Il presidente di Stellantis, John Elkann, e l’a.d. di Renault, Luca De Meo, hanno lanciato, in un’intervista congiunta al quotidiano francese Le Figaro, un grido d’allarme sul settore auto in Europa. Partendo dal livello di vendite ancora inferiore agli anni pre-Covid i due costruttori fanno alla politica due richieste, entrambe non nuove: un annacquamento della transizione elettrica e un ammorbidimento delle norme di sicurezza per vendere auto da città a un prezzo più basso.

L’appello della coppia contiene una sorta di proclama politico in chiave anti-tedesca. «Tra i costruttori europei ci sono due scuole di pensiero – dice De Meo – Quella di Stellantis e Renault, che vogliono produrre auto popolari in Europa e per l'Europa. E quella dei marchi premium (i tedeschi, ndr), per i quali l'Europa conta certamente, ma la cui priorità è l'esportazione. Da vent'anni, è la loro logica che ha dettato la regolamentazione del mercato». 

La divergenza di interessi con la Germania prosegue sul tema dei dazi: Italia e Francia hanno appoggiato i dazi Ue anti auto cinesi, mentre la Germania ha votato contro per non danneggiare gli interessi dei suoi costruttori in Cina. Il risultato è stata una misura relativamente “morbida” rispetto ai dazi del 100 per cento imposti dagli Stati Uniti fin dalla presidenza Biden (misura che non ha per ora fermato la crescita delle vendite cinesi in Europa).

Il mercato dell’auto

L’incubo cinese è tanto più minaccioso nell’attuale fase di stagnazione. Elkann sostiene che «il mercato europeo è in calo ormai da cinque anni» e «al ritmo attuale potrebbe più che dimezzarsi nell'arco di un decennio».

In realtà il mercato dell’auto è ciclico: vent’anni fa l’Europa (compresi Regno Unito ed EFTA) valeva 15-16 milioni di auto l’anno; nel 2013 era già scesa a poco più di 12 milioni. Dopo essere risalita fino a 16 milioni nel 2019, la mazzata del Covid ha portato le vendite a poco più di 11 milioni nel 2022, ma l’anno scorso il mercato è risalito a sfiorare i 13 milioni.

Elkann forse la spara un po’ grossa perché proprio Stellantis è in grande difficoltà e sta perdendo da tempo quote di mercato (15,5 per cento nel primo trimestre dal 17,6 per cento di un anno prima). Il senso del campanello d’allarme è in una frase che Elkann butta lì a fine intervista: «Se la traiettoria [del mercato] non cambia, nei prossimi tre anni dovremo prendere decisioni dolorose per la nostra struttura produttiva».

La transizione ecologica

Oltre alla concorrenza cinese i costruttori vorrebbero allontanare la transizione ecologica. «L’Ue si è concentrata nella sua legittima ambizione ambientale – argomenta Elkann – sul solo tema delle auto nuove e sul solo obiettivo dei veicoli a zero emissioni».

De Meo arriva a usare contro la transizione un argomento tipico della polemica anti BEV (Battery Electric Vehicle), ovvero il «perché proprio noi?». «Se l’obiettivo è la riduzione globale dell’impatto carbonio – dice De Meo – l’Europa ha ancora molto da fare» e «non bisogna credere che l’auto da sola sia la soluzione miracolosa». L’auto da sola non sarà miracolosa ma il settore dei trasporti ha un peso significativo sul totale delle emissioni di CO2 (25 per cento) e soprattutto è l’unico che dal 1990 le ha aumentate invece di ridurle.

Le regole europee

Quanto alle regole, De Meo arriva a sostenere che «ci sono cento nuove norme che entreranno in vigore di qui al 2030 e che faranno aumentare i prezzi delle nostre auto del 40 per cento». Il manager chiede tre cose: primo, «qualsiasi nuova regola deve applicarsi sono ai veicoli nuovi e non a quelli già sul mercato»; secondo, regole per pacchetti e non in ordine sparso; terzo, uno «sportello unico» a Bruxelles invece delle varie direzioni all’interno della Commissione.

La tesi è che «le regole europee fanno sì che le nostre auto siano sempre più complesse, sempre più pesanti, sempre più costose». All’aumento di peso ha contribuito peraltro largamente il passaggio dalle berline e auto da città ai SUV, graditi ai costruttori perché garantiscono più profitti.

La soluzione? Il manager italiano di Renault propone da tempo di introdurre una categoria di auto, come esiste in Giappone, con peso, dimensioni e dotazioni limitati. De Meo si chiede: «La mia Renault 5 deve reagire in caso di urto frontale come una berlina di alta gamma il cui cofano è tre volte più lungo! È fisica. Dovrei fare un cofano in tungsteno?».

Auto piccole più leggere e con meno dotazioni, anche se meno sicure, permetterebbero di limare i costi. Ma chi potrebbe essere interessato a un ibrido fra una Panda e un quadriciclo, magari con divieto di usarlo in autostrada?

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