Tre ore di ritardo per l’inizio del Consiglio dei ministri, trascorse a occuparsi non tanto della crisi sociale, che pure è quello che Mario Draghi confida di temere di più, ma di un condono fiscale confezionato da una parte della sua maggioranza per rispondere al proprio elettorato nel mezzo della più profonda crisi economica del secondo dopoguerra.

L’occasione che il primo ministro ed ex presidente della Bce ha pensato come primo incontro con la stampa, oliato dalla presentazione di un pacchetto di aiuti atteso da due mesi, si è trasformata in un’altra giornata complessa per l’esecutivo dopo la quantomeno discutibile gestione della vicenda del vaccino AstraZeneca.

Oltre due mesi di attesa

Il governo era arrivato a scrivere il decreto Sostegno con una lista di interventi a favore di imprese e lavoratori già in parte previsti dal vecchio esecutivo, ma che il governo Draghi aveva l’obiettivo di migliorare, semplificando e rendendo più rapidi gli interventi.

Tuttavia con il passare dei mesi – l’intervento era atteso da metà gennaio – la norma ha iniziato a includere interventi su fronti molto diversi. Se la migliore strategia di ripresa economica al momento è un buon piano di vaccinazione, allora è facile capire perché il decreto approvato includa cinque miliardi per le vaccinazioni e il via libera alle somministrazioni in farmacia. Non altrettanto si può dire del condono dei 66 milioni di cartelle fiscali fino a cinquemila euro non pagate dal 2000 al 2015 che era apparso in una prima bozza, sostenuto da Forza Italia – «imprescindibile», lo ha definito il partito di Silvio Berlusconi – Lega e anche dal Movimento 5 stelle.

«Chirirugico e mirato»

Sulla misura a favore di chi non ha pagato il fisco in anni in cui la crisi pandemica neanche avremmo potuto immaginarla, c’è stato uno scontro. Draghi si è trovato nella posizione di cercare un compromesso che potesse mettere d’accordo la maggioranza. Il Partito democratico che con Iv e Leu si trovava a difendere il fronte anti condono nel tardo pomeriggio ha ceduto, dicendosi pronto a un condono che ha definito «chirirugico e mirato». La proposta era ottenere almeno un tetto di reddito per lo sconto fiscale e limitarlo alle cartelle non pagate fino al 2010. Compromesso, in effetti molto simile, a quello che Draghi secondo fonti governative aveva proposto alla Lega durante i colloqui preliminari al consiglio dei ministri: condono solo per chi ha un reddito fino a 30 mila euro e scadenza temporale al 2011. Il partito di Salvini però era pronto a rifiutare anche la condizione che tentava di rendere la misura più digeribile dal punto di vista dell’equità sociale. Assieme alla Lega anche Forza Italia ha sostenuto la sanatoria fino all’ultimo e ha chiesto e ottenuto anche la decontribuzione per gli agricoltori.

Alle sette e mezza di sera il premier ha infine incassato una intesa sul compromesso, aggiungendo al pacchetto un altro decreto, redatto assieme alla Agenzia delle entrate per rendere più efficace la riscossione ed evitare che si accumulino cartelle non riscosse. «Lo stato non ha funzionato», spiegherà più tardi in conferenza stampa.

Secondo gli esperti il condono vale circa 1 miliardo, cioè la stessa cifra con cui il decreto rifinanzia il fondo per il reddito di cittadinanza, di cui ormai beneficiano in Italia 1,5 milioni di nuclei famigliari. I numeri della crisi economica e sociale sono tali che Draghi ha varato il decreto che vale uno scostamento di bilancio da 32 miliardi già annunciando che ne servirà uno successivo per nuovi interventi.

«Se davvero si vuole intervenire a favore di chi ha pagato la crisi si cancelli le imposte future, non le evasioni conclamate e certificate degli anni passati», dice l’ex ministro Vincenzo Visco, che fa notare che le cartelle sono cumulabili, quindi uno stesso soggetto può aver evaso ben più dei 5mila euro. Il decreto approvato invece, per ora, rinvia il pagamento delle tasse fino ad aprile, per un costo totale che secondo la relazione è di circa 1,32 miliardi.

Pd, Leu e Iv, avevano concordato nello stralcio di tutte le cartelle non più esigibili cioè di tutte quelle che non potevano più essere riscosse perché attinenti a imprese fallite o persone defunte, pari a circa l’80 per cento di quello che viene definito il magazzino fiscale dell’agenzia delle entrate, cioè il non riscosso.

Gli aiuti alle imprese

Il decreto in ogni caso comprende molto altro e finalmente archivia il sistema rigido dei codici Ateco. Sono previsti versamenti diretti per tutte le imprese, partite Iva e professionisti con un fatturato fino a 10 milioni di euro che nel 2020 hanno registrato un calo di fatturato medio annuo rispetto al 2019 almeno del 30 per cento.

3 miliardi sono destinati a finanziare la proroga della cassa integrazione Covid: tutti potranno usufruire di altre 13 settimane tra aprile e giugno e al massimo 28 settimane tra aprile e dicembre. Per le aziende che si possono avvalere della cassa integrazione ordinaria il blocco dei licenziamenti è previsto fino a fine ottobre per chi invece non è tutelato e usufruisce della cassa Covid.

Indennità agli intermittenti

Gli intermittenti, gli autonomi senza partita Iva e gli stagionali riceveranno un’indennità di 2.400 euro. Oltre al finanziamento del fondo per il reddito di cittadinanza e all’ampliamento delle possibilità di accesso al reddito di emergenza per chi ha usufruito prima delle indennità di disoccupazione e per chi è in affitto, viene anche aumentato di 50 milioni il finanziamento del fondo per la sostenibilità del pagamento degli affitti per gli immobili nei comuni ad alta tensione abitativa: serve come contributo a chi riduce i canoni di affitto. Tutte misure che per essere finanziate hanno bisogno di chi paga le tasse.

 

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