Nei palazzi di governo, attorno alle cifre del piano nazionale di ripresa e resilienza, si continua a negoziare. A un mese e mezzo dalla data per la consegna della versione finale alla Commissione europea, infatti, non è stata ancora detta l’ultima parola su quante risorse spetteranno ai diversi capitoli di spesa e uno dei primi impegni del ministro Daniele Franco è quello di raccogliere, vagliare e smistare le richieste dei colleghi sui cambiamenti da apportare ai saldi finali. Il ministro allo sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, per primo, e quello alla innovazione tecnologica, Vittorio Colao, per secondo, hanno parlato delle trattative in corso durante i loro interventi in parlamento. E poco importa che alcune commissioni come quella Finanze abbiano già redatto il loro parere sul piano presentato dal vecchio governo.

Colao, in particolare, ha spiegato di stare discutendo col ministero dell’economia dell’ammontare definito dei fondi per il digitale e in particolare per lo sviluppo delle tecnologie del cloud, al centro di un piano cruciale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione ma anche della crescita di aziende innovative e anche del 5G. «Col ministro Brunetta e col ministro Giorgetti stiamo cercando di avere il più possibile», ha rivendicato Colao parlando dei negoziati in corso.

Obiettivo 2026

La strategia del ministro è piuttosto in continuità con il governo precedente, che del resto lui stesso aveva aiutato stilando una prima bozza del piano di ripresa. Sulla banda larga Colao ha confermato le priorità di sviluppo già previste, la connettività da assicurare a comuni, scuole, presidi sanitari e isole minori e anche il piano di sostegno alla domanda tramite i voucher (sono state attivate 80 mila connessioni da). Colao vuole però anticipare l’obiettivo di arrivare a connettere il paese a 1Gigabit entro il 2026, senza distinzione di tecnologia utilizzata. Anche per questo ha chiesto maggiori finanziamenti a Franco, accogliendo le richieste avanzate anche dalle organizzazioni industriali del settore telecomunicazioni.

La richiesta di Colao si concentra sugli stanziamenti per lo sviluppo del 5G. Si tratta, in parte, di riparare a una mancanza dell’attuale piano che nelle schede di progetto distribuite la settimana scorsa cita la nuova tecnologia solo in merito alla connessione degli impianti sportivi, ma anche di tenersi aperte tutte le possibilità di sviluppo tecnologico, aggirando quello che finora sembrava un passaggio ritenuto necessario dal governo – seppure mai spiegato chiaramente – e cioè la creazione della società della rete unica.

«Non possiamo aspettare»

In questi giorni sia Giorgetti che Colao hanno indirizzato un messaggio alla Enel di Francesco Starace, che da azionista di Open Fiber ha frenato maggiormente il progetto di una fusione tra Open Fiber e FiberCop dopo esservi stata coinvolta obtorto collo, sotto il pressing del governo precedente. La valutazione generosa di Open Fiber da parte del fondo australiano Macquaire che è pronto a rilevare la quota di Enel, ha rallentato le mosse della Cassa depositi e prestiti, che doveva essere la regista dell’operazione rete unica. Mentre Tim, sostenitrice di un progetto che secondo gli accordi le permetterebbe di mantenere il 51 per cento della società tramite Fibercop, da una patre ha candidato il presidente di Cdp nel suo prossimo consiglio di amministrazione, dall’altra attende ancora i risultati di una istruttoria antitrust che ha sollevato rilievi di non poco conto. In mezzo a questo scontro tra manager e interessi privati e pubblici aggrovigliati insieme, rischia di rimanere schiacciato il diritto di connessione dei cittadini italiani – solo le scuole da cablare, per dire, sono 34 mila.

La linea concordata dal governo è quella dunque di chiedere un’accelerazione, ma allo stesso tempo di far sapere di avere le mani libere. «Non voglio entrare nelle questioni di aziende quotate che hanno le loro strutture societarie», ha detto a proposito Colao, «ma vogliamo assicurarci che questa situazione non crei inefficienze nella distribuzione delle risorse». Di conseguenza, ha spiegato, «lavoriamo anche a piani alternativi, come il 5G e il favorire forme di aggregazioni per superare l'impasse».

Il ministro ha cercato di minimizzare il ruolo del progetto che il primo ministro Conte aveva definito «un obiettivo politico di lunga durata», dicendo che la rete unica è solo uno degli strumenti di una strategia più ampia. 

Il titolo di Tim crolla in Borsa

Colao ha ovviato anche domande precise sul ruolo di Cassa depositi e prestiti: «Gli strumenti e le forme societarie vengono in un altro momento». A questo punto, però, l’aumento dei fondi per il 5G acquista maggiore rilevanza, ma sull’ammontare finale il ministro non ha ancora risposte. Oggi intanto la Borsa ha reagito alle sue dichiarazioni, con un crollo del titolo di Tim. 

Cloud pubblico o privato

Colao ha dato più dettagli invece, sulla strategia sul cloud: ha detto che l’Italia deve essere protagonista del progetto per il cloud europeo Gaia X pensato per assicurare la sovranità digitale europea e la interoperabilità. Oggi il progetto include oltre 230 aziende, cbig come Amazon o Alibaba, Google e Palantir compresi, società la cui affidabilità in merito alla gestione dei dati è quantomeno discutibile.

Colao ha, però, chiarito che per quel che riguarda la pubblica amministrazione verranno distinti diversi livelli di sensibilità dei dati: quelli sanitari o riguardanti la difesa, ha detto, sono diversi da quelli sugli accessi alle zone a traffico limitato. «Per alcuni ci sarà cloud privato, per altri ibrido, per altri pubblico, daremo indicazioni alle amministrazioni». Anche sui criteri adottati per dare in gestione i nostri dati, il parlamento è chiamato a vigilare.

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