È ormai più di un mese che liberali (Fdp), socialdemocratici (Spd) e Verdi (Grünen) contrattano per formare un nuovo governo. La disciplina dei negoziatori è ferrea, il silenzio tombale: non è trapelato quasi nulla che permetta ai media di capire su cosa si stia negoziando. In mancanza di nuove notizie molti giornalisti sono tornati a discutere di un conflitto che, se tutto procederà come attualmente previsto, sarà fra gli ultimi a essere risolti: chi occuperà la poltrona del ministero delle Finanze, uno dei dicasteri più potenti d’Europa. Tra i favoriti ci sono il leader dei liberali Christian Lindner e il co-segretario dei Verdi Robert Habeck.

I commentatori politici hanno ormai trasformato la ricerca delle divergenze fra i due su disciplina di bilancio, investimenti pubblici e altre importanti questioni politiche in una disciplina quasi olimpica. Un elemento su cui però tutti sembrano concordare è che lo scontro sotterraneo fra Habeck e Lindner, che per ora non si sono espressi sulla questione, è legato anche alla loro natura di “maschi alfa” della politica tedesca. Questa tesi è avvalorata anche da una serie di immagini. Ha generato molte ironie la foto della squadra, guidata da Lindner, con cui i liberali hanno partecipato ai primi colloqui di coalizione: la delegazione era completamente al maschile, come del resto lo è quasi tutta la segreteria Fdp.

Allo stesso tempo, a sinistra in molti hanno reagito con rabbia alle interviste in cui Habeck si è prestato a commentare il fallimento della sua cosegretaria Annalena Baerbock, candidata alla cancelleria per i Verdi. Una presa di posizione che molti hanno visto come una stigmatizzazione degli errori di Baerbock dovuta al solo fatto di esser donna. 

Il ritorno dei leader forti

In molti vedono la prominenza di questi due leader forti come la vera cesura rispetto agli anni di Merkel, una donna notoriamente sostenitrice della politica del compromesso. Quest’analisi rimane in superficie: proprio Merkel è stata per anni bollata come una “mangiatrice di uomini” sui generis per aver eliminato gran parte dei suoi avversari interni, così come i potenziali successori.

Questo linguaggio sessista rivela un approccio abbastanza costante nella politica tedesca, che in ogni caso sembra strutturalmente portata a incoraggiare l’emergere di figure politiche “forti”. Sono ormai anni che il sistema istituzionale tedesco vede uno spostamento del peso politico dalle deliberazioni parlamentari al decisionismo governativo. Secondo un sondaggio Ipsos di quest’anno, poi, il 36 per cento dei tedeschi adulti vorrebbe un leader forte che “riprenda in mano” il paese; condivide quest’opinione un numero simile di persone anche tra i giovani, cioè nell’elettorato chiave di Verdi e Fdp.

È anche possibile che la caotica gestione dei lockdown, causata dal sistema federale, abbia alimentato il desiderio per figure più autoritarie. E se si guarda all’urgenza della crisi ambientale e alla faticosa digitalizzazione tedesca, le due principali sfide che si pongono rispettivamente Verdi e liberali, è chiaro perché per affrontarle gli elettori cercano un leader forte. 

È però legittimo descrivere Habeck e Lindner come “macho”?  Si tratta sicuramente di figure atipiche per gli standard tedeschi. Angela Merkel e Kevin Kühnert (ma anche Helmut Schmidt e Konrad Adenauer) sono (stati) personaggi estremamente carismatici, nel senso weberiano del termine: dotati di una straordinaria qualità umana e preparazione fanno sembrare le loro capacità quasi soprannaturali rispetto a quelle di altri politici. Il governatore bavarese Markus Söder, l’ex cancelliere Gerhard Schröder o Helmut Kohl derivano invece la propria autorità da un modo di essere molto macho, una sicurezza di sé ostentata fieramente attraverso attributi considerati tipicamente maschili come la forza fisica, l’arroganza, la resistenza all’alcool.

Maschi riluttanti

Lindner e Habeck non corrispondono a nessuno di questi modelli: la formazione del nuovo governo è la prima grande sfida che dovranno affrontare per dimostrare le proprie qualità. E nel loro percorso hanno fatto di tutto per mostrarsi come l’opposto di un macho, a dispetto di quanto raccontato dai media e spesso in contraddizione con loro stesse azioni.

Lindner, ad esempio, ha dovuto far molto per allontanare da sé il sospetto di maschilismo. Si è dovuto particolarmente impegnare l’anno scorso, quando ha deciso di sostituire la segretaria generale del partito Lina Teutenberg con uno dei suoi fedelissimi dopo solo un anno. Ringraziandola per il lavoro aveva commentato con un brutto doppio senso, spiegando come si fossero svegliati insieme ben trecento volte. Intendeva certo i briefing mattutini, ma si è comunque dovuto scusare per la battuta spinta. Da allora ha dichiarato di aver avuto un confronto sempre più intenso con posizioni femministe grazie alle opinioni della seconda moglie. Rivendica anche con fierezza il fallimento della sua seconda start-up, spiegando che il fallimento fa parte del percorso di ogni imprenditore: una presa di posizione decisamente poco machista.

Habeck, da parte sua, ha sempre insistito molto sulla propria virilità “dolce”. Lo scrittore ha steso molti dei suoi libri a quattro mani con la moglie e sottolinea il ruolo paritario che hanno avuto nel crescere i figli. Habeck si è sempre impegnato per rivalutare in maniera positiva il ruolo dell’uomo nella società contemporanea, sottolineando come il femminismo debba comunque tener conto dei danni che la mascolinità tossica fa prima di tutto gli uomini e alla loro percezione di sé stessi. Al contempo il cosegretario è stato accusato di volersi porre in questa maniera proprio per “guadagnare punti” con l’elettorato progressista, complice un’ampia documentazione social delle scelte non machiste.

Virilità intellettuale

Ma da dove proviene allora questa “virilità” che pure i due sembrano proiettare? Pur non rifacendosi a forme di mascolinità “classica”, entrambi hanno voluto mostrarsi come uomini dalla risposta pronta, necessari al paese per analizzarne i problemi e proporre soluzioni non banali: sono Besserwisser, saccenti. Lindner lo ha dimostrato abbandonando i colloqui di coalizione nel 2017, spiegando che è meglio non governare che governare “male”, abbandonando cioè il dogma del rigore fiscale. Habeck ha invece deciso di rinunciare alla candidatura da cancelliere, lasciandola alla collega Baerbock, in nome dei principi femministi del partito. Entrambi sono riusciti a rendersi protagonisti del momento rinunciando al potere, confermando però l’idea di una propria infallibilità sul piano intellettuale. Il sacrificio ne ha rafforzato le credenziali da leader forti, e ora sono pronti a incassare con il premio più adatto a un Besserwisser: il ministero delle Finanze, l’unico che controllando il budget può influenzare tutti gli altri dicasteri.

Lindner e Habeck hanno ragione a ritenersi, anche a ragione, fini menti analitiche e a trarre da questa consapevolezza il carburante della propria virilità. È forse questo il segreto del nuovo machismo tedesco: gli “uomini forti” funzionano quando la loro arroganza puntella la superbia intellettuale degli elettori progressisti.  

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