idrogeno verde sul mercato tedesco continui a restare lontano. D’altra parte non è nemmeno sicuro che il consorzio voglia procedere davvero alla realizzazione dell’impianto, per cui per il momento i lavori sono ancora a zero. Il prodotto, si legge in un report realizzato per il ministero dello Sviluppo economico, rimane troppo costoso rispetto alla disponibilità dei potenziali clienti finali. Il problema è che il ministero non ha nemmeno proceduto ancora a calcolare gli investimenti che sarebbero necessari per rilanciare il settore.
Chiudiamo con una notizia di sport. Angelo Carotenuto nel suo Slalom racconta Satou Sabally, secondo la Süddeutsche Zeitung la giocatrice con il carisma più grande di tutte nella sua squadra e tra gli innesti tedeschi al campionato di basket femminile americano, la Wnba. Figlia di un gambiano e una tedesca e nata a New York, guida le Phoenix Mercury, ed è lei che detta la linea quando la sua squadra deve segnare ai playoff. Una storia da non perdere.
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