La visione predominante è rappresentata dalla costruzione della pace attraverso il dialogo e l’educazione, forte è anche l’anima che lega la pace alla giustizia sociale: il rapporto dei più giovani con la pace è molto complesso
Il conflitto tra Israele e Iran, la strage perpetua e impunita a Gaza, la prepotenza annientatrice russa sull’Ucraina, ma anche la corsa al riarmo dei paesi europei e lo sviluppo di nuove armi e prodotti micidiali per accaparrarsi il dominio dei cieli, del mare e del cyber spazio sono l’emblema della follia distruttiva che aleggia nei tempi contemporanei. Il rombo delle armi ha da tempo surclassato le flebili voci del buon senso, della diplomazia, della concordia, per lasciare spazio al dominio, all’esposizione della propria potenza, alla supremazia sull’altro.
Non c’è neanche più la classica foglia di fico dell’aggrapparsi a una flebile retorica per giustificare gli atti aggressivi: siamo di fronte al ritorno, in una piena logica di potenza, degli impulsi prevaricatori giustificati solo con la sfacciata volontà di ottenere quello che si vuole in quanto si ha il potere e la forza per imporlo. La dimensione della pace, in questo scenario, appare sempre più come una chimera, una vuota retorica, mentre le bombe, i caccia bombardieri, i droni, i missili, i carri armati mostrano la pesante realtà, la via della pacificazione imposta con la volontà di potenza.
La strage permanente di civili ormai non smuove alcuna foglia nelle coscienze degli assalitori, non si parla neanche più pudicamente di inevitabili e deplorevoli effetti collaterali. Si uccide, distrugge e basta.
Le sensibilità
Il concetto di pace negli ultimi decenni è stato poco rielaborato e, specie nelle giovani generazioni, riemerge dal passato e assume diverse sfaccettature e angolazioni. La visione predominante è rappresentata dalla costruzione della pace attraverso il dialogo e l'educazione. Il 35 per cento ritiene che «la vera pace può essere raggiunta solo attraverso il dialogo e la comprensione reciproca», mentre il 31 per cento crede che «la pace può essere raggiunta solo attraverso l'educazione e la promozione dei diritti umani».
Un secondo filone è quello che vive la pace come processo intimistico. Un percorso che inizia dall'individuo e si estende alla società. Il 22 per cento afferma che «la pace inizia dentro di noi e si estende poi alle nostre comunità e al mondo»; mentre un altro 22 sostiene che «la pace è un processo attivo, personale, non solo l'assenza di conflitto».
Una terza anima che aleggia tra i giovani è quella della connessione pace-giustizia sociale. Il 24 per cento ritiene che «la vera pace possa esistere solo in una società senza disuguaglianze economiche». Più flebile è, invece, la quota di giovani che colloca la pace lungo la via maestra del disarmo (19 per cento). Non mancano, tra le fila della Gen Z, gli scettici. Il 20 per cento, ad esempio, considera «la pace globale un'utopia irrealizzabile data la natura umana».
Nell’universo giovanile vi sono anche alcune visioni minoritarie. Il 12 per cento, ad esempio, ritiene che «la pace possa essere mantenuta solo sacrificando alcune libertà individuali»; un altro 12 per cento interpreta «la pace come il risultato naturale del libero commercio e della globalizzazione». Infine, il 10 per cento crede che «la vera pace richieda il ritorno a stili di vita più semplici e in armonia con la natura.
Disorientamento
La multipolarità delle posizioni presenti nella Generazione Z mostra non solo lo sconcerto e il disorientamento di una generazione di fronte alla necessità di rifare i conti con un argomento così grande e devastante come la guerra, ma anche quanto il tema, a differenza di altri fattori di tensione globale (come ad esempio l’ambiente), possa alimentare nuove prese di coscienza e processi di radicalizzazione politica.
Le dinamiche attuali della propaganda armata e del giustificazionismo distruttivo ci ricordano, come sottolineato dal filosofo tedesco Jürgen Habermas, che la pace è un processo che deve essere costantemente rinnovato, non una condizione che, una volta raggiunta, può essere data per scontata. I conflitti in essere riportano in auge anche il grande monito del filosofo Bertrand Russell: o metteremo fine alla guerra, o la guerra metterà fine a noi.
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