Sono aiuti di stato i finanziamenti concessi circa un anno fa dai governi portoghese e olandese alle loro compagnie di riferimento, Tap e Klm, per metterle nelle condizioni di fronteggiare gli effetti economici disastrosi del Covid. Lo ha deciso con due sentenze il tribunale dell’Unione europea sollecitato a esprimersi da due diversi ricorsi presentati da Ryanair. Al momento le sentenze non avranno conseguenze concrete e immediate né sull’una né sull’altra compagnia perché a entrambe viene concessa una sorta di proroga. Le erogazioni di denaro non saranno rimesse subito in discussione in considerazione del fatto che gli effetti della pandemia sul business dei voli restano devastanti e quindi, bloccare ora gli aiuti, equivarrebbe a una probabile condanna a morte delle aziende con le inevitabili conseguenze per l’economia, i lavoratori e i viaggiatori. Le sentenze costituiscono però un precedente e rappresentano comunque una specie di alert, prima o poi dovranno essere rese esecutive a meno che nel frattempo non intervengano fatti nuovi.

Gli aiuti Alitalia

Che potrebbero essere costituiti da una nuova decisione in merito della stessa Commissione europea, magari di altro orientamento o più motivata e meglio argomentata di quella precedente. È del resto lo stesso tribunale che sollecita la Commissione a riesaminare di nuovo la faccenda rispetto a un anno fa quando probabilmente fece premio su tutto l’urgenza e la necessità di intervenire in fretta per evitare esiti disastrosi dai quali sarebbe poi stato difficile se non impossibile tornare indietro. Al momento l’orientamento del tribunale europeo non dovrebbe avere ripercussioni dirette neanche sulla vicenda Alitalia e del resto non risulta che Ryanair abbia presentato nei confronti della compagnia italiana ricorsi simili a quelli avanzati per Klm e Tap. I portavoce italiani della potente compagnia low cost di Michael O’Leary dicono di «non avere elementi» in proposito.

Del resto per Alitalia i finanziamenti concessi dallo stato per il Covid vengono di fatto utilizzati in maniera diversa rispetto alle altre compagnie. Sempre di sostegni si tratta, ma mentre per Klm e Tap sono serviti per scongiurare il fallimento e per per far ripartire i voli dopo la grande stagnazione per la pandemia, per quanto riguarda Alitalia i finanziamenti concessi sono di entità inferiore (fino a un massino di 350 milioni di euro rispetto ai 3,4 miliardi di Klm e al miliardo e 200 milioni di Tap) e sono serviti e servono esclusivamente per impedire che gli 11mila dipendenti circa restino senza stipendio. Fino ad aprile le retribuzioni sono state pagate anche se non con puntualità e in più rate, ma non è affatto sicuro che nella cassa dell’amministrazione straordinaria ci siano ancora liquidi per onorare anche il pagamento di maggio.

A questo proposito oggi ci sarà l'ennesimo vertice convocato dai tre commissari straordinari con i sindacati e i capi di Ita, la società che con grande ottimismo secondo il governo dovrebbe prendere il posto di Alitalia. Si parlerà proprio di stipendi che rappresentano ovviamente l’aspetto più urgente e poi anche delle prospettive della ripartenza che però appaiono sempre più nebulose.

La spartizione del mercato

Le sentenze del tribunale europeo aggravano ulteriormente il quadro di riferimento. Perché se da una parte è vero che al momento non toccano gli aiuti per il Covid riconosciuti ad Alitalia, è anche vero, però, che dimostrano con quanta attenzione Ryanair stia seguendo tutta la partita con l’obiettivo evidente di cogliere la palla al balzo delle difficoltà imposte dalla pandemia per tentare di togliere di mezzo altri concorrenti in Europa allargando le sue fette di mercato. Da questo punto di vista è evidente che Alitalia è un sospettato speciale sia perché il suo mercato è ancora particolarmente attraente sia perché i tentativi governativi di rilanciarla (fin qui assai maldestri, per la verità) hanno ingenerato un braccio di ferro con l’Europa. La commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager ha chiesto all’Italia il rispetto di criteri molto stringenti e mortificanti (flotta di appena 47 aerei, meno della metà di quelli attuali, circa 3mila dipendenti, meno di un terzo di quelli in organico) per consentire allo stato di utilizzare i 3 miliardi di euro messi a disposizione per la ripartenza della compagnia. È ovvio che O’Leary stia col fucile spianato a guardia del rispetto di quelle condizioni. La sua Ryanair insieme a Easyjet, Vueling e altre si stanno ormai spartendo il mercato italiano.

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