Quello della Transizione ecologica era il ministero su cui il Movimento 5 stelle scommetteva moltissimo. Almeno stando alle giornate convulse di negoziazione che hanno preceduto la formazione del governo di Mario Draghi, quando il garante Beppe Grillo aveva dato la sua “elevata” approvazione solo dopo aver incassato il nome di Roberto Cingolani e le garanzie sugli obiettivi da raggiungere.

Oggi, a quasi cinque mesi dalla nascita del governo, Cingolani deve incassare le critiche grilline dicendo di essere un tecnico che non ha un partito alle spalle, mentre la riorganizzazione del ministero, con il trasferimento delle competenze in materia di energia ereditate dal dicastero dello Sviluppo economico, è affidata ai consulenti di Ernst & Young (EY).

In un documento interno che revisiona il decreto della presidenza del consiglio dei ministri del 2019 allo scopo di rimettere ordine tra dipartimenti e direzioni generali e rispettivi compiti e competenze, appaiono i nomi dell’attuale numero uno del dipartimento per l’Energia Sara Romano e dei consulenti di EY come Chiara Santoro e Alessandro Costa che stanno rimettendo mano alla norme che regolano il funzionamento del dicastero, per mettere su carta il frutto delle riunioni con i diversi capi di dipartimento.

La nuova organizzazione

Il lavoro da fare è consistente. Con la trasformazione del ministero della Transizione ecologica nell’autorità nazionale competente sulle questioni energetiche, i dipartimenti passano da due a tre e le direzioni generali da otto a dieci. Il primo dipartimento dell’amministrazione generale si occuperà delle risorse umane e degli acquisti, dell’attività europea e internazionale e avrà una inedita direzione innovazione tecnologica e comunicazione, e includerà anche una direzione Mare e natura in cui sono accorpate competenze che prima erano sotto il controllo di due direzioni separate.

La riorganizzazione sembra puntare a mettere a sistema molto di più le direttive del ministero con il contesto europeo, ma anche a dare un ruolo centrale al dipartimento energia, il quale dovrà occuparsi anche di tutte le questioni infrastrutturali e di sicurezza e delle concessioni per le risorse minerarie oltre che di valutarne l’impatto ambientale.

Inoltre la bozza prevede un maggiore controllo sull’attività delle diverse direzioni e della loro coerenza con le linee di indirizzo politico di ministro e capi di dipartimento.

Nel documento viene proposta l’adozione di «direttive specifiche» per tradurre la linea di indirizzo negli atti e nei provvedimenti amministrativi di particolare rilevanza, su cui fare una verifica preventiva di «idoneità al raggiungimento degli obiettivi e al rispetto delle priorità, dei piani, dei programmi e delle direttive, in attuazione degli indirizzi del ministro». A margine del documento si discute se prevedere qualche tipo di procedura in caso di disaccordo.

 

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