La nuova settimana porta a Friedrich Merz diverse occasioni per mostrarsi efficiente all’elettorato tedesco e convincerlo che le sue iniziative possano rilanciare l’economia e il ruolo della Germania sul piano geopolitico. Mercoledì si riunisce per la prima volta il Consiglio nazionale di sicurezza, il nuovo organismo immaginato dal cancelliere per rivoluzionare la gestione di politica estera e servizi segreti, mentre per giovedì è in programma un vertice del settore dell’acciaio, altro settore in grave crisi (ulteriormente peggiorata dai legami con il fragile automotive) che spera in una mano dall’esecutivo. Uno sguardo anche all’Austria – e alla crisi del suo panorama mediatico. 

Quanto respingere? 

In attesa di trovare la quadra su un pacchetto di misure che possano ridare slancio all’economia tedesca e dare il via all’”autunno delle riforme” di cui per il momento nella grande coalizione non c’è traccia, la Cdu si è di nuovo divisa sul tema della sicurezza. Stavolta al centro della discussione ci sono i siriani che hanno cercato rifugio in Germania. Durante un viaggio nel paese che si sta riprendendo da una lunga guerra civile, valutando il grado di distruzione, Johann Wadephul aveva messo in dubbia la possibilità che a breve i rifugiati possano fare rientro nel loro paese d’origine.

Una crepa nella volontà del suo partito di alzare il tiro in termini di rimpatri dei migranti, anche confidando nella volontà dei rifugiati di ricostruire il loro paese. Per il ministro è improbabile che a breve un numero elevato di siriani decida di tornare in patria, anche se Damasco è molto interessata al rientro dei giovani siriani educati in Germania. Discorso diverso per gli autori di reati gravi, per il cui espatrio il ministero degli Esteri sarebbe già in contatto con gli omologhi siriani.

Ultimi metri

Vi segnaliamo anche un’interessante colloquio dello Spiegel con il presidente federale Frank-Walter Steinmeier. Grande amico di Sergio Mattarella, come in Italia il suo ruolo è a un altro livello rispetto a quello governativo e il suo secondo mandato - che a differenza di quello italiano dura solo cinque anni - è quasi in scadenza. Alcuni osservatori sono stati piuttosto critici nei suoi confronti ultimamente, accusandolo di aver portato avanti due mandati dimenticabili.

Lo Stern l’estate scorsa ha titolato «Dobbiamo ancora aspettarci qualcosa?» e a quanto riferisce lo Spiegel, Steinmeier vorrebbe che la sua eredità fosse più tangibile di così. E così, si sta trasformando in una specie di “allenatore“ del governo, insistendo con Merz perché avvii anche un progetto di riforme sociali. Ironia della sorte, perché durante la sua carriera nella Spd Steinmeier è ricordato soprattutto per la sua collaborazione con Gerhard Schröder, cancelliere di due governi rosso-verdi a inizio anni Duemila. Esecutivi noti per le riforme lib-lab del mercato del lavoro, all’epoca pesantemente criticate ma che in retrospettiva hanno contribuito a rilanciare l’economia tedesca e farla passare da uomo malato d’Europa a locomotiva, sia pure a un prezzo pesante da pagare in termini sociali.

Ora Steinmeier avrebbe addirittura presentato proposte proprie durante i frequenti appuntamenti con i vertici di governo: un modo per imparare dagli errori del suo impegno governativo dell’epoca? Forse. Resta il fatto che i tagli al welfare promessi da Merz per il momento non stanno avendo luogo nella maniera in cui li aveva immaginati la Cdu. Forse in attesa di un programma più ampio, meno drastico nelle conseguenze sociali, più coraggioso. Come vorrebbe il presidente.

La ragazza che sussurrava a Musk

Un’altra storia ci ha colpito questa settimana, quella della “sussuratrice di Musk“ Naomi Seibt. L‘influencer di estrema destra è ormai figura di riferimento nel mondo Maga-Musk e si autodefinisce consigliera del tecnomiliardario. Ora Seibt ha chiesto asilo politico negli Stati Uniti dopo una carriera velocissima nell’universo dell’estrema destra: da Youtuber anti-cambiamento climatico si è guadagnata il palco dei negazionisti di Eike che ogni anno si riuniscono a Monaco già nel 2019. Di se stessa dice che già nel 2015 aveva messo in dubbio la politica migratoria del governo Merkel.

Da allora ha diffuso sul suo canale YouTube complottismi di varia natura, soprattutto su clima e migranti, ed è finita per ricevere anche un premio per giovani poeti organizzato da AfD. A sostenere il partito di Alice Weidel è anche sua madre, che l’ha sostenuta nella sua brillante carriera scolastica, durante la quale ha saltato la prima elementare e si è diplomata a 16 anni con il voto più alto. Dopo il 2021, quando YouTube ha chiuso il suo canale, è progressivamente migrata verso X, dove oltre a coltivare i contatti con i nuovi volti dell’estrema destra, per esempio l’austriaco Martin Sellner ha aperto un canale anche con il padrone del social network, Musk.

Diverse volte ha risposto o ripreso suoi tweet, tra le altre cose per raccomandare ai tedeschi di votare AfD prima delle elezioni, ma Seibt ha fatto parlare di sé anche per aver segnalato una gag di un comico tedesco a proposito dell’attentato a Trump nel 2024. Non è chiaro se la sua richiesta d’asilo sia realmente motivata o solo un modo per attirare l’attenzione sulla sua attività, ma l’impressione è che di Seibt sti sentirà parlare ancora a lungo.

I giornali degli altri

Trecento giornalisti in meno. In Austria la situazione dell’editoria è piuttosto grave: il dramma riguarda anche tante testate anche di primo piano. La ragione va cercata in un sistema dopato dai contributi pubblici, oltre che dallo stato di salute dall’economia in generale.

I numeri parlano chiaro: nel primo semestre 2025, il governo nazionale e quelli regionali hanno speso solo 3,2 milioni di euro invece dei 18,7 dello stesso periodo dell’anno precedente. Un calo di oltre 15 milioni di euro, l’equivalente di parecchi stipendi di giornalisti. Il nuovo governo nazionale è in carica da marzo scorso, ma il ministro dei Media, il socialdemocratico Andreas Babler, ha spiegato di voler cambiare linea sulla «diffusione disordinata di inserzioni» e ha motivato la decisione con la necessità di risparmiare. 

In un sistema che è molto dipendente dai finanziamenti pubblici la decisione del governo formato da conservatori, liberali e socialdemocratici rischia però di creare grossi problemi. È una questione annosa: lo strumento non è stato infatti ridiscusso neanche dopo un grosso scandalo scoppiato durante il mandato dell’ex cancelliere Sebastian Kurz, accusato di aver beneficiato grazie alle inserzioni di stampa positiva e sondaggi falsati in un tabloid. Ma l’assenza di un dibattito sull’argomento ora lascia i gruppi editoriali senza un piano B: le sovvenzioni hanno permesso alle testate tradizionali di rimanere ancorate alla carta senza bisogno di sperimentare prodotti nuovi o spostarsi sul digitale. 

Le conseguenze fanno male: i giornalisti si trovano a dover coprire tanti argomenti differenti e, con meno tempo a disposizione, il prodotto rischia di perdere qualità. Di conseguenza i clienti disposti a pagare sono sempre meno, racconta una sindacalista austriaca alla Taz. La soluzione potrebbe però arrivare dallo stesso ministero che ha tagliato i finanziamenti: in questi mesi è infatti un discussione una legge che garantisca la consegna dei giornali stampati in ogni città e in ogni valle del paese, per dare accesso alla democrazia a tutti i cittadini. Il sindacato chiede anche incentivi per favorire gli abbonamenti alle testate, oltre a invitare i gruppi editoriali a fare squadra per muoversi contro la concorrenza delle piattaforme online che beneficiano degli investimenti pubblicitari dei privati. 

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