Disumano. Per ora è e resta un album musicale. L’ipotesi di una “discesa in campo” di Fedez per le prossime elezioni è stata, più che altro, una mossa promozionale. Eppure il trambusto che ne è seguito e la disponibilità di una quota di elettori a votare l’ipotetico partito del rapper italiano ci parlano della politica di oggi, della delusione verso i partiti, della ricerca, da parte di quote di elettori, di nuovi simboli, nuovi leader, nuove promesse elettorali.

L’aspetto importante non è la percentuale che prenderebbe potenzialmente Disumano, ma il profilo politico, valoriale e sociale del suo potenziale corpo elettorale. Un’analisi che porta in evidenza lo stato di salute della politica nostrana e le pulsioni che, sottotraccia, attraversano la società. Il partito dei Ferragnez “preso sul serio” potrebbe raggiungere, secondo l’indagine svolta attraverso l’Osservatorio politico e sociale, una quota tra il 6 e l’8 per cento.

Il corpo elettorale

Ma da chi sarebbe composto il corpo elettorale di Disumano? La stragrande maggioranza, oltre il 70 per cento, sarebbe formata da donne, mentre per fascia di età svetta il 42 per cento di giovani sotto ai trent’anni. Dal punto di vista sociale la maggioranza è costituita da persone dei ceti popolari e medio basso (64 per cento), mentre nella suddivisione per aree del paese avremmo il 39 per cento al nord, il 28 a centro Italia e il 33 per cento nel sud e nelle isole. Dal punto di vista professionale, il 56 per cento sarebbe di occupati e il 44 per cento di disoccupati o non occupati (tra cui il 30 per cento di studenti).

I tratti valoriali

Gli aspetti più significativi, tuttavia, riguardano il profilo valoriale e politico dei potenziali elettori attratti da questa fantomatica offerta politica. L’81 per cento dei possibili elettori è sfiduciato dall’attuale classe politica. L’86 per cento è favorevole all’ipotesi del salario minimo, mentre il 64 per centro spinge per regole più stringenti contro la precarizzazione del lavoro. Il 72 per cento dei potenziali elettori di Disumano ritiene prioritario affrontare il tema delle periferie e del loro recupero, mentre il 62 per cento avverte la necessità di nuove politiche sociali e di welfare per far fronte alle emergenze di povertà ed emarginazione.

Le riforme auspicate sono quella della sanità (53 per cento), delle tutele dei lavoratori, specie precari (52 per cento), della scuola (39 per cento). Dal punto di vista politico il partito di Fedez, per il 57 per cento, sarebbe solo il “meno peggio” da votare, mentre sul fronte istituzionale la sua base appare schierata, da un lato, per il federalismo comunale (42 per cento) e, dall’altro lato, per il presidenzialismo (73 per cento). Schierati senza ombra di dubbio con Greta Thunberg (72 per cento), i supporter del partito di Fedez non sono ostili all’immigrazione (40 per cento giudica positivamente il fenomeno), ma non sono neanche particolarmente schierati sul fronte dell’accoglienza (il 38 per centro è infastidito dagli immigrati). I valori che fanno da sfondo a questo agglomerato sono la famiglia (70 per cento), l’amore (65 per cento), l’amicizia (55 per cento), la cultura e l’istruzione (53 per cento), il lavoro (34 per cento). Molto bassi risultano, invece, politica (10 per cento), il volontariato (14 per cento), lo sport (17 per cento) e la religione (20 per cento).

LaPresse

Dagli altri partiti

Dal punto di vista politico le provenienze dei potenziali elettori di Disumano emergono dal non voto e dall’astensione (66 per cento). I partiti cui drena maggiori consensi sono M5s (10 per cento), Pd e sinistra (13 per cento), mentre la restante quota proviene da centrodestra (FI e FdI) o dal nugolo di partiti minori.

L’analisi del corpo elettorale di un partito che probabilmente non ci sarà mai porta alla luce le sofferenze che attanagliano la relazione tra le persone e i partiti. Mostra la ricerca di nuovi punti di riferimento che attraversa il mondo delle periferie e dei ceti popolari. Evidenzia quel patchwork confuso di istanze politiche che albergano nel paese, in cui si confondono le spinte per un lavoro giusto - non precarizzato – e per l’ambiente, unite a pulsioni decisioniste e non particolarmente aperte verso gli immigrati. Un mix disorganico, composito, rancoroso verso la politica e l’attuale classe dirigente. Uno spazio che per ora resta lì, come un vuoto senza risposte.

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