Quanto più hanno avuto margine di manovra sui vaccini, tanto poco sono stati finora consultati sul piano di ripresa e resilienza. Il governo di Mario Draghi ha cercato di recuperare con il primo faccia a faccia con le regioni e gli enti locali, quindi i rappresentanti dei comuni e delle province, sul Pnrr, dopo che c’erano stati solo alcuni incontri bilaterali coi ministri. Con il risultato che le province, quelle cancellate negli annunci ma mai cancellate nei fatti, hanno presentato le loro priorità al governo – solo quella di Bolzano aveva 47 progetti -, i comuni hanno chiesto il trasferimento diretto dei fondi a loro e le regioni, dalla Lombardia all’Emilia Romagna, hanno domandato di semplificare le procedure. Prima di loro il parlamento aveva persino proposto la sospensione totale al codice degli appalti, bocciata dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini.

Il confronto con gli enti locali è una tappa obbligatoria nella stesura del Piano di ripresa nazionale. Il premier Draghi che conosceva bene la questione aveva anticipato un primo contatto durante le consultazioni per la formazione del governo. Ma finora non c’era stato un confronto specifico, quello di ieri è stata l’occasione di riprendere il filo interrotto.

A ormai meno di un mese dalla consegna del piano alla Commissione, il ministro agli affari regionali Mariastella Gelmini ha detto: «Siamo convinti che per progettare e gestire un piano così importare ci voglia il coinvolgimento fattivo di tutti i livelli istituzionali. Vogliamo colmare un gap che abbiamo ereditato dal passato, vogliamo conoscere le vostre priorità».

La ministra ha detto che la presenza di Draghi e degli altri ministri era la dimostrazione della disponiblità del governo. Al vertice oltre a Gelmini e Draghi erano presenti il ministro dell’Economia, Daniele Franco, a cui è affidata la regia del piano nazionale di ripresa, il responsabile della Salute, Roberto Speranza, la ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, il ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e ancora quello della cultura, Dario Franceschini e il ministro dell’innovazione tecnologica Vittorio Colao. Ma mentre spiegava di voler colmare il gap di confronto e collaborazione sul piano Gelmini ha anche dovuto ammettere che «i tempi sono stretti» e le discussioni non potranno andare all’infinito.

Regioni supervisori

Con gli enti locali, il premier ha parlato di continuità su alcune parti del Piano del governo precedente e forte discontinuità su altre. Il premier è entrato più nei dettagli parlando della governance del piano. Da una parte, ha spiegato, c’è una struttura centrale, che è responsabile di quello che potremmo chiamare l’ultimo miglio del sistema: l'invio delle richieste di pagamento a seguito del raggiungimento degli obiettivi. Accanto alla struttura centrale ce ne è una seconda che si occupa della valutazione. Agli enti locali, invece, spetterà la responsabilità di singoli progetti e investimenti in base alle competenze e della rendicontazione che invieranno a livello centrale.

Nei mesi passati le regioni avevano, invece, sperato che a loro fosse affidata direttamente la gestione di una parte del pacchetto di Next Generation Eu e cioè i 13 miliardi di fondi di React Eu: finanziamenti aggiuntivi della politica di coesione, e quindi su base territoriale, destinati soprattutto al Sud, e da spendere nel 2021, 2022, 2023, che il governo precedente aveva fatto rientrare nei calcoli complessivi per arrivare al compromesso tra le forze politiche. Avranno invece competenze limitate, ma un ruolo di sorveglianza sugli obiettivi, e dovranno coordinarsi con gli altri attuatori dei progetti, province e comuni.

In linea con quanto già previsto nel piano approvato dal consiglio dei ministri in gennaio, saranno previste delle task force di supporto alle pubbliche amministrazioni per accelerare le procedure e la capacità di investimento.

Per le fasce deboli

«Il rapporto tra governo e Regioni deve essere di collaborazione, altrimenti queste sfide non si vincono», ha detto il primo ministro che ha insistito su alcune priorità: prima di tutto politiche a favore delle fasce deboli, tra le quali un piano di edilizia sociale e pubblica. E poi il rafforzamento dei centri per l’impiego, l’accelerazione della ricostruzione ancora da completare delle aree terremotate, la connessione capillare a fibra ottica, in particolare nel Mezzogiorno.

Draghi ha detto che come italiani dobbiamo riconquistare la credibilità persa sulla capacità di investire. Ma il problema è se questa capacità di investire debba passare dalla sospensione delle regole, da una loro semplificazione e quale sia il compromesso da trovare. Ma questo è solo il primo incontro di una serie: al prossimo fissato per mercoledì dovrebbero partecipare Colao, il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani e quello del Lavoro, Orlando.

 

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