Ci provò perfino Jean-Paul Belmondo. Ma neppure l’anziano e fascinoso attore, cliente di un esclusivo bagno di Juan les Pins, in Costa azzurra, riuscì nel 2017 a salvare gli stabilimenti balneari francesi dal famigerato “décret plages”, il cosiddetto decreto spiagge varato dal governo Chirac nel 2006, lo stesso anno della direttiva europea Bolkestein, per liberalizzare il settore balneare.

La scadenza fu fissata nel 2020 e la protesta degli imprenditori, spalleggiati dai qualche vip, montò negli anni a ridosso della definitiva applicazione della norma. Ma con scarso successo. Un po’ perché i gestori dei bagni in Francia non sono tantissimi, la maggioranza delle spiagge sono libere e gestite dalle amministrazioni pubbliche. E poi perché quando lo Stato transalpino decide una cosa, mettersi di traverso serve a ben poco. Soprattutto quando, come in questo caso, si fanno gli interessi della collettività e non di un manipolo di imprenditori.

Così a far rispettare la norma ci hanno pensato le prefetture e i comuni, usando anche i bulldozer. Senza riguardi per nessuno. Ad esempio, i bagni Bretagne Beach del leader dei gestori di Juan les Pins, Bernard Matarasso, sono stati abbattuti nel 2018 per fare spazio ad una spiaggia libera. Invece nel dibattito italiano sulla liberalizzazione del settore balneare, la parte delle vittime la fanno i titolari degli stabilimenti, mentre degli utenti nessuno se ne occupa. È dato per scontato che per accedere al mare un italiano debba mettere mano al portafoglio. E se vuole usufruire di una spiaggia pubblica potrà contare su ben pochi servizi. Il turista, del resto, non vota nei comuni delle riviere, mentre chi possiede e lavora negli stabilimenti balneari sì.

Il caso Liguria

Un caso emblematico è quello della Liguria, costellata da un migliaio di bagni privati e da solo 230 spiagge libere, di cui la metà attrezzate. Un’industria che dà lavoro a migliaia di famiglie. Non stupisce dunque che il presidente della regione Giovanni Toti, dopo l’approvazione dell’emendamento al disegno di legge sulla concorrenza che conferma la decadenza dei rinnovi delle concessioni al 31 dicembre 2023, abbia scandito queste parole: «L’amministrazione regionale ligure è da sempre in prima fila nella difesa della peculiarità e del valore delle nostre imprese balneari e continuerà a esserlo».

Nessun accenno alla difesa dei turisti e al loro diritto di usufruire delle spiagge senza pagare dazio, anche se devono versare la tassa di soggiorno. Del resto, la Liguria non è particolarmente celebre per la gentilezza con cui vengono trattati i vacanzieri.

Se un turista vuole trascorrere una giornata ai Bagni Lido Alassio, dovrà sborsare dai 40 ai 65 euro, a seconda della fila più o meno vicina al mare,  per ombrellone, due lettini e una sedia. Se invece desidera abbonarsi per un mese, dovrà spendere dai 1.100 ai 1.700 euro. Spostandoci un po’ verso ovest, ai Bagni Delfino di Diano Marina due lettini e un ombrellone costano al giorno dai 38 ai 48 euro, mentre a Bordighera, presso i bagni San Marco Beach, la tariffa scende a 30 euro al giorno per cabina e ombrellone, oppure a 763 euro al mese.

Oltre il confine un altro pianeta

Se però si percorrono ancora 23 chilometri, si sbarca in un altro pianeta. La Francia, dove la maggioranza delle spiagge deve essere a disposizione di tutti, a dimostrazione che un altro modo di concepire il rapporto tra mare e utenti è possibile. Al di là del confine la legge prescrive che almeno l'80 per cento della lunghezza del litorale e della superficie della spiaggia deve rimanere libero da qualunque struttura, equipaggiamento o installazione.

Per gli stabilimenti privati sono permessi solamente equipaggiamenti e strutture amovibili o trasportabili, che non presentano alcun elemento in grado di ancorarle in modo durevole al suolo e «il cui valore sia compatibile con la finalità accordata al bene demaniale rispetto alla durata della sua occupazione».

Inoltre ogni installazione montata sulla spiaggia deve essere concepita in modo da poter permettere, alla fine del periodo di vigenza del rapporto, il ritorno dell'area allo stato iniziale: la superficie della spiaggia deve essere infatti libera da ogni struttura per un periodo, definito nella concessione, che non può eccedere i sei mesi. La durata delle concessioni finalizzate allo sfruttamento, sviluppo e manutenzione di specifici tratti di litorale non può superare i dodici anni.

Nell’interesse del turista

In concreto questo che cosa significa? Spiagge libere e selvagge? Vita grama delle città sul mare? Disoccupazione a doppia cifra? Naturalmente no. Prendiamo il caso di Mentone, a pochi chilometri dal confine italiano. Le spiagge a ovest e nel centro della città (Sablettes, Fossan, Casino) sono tutte pubbliche.

Spiagge attrezzate

A est alcune sono pubbliche (Hawaï, Rondelli) mentre altre, lungo la passeggiata a mare, sono gestite da privati. Lungo le spiagge pubbliche a disposizione dei bagnanti ci sono docce, toilette, armadietti con codice per conservare gli effetti personali. I bagnini sono in servizio dal 1° luglio al 31 agosto.

Alcune spiagge hanno attrezzature per bambini, come navi pirata, battelli a pedali e go-kart in miniatura. Nei bagni Francis Palmero c’è addirittura una piccola biblioteca pubblica sulla spiaggia: riviste, libri e scacchiere possono essere presi in prestito dai turisti. Mentone ha due spiagge riservate ai non fumatori e due accessibili ai cani. E a Roquebrune-Cap-Martin e a Mentone è previsto il servizio Handiplage per accompagnare le persone disabili in spiaggia: funziona in luglio e agosto su appuntamento.

Per quanto riguarda la pulizia, prima dell’inizio della stagione estiva i servizi municipali procedono al livellamento delle spiagge e allo smistamento del legno e dei sassi troppo grandi che l'inverno potrebbe aver gettato a riva. Poi il litorale viene pulito ogni giorno sia da mezzi a terra, sia da imbarcazioni, in modo che al mattino l’area sia priva di rifiuti.

Nella riviera intorno a Mentone operano le barche "inghiottitrici di rifiuti": ogni giorno, dalle 7 alle 17.30, percorrono l'interno dei porti e i 10 chilometri di fascia costiera dalla frontiera italiana alla baia di Cabbé e raccolgono rifiuti galleggianti o sommersi a 50 centimetri dalla superficie e a 300 metri dalle spiagge. Hanno reti laterali e sono spinte da un sistema a turbina in modo da potersi avvicinare ai bagnanti in sicurezza. In caso di inquinamento dichiarato dalle autorità, le imbarcazioni possono anche effettuare manovre di riossigenazione dell'acqua.

Per il pranzo non c’è problema, visto che alle spalle delle spiagge ci sono decine di bar e ristoranti. L’unico neo è che l’ombrellone, se uno proprio lo vuole, bisogna portarselo da casa. Ma in alcune aree l’affitto dell’ombrellone inizia ad essere autorizzato.

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