Difficile cambiare la percezione secondo cui è stata l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia a provocare lo shock economico e il folle aumento dei prezzi di gas, luce, cibo e materie prime. La geopolitica di guerra decisa da Vladimir Putin ha alimentato un’impennata dell'inflazione - ora ai massimi pluridecennali in molti paesi (in Italia a novembre l’11,8 per cento) - e ciò è indiscutibile. Ancor più vero, però, è che le banche centrali sono state costrette ad alzare drasticamente i tassi di interesse per combattere la nuova Grande Inflazione ai massimi da 40 anni in massima parte perché dal 2015 in poi li avevano azzerati, ignorandone platealmente le conseguenze.

Federal Reserve e Banca centrale europea hanno tenuto i tassi a zero o sottozero troppo a lungo, hanno stampato a gogò trilioni di dollari e euro, con ciò creando bolle speculative inflazionistiche in borsa e su molti altri mercati come bond, high tech, startup, Ipo, criptovalute e immobiliare.

Ora tutte queste bolle sono scoppiate o in fase di scoppio. Non fragoroso, in qualche modo controllato, ma il giocattolo si è rotto.  

Le banche centrali e i mutui

Jerome Powell alla Fed ha anticipato l’impacciata e inadeguata Christine Lagarde alla Bce ma la sostanza è che Stati Uniti, Regno Unito e l'Eurozona insieme hanno aumentato i tassi di quasi 900 punti base nell'ultimo anno (e i mercati prevedono un ulteriore aumento di 400 punti base entro l'estate del 2023).

Il mese scorso i tassi sui mutui Usa hanno superato il 7 per cento per la prima volta dal 2002, rispetto a poco più del 3 per cento di un anno fa. Nell'Ue e in UK i tassi ipotecari sono più che raddoppiati rispetto all’anno scorso. L’immobiliare globale dunque scricchiola. 

I primi segni di un clamoroso cedimento dei prezzi del real estate sono già evidenti negli Stati Uniti, in Cina, Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Germania e in molti altri paesi europei, come non accadeva dalla Grande Crisi finanziaria del 2008.

In Italia, paese dove l’investimento nel mattone per tradizioni e abitudini è sempre stato (erroneamente) l’asset prioritario per milioni di famiglie, il calo dei prezzi immobiliari è evidente ma risulta mascherato da un mercato poco trasparente, viziato dai pagamenti in nero e da un catasto da nazione del quarto mondo.  

In America, la California è il centro della crisi immobiliare dopo anni di boom. Il crollo delle vendite e la discesa dei prezzi sono sorprendenti a San Francisco e nella Silicon Valley rispetto al picco dello scorso aprile anche nel settore degli immobili per ufficio.

Dopo due anni di esodo forzato dei dipendenti per lo smart working dovuto al Covid, l’intera zona ha subito il doppio crash delle startup e delle criptovalute (Bitcoin -75 per cento dai massimi) con la conseguente marcata flessione dell'occupazione nelle Big Tech (91 mila posti di lavoro persi in aziende come Amazon, Twitter, Netflix).

Il crollo del mercato californiano

A San Francisco il prezzo medio delle case unifamiliari a novembre 2022 è crollato dell’11,4 per cento rispetto a ottobre e addirittura -27 per cento rispetto al picco di aprile, secondo la California Association of Realtors. Negli Usa, le vendite di case esistenti sono diminuite a ottobre di oltre il 28% rispetto all'anno precedente, il nono calo mensile consecutivo, e le richieste di mutuo sono crollate al livello più basso degli ultimi 25 anni.

In Canada i dati sono drammatici, Toronto ha registrato un crollo del 96 per cento nelle vendite di case unifamiliari e dell'89 per cento per i condomini.

Anche la Cina ha un problema immobiliare enorme (secondo China Index Academy le vendite di case sono crollate del 43 per cento quest'anno): l'aggravarsi del crollo del mercato che da mesi attanaglia il colosso asiatico pesa sull'economia, con relativa frenata del Pil.

In Gran Bretagna a settembre vendite inferiori del 32 per cento rispetto all'anno precedente e per il 2023 è prevista una discesa dei prezzi che varia dal 4,4 per cento di Oxford Economics al 10 per cento del broker Savills. 

L’inflazione è dunque il fantasma che minaccia sia il mercato immobiliare che l’economia. In una lettera inviata agli investitori e visionata dal Financial Times uno dei più grandi hedge fund del mondo, Elliott Management, ha comunicato ai clienti di ritenere che l’economia globale si trovi in una situazione «estremamente difficile» che potrebbe portare all’iperinflazione e «alla peggiore crisi finanziaria dalla seconda guerra mondiale».

La lettera menziona un possibile «collasso della società globale e a conflitti civili o internazionali» (in questi giorni Francia e UK sono alle prese con massicci scioperi nei trasporti e nel settore sanitario per rivendicazioni salariali, ovvero le paghe sono mangiate dall’inflazione).  

Per il settore immobiliare, «nel complesso si tratta delle prospettive più preoccupanti dal 2007-2008, con il real estate che potrebbe accusare perdite comprese tra il 15 per cento e il 20 per cento», ha dichiarato Adam Slater, economista capo di Oxford Economics, una società di consulenza. «Siamo nella fase iniziale di una chiara flessione e l'unica vera domanda è quanto sarà forte e quanto durerà». Anche il Fondo monetario internazionale è d'accordo.

«Mentre le banche centrali di tutto il mondo inaspriscono aggressivamente la politica monetaria per affrontare le pressioni sui prezzi, l'impennata dei costi di finanziamento e una maggiore rigidità degli standard di prestito, insieme alle valutazioni eccessive delle case, potrebbero portare a un brusco calo dei valori delle abitazioni», si legge nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria globale.

Il forte rallentamento del comparto potrebbe anche deprimere l'attività economica generale, danneggiando il settore delle costruzioni e i suoi fornitori. Senza contare l’indotto di avvocati, notai, banche, agenzie immobiliari, società di traslochi e i negozi di mobili, per citarne alcuni. 

Un punto in più di tassi, prezzi giù del 9 per cento

La Bce ha già fatto i calcoli: un aumento di un punto percentuale dei tassi sui mutui corrisponde a un calo del 9 per cento circa dei prezzi delle case. Secondo Oxford Economics alcuni paesi, tra cui Giappone, Italia e Francia, sono meglio posizionati grazie a valutazioni meno elevate degli immobili e livelli più bassi di indebitamento delle famiglie.

Francia e Italia hanno anche quote piuttosto contenute di mutui a tasso variabile, il che implica un minor impatto dall'aumento dei tassi (il governo Meloni ha inserito nella legge di bilancio un provvedimento che permette lo switch da variabile a fisso di un mutuo da 200 mila euro). Ma con il costo del denaro aumentato da zero al 2,5 per cento, l’orizzonte del 6 per cento per gli interessi sulle rate appare sempre più vicino, stando a un’analisi della Fabi. 

Le responsabilità dei banchieri centrali

In conclusione, si può cercare un colpevole, oltre a Putin, per questo preoccupante scenario? Secondo gli analisti del fondo hedge Elliott, senza dubbio sì: sono proprio le banche centrali palesemente responsabili sia per l’attuale che per la futura situazione di crisi economica globale.

I banchieri centrali sono stati “disonesti” sulle ragioni dell’inflazione alle stelle (Powell e Lagarde per mesi l’hanno definita “temporanea” e non rilevante), si sono sottratti alle loro responsabilità attribuendone le cause all’interruzione della catena di approvvigionamento provocata dalla pandemia.

Invece, è soprattutto il miope allentamento della politica monetaria deciso due anni fa durante il picco del Covid, giunto poi dopo lo stampaggio di denaro gratis a trilioni di euro e dollari nella lunghissima stagione del Quantitative easing, ad aver causato l’iperinflazione e gli enormi squilibri che il mondo sta oggi vivendo. Adesso, è quasi impossibile rimettere il dentifricio nel tubetto.

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