Sei sindacalisti di base agli arresti domiciliari e due con divieto di dimora a Piacenza e obbligo di firma. È successo ieri all’alba dopo la richiesta di custodia cautelare emanata dalla procura di Piacenza, guidata dalla procuratrice capo Grazia Pradella.

Si tratta di 4 dirigenti dei Si Cobas, il coordinatore nazionale Aldo Milani e tre dirigenti del sindacato piacentino, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli, e di 2 dell’USB, Roberto Montanari e Issa Abed.

Con la scusa del Pnrr cancellano i diritti dei lavoratori

Ieri durante una conferenza stampa in questura la procuratrice ha illustrato la base dell’inchiesta che riguarda eventi che vanno dal 2016 a oggi. «I primi danneggiati sono i lavoratori», ci tiene a sottolineare Pradella ribadendo più volte che non si tratta di un’inchiesta «contro il sindacato, ma contro alcuni dirigenti» e che anzi questo potrebbe servire a portare i sindacati a trovare nuovi dirigenti «più trasparenti».

Opposta naturalmente la posizione dei sindacati in questione: Roberto Luzzi portavoce nazionale dei Si Cobas parla di «un’inchiesta pretestuosa, come già fu quella di Modena in cui si prova ad ascrivere ai sindacati di base teoremi che si rivelarono inesistenti». A Modena fu incriminato e completamente assolto lo stesso coordinatore Si Cobas messo agli arresti ieri, Aldo Milani per una tangente che si rivelò una trappola organizzata.

«Se la procura ripete più volte che non è un attacco al sindacato, mi viene da dire excusatio non petita, accusatio manifesta», dice Pierpaolo Leonardi dell’USB, «A un certo punto nell’ordinanza si cita come atto estorsivo lo sciopero che l’USB ha fatto per ottenere i buoni pasto da 4 euro e mezzo. Se un’organizzazione sindacale non può fare lotte per ottenere miglioramenti salariali e diritti perché viene interpretato come atto estorsivo si pone le basi per un teorema di gravità costituzionale. Si rovescia la costituzione e si contesta il diritto di sciopero».

«Conflitto non ammesso»

«Il conflitto sociale non è ammesso in questo paese, punto», così l’avvocato di Roberto Montanari, Marco Lucentini. «È questa secondo me l’unica chiave di lettura: il conflitto sociale e i soggetti che muovono il conflitto sociale non sono legittimati ad esercitare i loro diritti normalmente». Non solo, si utilizza l’associazione a delinquere, continua l’avvocato per utilizzare strumenti di indagine estremamente invasivi come le intercettazioni: «Questo è un salto di qualità preoccupante».

Foglio di via al sindacalista dei lavoratori della logistica

«A Piacenza», dice in conferenza stampa la procuratrice Pradella, «USB e Si Cobas nelle varie aziende della logistica attuano pratiche di conflittualità con il solo scopo di acquisire più tessere. Si organizzano blocchi o picchetti all’una o all’altra azienda solo per fare più tessere».

I versamenti al sindacato

Non solo, sostiene la procura, le indagini patrimoniali hanno rilevato che molti soldi delle conciliazioni arrivavano al sindacato e transitavano per i conti privati. Almeno viene imputato il passaggio di soldi dal sindacato alla moglie di un dirigente. Nell’ordinanza effettivamente vengono riportate moltissimi versamenti al sindacato da varie aziende per importi di decine di migliaia di euro.

«Il problema è che in questo settore sistematicamente si ruba ai lavoratori», spiega Roberto Luzzi Si Cobas, «ovvero il contratto è difficilmente applicato in via regolare per quanto riguarda straordinari, livelli contrattuali eccetera. Per questo si fanno vertenze sindacali per costringere l’azienda a “conciliare” ovvero a non pagare multe, ma a pagare almeno il dovuto».

I sindacati di base lottano ancora per Adil

La procura invece sostiene che le aziende pagavano esasperate dalle proteste, dai blocchi e dai picchetti. «Il loro core business è la velocità», spiega Pradella, «quindi preferivano pagare che subire il picchettaggio».

«Certo se l’arrivo del pacchetto di Amazon ritarda di un giorno non si può parlare di interruzione di pubblico servizio», dice ancora Leonardi USB, «invece è lì che vogliono arrivare, a limitare l’attività di sciopero». «La logistica non è un settore qualunque», continua, «la maggioranza della maestranza è immigrata quindi ricattabile, le cooperative sono solite fare intermediazione illecita di manodopera (caporalato, ndr) ed è un terreno di infiltrazione della camorra, noi abbiamo fatto più esposti in merito, tanto che esiste una commissione parlamentare sulla logistica».

Eppure la procura insiste su un quadro criminogeno fatto di attività in cui alla Leroy Merlin si riuscirebbe a far pagare un milione e mezzo di euro. E nelle conciliazioni uno dei dirigenti imputati avrebbe preso molto di più rispetto ai lavoratori “normali”.

«Le indagini patrimoniali sono suggestive», spiega Eugenio Losco, avvocato dei Si Cobas, «in pratica non rientrano nei capi d’imputazione, né quello né la “guerra delle tessere” che è una parte dell’inchiesta secondo me allucinante. Ovviamente tutti i sindacati mirano ad avere più tesserati, anche la Cgil e la Cisl. Per quanto riguarda i soldi del sindacato, se c’è stato qualcuno che li ha usati male, non ha rilevanza penale, casomai ha rilevanza per il sindacato».

In effetti sebbene nell’ordinanza si parli spesso di ritorni economici e dei vantaggi che arrivano dal maggiore tesseramento («la maggiore rappresentatività sindacale costituisce elemento ricattatorio» si legge in un punto) le imputazioni sono di associazione a delinquere per violenza privata, interruzione di pubblico servizio e sabotaggio. «In pratica sono gli strumenti del conflitto sociale», conclude Leonardi.

Molte le iniziative di protesta previste da USB e Si Cobas contro questi arresti. Sono previsti presidi di fronte alle prefetture di molte città e sabato ci sarà una manifestazione a Piacenza.

 

© Riproduzione riservata