Sono molti i fattori che rendono la democrazia tedesca una delle più sane d’Europa. I programmi in supporto alle associazioni civiche, il rigore accademico delle fondazioni politiche, il lauto finanziamento pubblico ai partiti, calcolato sui risultati delle ultime due tornate elettorali: queste sono tutte infrastrutture legali che danno uno spessore intellettuale al personale di partito, rendendolo più o meno competente anche in tempi volgari.

Il baluardo contro la volgarità non ha però mai impedito la proliferazione di corruzione e opacità nei partiti. Certo, la Bundesrepublik del 2021 è molto lontana dai traffici d'influenza e le relazioni incestuose fra industria, politica ed ex nazisti che appestava la vecchia repubblica di Bonn. Le macchine di partito rimangono però strutture pesantemente burocratiche che servono prima di tutto interessi particolari, sorrette da amicizie ambigue fra privati e politici. Il declino dei partiti di massa e il tonfo nelle iscrizioni hanno messo a nudo il lato meno popolare delle organizzazioni politiche: a Cdu è stata lungo descritta come “Kanzlerverein”, il circolo del cancelliere, per indicare come l'unico comun denominatore di un movimento politico che va dal cristianesimo sociale alla xenofobia cattoevangelica sia un rapporto parassitario con il potere. Gli altri partiti non sembrano ormai più da meno – non fanno eccezione i Verdi, che già si stanno allegramente spartendo la torta del governo ancora tutto da vincere, e neppure i liberali, che in Turingia hanno provato a far eleggere presidente uno dei loro dalla destra più stralunata del continente europeo.

Elezioni “strane”

Ma questi sono tutti problemi di secondaria importanza per il vostro inviato. In effetti, il periodo elettorale in cui ci troviamo (soprattutto in questo anno spartiacque) dovrebbe essere quello più sublime per chi si interessa di politica in Germania. In tempi normali, le vette idealiste della lotta elettorale sarebbero complementari all’oscurità della lotta fratricida per un posto nelle liste elettorali; la fedeltà di attiviste e attivisti per il partito, il narcisismo di chi concorre per le preferenze, il trionfo e l’abisso della politica.

Ma il Covid-19, dopo averci rubato un anno della nostra vita, ci ha anche sottratto questa gioia da political junkie. Con una campagna limitata, ci sarà ben poco volantinaggio e mobilitazione di massa. In questo deserto politico, tutto quello che rimane è la cruda Realpolitik. Come un teatrino di pupi in cui rimangono solo i fili, mai come oggi è evidente l’angosciante verità alla base della democrazia parlamentare tedesca: il sistema partitico è alimentato più da un kitsch identitario che vero entusiasmo ideologico.

A riprova di ciò, il vostro inviato ha passato buona parte dell’ultima settimana a navigare l’angolo forse più oscuro del web tedesco, più pacchiane delle chat neonaziste della polizia renana e peggio programmate del software per il contact tracing dell’Asl di Berlino-Pankow: gli shop online dei partiti federali. Una delle numerose stranezze di una repubblica federale è quanto i partiti ne rispecchino la struttura istituzionale. I partiti locali tedeschi, molto più che in Italia o in Francia, godono di una forte autonomia decisionale e di finanziamenti dal centro. Ciò può essere un problema quando si vuole mandare un messaggio comune all’elettorato, o come minimo mantenere un’identità grafica comune in tutto il paese.

Realtà federale

A dimostrazione della potenza del mercato, i partiti federali hanno quindi stabilito degli shop online in cui poster, bandierine e simili vengono venduti a prezzi calmierati agli iscritti. In un certo senso si tratta di una redistribuzione dei fondi dai Land a Berlino (anatema in qualsiasi altra discussione politica), perché gli iscritti possono farsi rimborsare dalla federazione del proprio Land, lasciando al partito federale abbastanza risorse per mettere su progetti più ambiziosi – la Spd, ad esempio, ha un fondo per progetti elettorali “innovativi”.

Una parte consistente di questi shop è però degenerata in qualcosa di più profondamente identitario. Tazze, cravatte, poster per casa, sottopiatti – i partiti di questo paese hanno ormai abbracciato il principio più travolgente del marketing contemporaneo: «Non vendere un prodotto, ma uno stile di vita». Questo adagio è tanto più vero per un sistema partitico che per anni ha costruito il proprio consenso e ricambio di risorse umane su un sistema di borse di studio che permette a schiere di giovani di finanziare i propri studi e intraprendere i primi passi nel mondo del lavoro sotto uno stendardo di un partito.

La necessità di vendere gadget e materiali da regalo con cui tappezzare la propria casa rappresenta una reazione sguaiata alla consapevolezza che questo sistema, che ha per anni socializzato braccia e menti alla politica, è entrato in profonda crisi. È una crisi che tocca tutti, che va dai socialdemocratici (che marchiando i propri membri vogliono dimostrare di averne ancora) fino ai Verdi (che in qualche modo devono integrare e standardizzare le migliaia di giovani nuovi iscritti entrati dopo Fridays for Future). Trasmettere valori ideologici attraverso un pantheon mitico di grandi eroi come Willy Brandt, Helmut Kohl o Rosa Luxemburg non è necessariamente possibile in una società liquida, parafrasando Zygmunt Bauman. Ma l’appartenenza a un partito può tornare ad avere un significato se corrisponde all’aderenza a un codice estetico, al vestire la tradizione ideologica conservatrice (o progressista) ancor prima di pensarla, di montare la politica nella propria identità dichiarata.

I prodotti

Può essere che la salvezza della democrazia partitica passi quindi dalla mercerizzazione dell’appartenenza politica? O ci troviamo di fronte alla fine dei partiti come unità organizzativa?  Lasciamo alla lettrice o al lettore l’ardua sentenza. Nell’attesa, riportiamo qua una lista rappresentativa dei prodotti per il quale il sottoscritto richiederà un rimborso spesa alla redazione di Domani. Per scopi giornalistici, ovviamente.

- Die Linke – estrema sinistra.

Borsone da palestra KRL MRX (7,50€)

Caramelle “Propaganda” (10€/kg)

Nota: accedendo al sito appare un banner in cui il partito postcomunista e anti libero mercato annuncia una campagna sconti in vista della campagna elettorale. 

- FDP – liberale

Cravatta di seta giallo canarino (12,50€)

Test rapido per il covid (23,80€).

Nota: 5 test rapidi (da aumentare a 10 nel caso il partito superi la soglia di sbarramento per il municipio di Berlino)

- AfD – estrema destra

Metro da architetto “La nostra patria” con bandiera tedesca (5€)

Tazza “Lo zio Gauland vuole te – per la tua patria!” (7,50€).

Nota: il leader del partito Gauland è famoso per essere stato abbandonato da gran parte dei propri amici storici e familiari dopo essere passato dalla Cdu all’AfD. Che cerchi compagnia?

CDU – centro

Temperino di plastica (40€)

Nota: negli anni Novanta Friedrich Merz spiegava che la Cdu avrebbe semplificato il sistema d’imposte al punto da poter scrivere la propria dichiarazione dei redditi su un sottoboccale per birre. Immaginiamo che anche il temperino sopracitato costi così tanto per scopi fiscali.

- CSU – centro (Baviera)

Campanello per la bici (4,99€)

Oggetti per cancelleria biosostenibili (prezzi vari)

Nota: Si nota la reinvenzione di Markus Söder come leader della destra ambientale.

- Verdi – ambientalismo

Preservativi vegani in plastica sostenibile (0,45€ cad.)

Vasetto di miele biologico “Bee my friend” (4€/40g)

Nota: È evidente che dirsi membro dei Verdi, a differenza degli altri partiti, non pone automaticamente fine ad appuntamenti per il tè o occasioni più galanti.

- SPD – centro-sinistra

Tostapane rosso (32,90€)

Foto edizione limitata “Helmut Schmidt che fuma nell’ombra” (49,50€)

Poster “Willy Brandt con mandolino” (9,90€)

Piastra per Waffel (49,90€)

Nota: Anche nel merchandising, i socialdemocratici sono permeati di nostalgia per il passato, quando i metalmeccanici Bosch votavano in massa a sinistra ed essere un leader di sinistra era accompagnato da una charme maschia e virile.

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