Sei mesi fa Anastasia (il nome è di fantasia) era in visita dal padre a Chernihiv. La città ucraina al confine con la Bielorussia era già occupata dall’esercito russo quando è cominciata l’invasione del paese da parte di Mosca.

La fuga è cominciata dopo due settimane trascorse in una cantina insieme a due altre famiglie. Anastasia, il padre, la sua compagna e due bambini sono scappati dalla zona occupata attraversando in fila indiana un ponte minato. Anastasia era la prima della fila: la mina su cui a un certo punto mette il piede non esplode solo per caso. «Si vede che doveva vivere», dice la nonna, Angela, che vive in Italia da un anno. È lei che, allo scoppio della guerra, ha insistito per far arrivare la nipote qui.

Anastasia ha 17 anni e frequenta l’ultimo anno delle superiori. La telefonata della nonna la raggiunge nel bel mezzo della fuga rocambolesca verso ovest, mentre si trova con la famiglia della compagna del padre, che nel frattempo è tornato a combattere a Chernihiv. Anche la madre di Anastasia è al fronte, nell’esercito che difende Kharkiv, a due passi dal confine con la Russia. «Vieni qui», dice la nonna. Ed è così che, con un autobus da Leopoli, Anastasia arriva in un autogrill a sud di Roma.

Un viaggio e un arrivo da invisibile. Nessuno si domanda e le domanda cosa ci facesse lì da sola. All’arrivo la nonna, positiva al Covid, manda una coppia di amici italiani a prendere la nipote. Alla stazione Termini, al presidio della Croce Rossa, Anastasia riceve subito il vaccino contro il coronavirus. Poi il passaggio in una stazione di polizia da cui le trovano una sistemazione in una casa famiglia per minori non accompagnati.

I numeri

Secondo l’Unhcr, sono almeno 6 milioni e 657mila (dato aggiornato al 17 agosto scorso) le persone fuggite dal paese: 3 milioni e 800mila di loro hanno chiesto uno status di protezione temporanea in Europa. A causa della legge marziale che impedisce agli uomini sopra i 18 anni di lasciare il paese, il 90 per cento delle persone rifugiate dall’Ucraina è costituito da donne e bambini.

A volte si tratta anche di bambini e bambine che arrivano da soli. Con quali pericoli? Il collettivo di giornalisti europei Lost in Europe ha provato a capire qual è la risposta dei paesi dell’Unione europea. Dopo un mese di guerra, i minori fuggiti dall’Ucraina erano già un milione e mezzo: un dato che ha portato l’agenzia Onu per i rifugiati e l’Unicef a lanciare l’allarme: «Sappiamo che i conflitti aumentano la violenza di genere, il traffico di esseri umani, gli abusi, i traumi e le separazioni famigliari», dicono dall’Unicef. «Il fatto che molti minori siano scappati da soli moltiplica questi rischi». In particolare quello di cadere nelle reti di trafficanti.

Lost in Europe ha presentato richieste di accesso agli atti per avere da 12 paesi di arrivo – Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Svizzera, Regno Unito – i numeri dei minori stranieri non accompagnati provenienti dall’Ucraina nel primo mese di guerra, dal 24 febbraio al 31 marzo. Solo 4 paesi – Belgio, Repubblica Ceca, Francia e Italia – risultano aver registrato i minori non accompagnati in ingresso, suddivisi anche per età e genere. Altri tre paesi – Croazia, Slovacchia e Olanda – ne hanno registrato il solo numero, senza età e genere. Cinque paesi non registrano i minori o ritengono i dati richiesti confidenziali.

Dal quadro che emerge sembra che tutti i minorenni provenienti dall’Ucraina arrivino in Italia: secondo il ministero del Lavoro, che gestisce il sistema informativo minori (Sim), dove rientrano anche tutti i minori stranieri non accompagnati, dal 24 febbraio al 31 marzo 2022 risultano registrati in Italia 2.995 minori ucraini non accompagnati: 1.510 sono ragazze e quasi il 70 per cento del totale (2.035) ha meno di 14 anni.

L’Italia ha una commissaria ad hoc per i minori stranieri non accompagnati provenienti dall’Ucraina: si tratta della prefetta Francesca Ferrandino, a capo del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del ministero dell’Interno.

Secondo il “Piano minori stranieri non accompagnati” della struttura commissariale del ministero dell’Interno, per il nostro paese è minore non accompagnato chiunque sotto i 18 anni entri in Italia senza i genitori. «I minori accompagnati da adulti diversi dai genitori, che si prendono cura della loro assistenza ma non sono riconosciuti formalmente come tutori secondo la legge italiana, rientrano nella definizione di “minori stranieri non accompagnati”», si legge.

Quindi anche i minori accompagnati magari dalla zia, la nonna, l’amica di famiglia. Quasi 3mila minorenni dal 24 febbraio al 31 marzo, di cui la maggior parte risulta ospitata in famiglia (2707): gli altri 288 si trovano oggi in strutture. Presumibilmente senza famiglia, anche se non necessariamente, come racconta la storia di Anastasia.

È il rovescio della medaglia dell’efficienza italiana. Anche Anastasia teoricamente avrebbe avuto una casa dove stare: dalla nonna. «Dopo essere guarita dal Covid, volevo portarla a casa», racconta Angela. «Burocraticamente però era troppo complesso e faticoso. E visto che Anastasia compie 18 anni a ottobre e si trova bene, abbiamo deciso che conviene aspettare». D’altro canto, se gli amici di nonna Angela che sono andati a prendere Anastasia all’arrivo non l’avessero portata dalla polizia, nessuno avrebbe saputo della presenza di una minorenne senza genitori in territorio italiano.

Quelli provenienti dall’Ucraina, secondo l’ultimo report del ministero del Lavoro, rappresentano ancora oggi la maggioranza dei minori stranieri non accompagnati in arrivo in Italia: il totale dei nuovi ingressi, tra sbarchi e ritrovamenti sul territorio, è di 1800 minori a giugno. 422 di loro, ovvero il 23,4 per cento, vengono dall’Ucraina. Al 30 giugno, dei 15.595 minori non accompagnati presenti nel nostro paese, 5.392 (34,6 per cento) sono ucraini.

Il viaggio e l’accoglienza

Save the Children si è attivata per fare fronte alla crisi ucraina: inizialmente con un camper a Fernetti, Trieste, a due passi dal confine con la Slovenia e principale punto di ingresso degli ucraini. Poi, con Unhcr, con un container sia a Fernetti che a Tarvisio, altro valico molto frequentato. Con i cosiddetti “Blue Dots”, punti di accoglienza per donne e minori.

«Il numero dei minori soli è comunque molto residuale», prosegue Gargaglia. «Sono in genere adolescenti, sia maschi che femmine, che arrivano in Italia per ricongiungersi con i parenti o addirittura con i genitori».

Una volta intercettati dalla polizia di frontiera, dopo un colloquio in presenza di operatori esperti di protezione dei minori, viene fatta una segnalazione alla procura del tribunale dei minorenni. Che a quel punto può disporre per il minore la possibilità di proseguire il viaggio, in affido temporaneo all’autista o a un altro adulto, oppure può decidere che il minore aspetti lì sul posto che i parenti vadano a prenderlo.

«L’identificazione è cruciale», sottolineano da Save The Children. «Perché in crisi umanitarie di questo tipo il rischio di essere separati dalle famiglie, perdersi e finire nelle maglie dei trafficanti è enorme». Il rischio che corrono «è lo sfruttamento lavorativo o sessuale. Però in Italia non ci risultano casi di minori ucraini spariti», dice. «Nonostante sia necessario mantenere alta l’allerta, non abbiamo registrato uno specifico fenomeno criminale».

Ombre in tutta Europa

Il paese più colpito dai flussi, la Polonia, non ha dati sui minori ucraini. La giornalista polacca di Lost in Europe, Anastasiia Morozova, ha intervistato ragazzi ucraini in fuga da Kiev. «Una guardia di frontiera mi ha portato in una stanza e mi ha detto che i minorenni non potevano viaggiare da soli in Polonia», racconta un sedicenne di nome Ihor. «”Aspetta qui e verrai portato in un posto per rifugiati dove avrai da mangiare, dormire e ti verrà assegnato un tutore”, mi ha detto». Ihor però decide di andarsene via da solo. Scrive un post su Facebook per cercare un tutore e lo trova in un giorno.

«Mi sembrava che quelli, alla frontiera, non mi stessero affatto cercando un tutore», dice. Alina invece, 17 anni, lascia l’Ucraina il 27 febbraio. “Mia mamma e io pensavamo che non sarei riuscita ad andare in Polonia da sola. Quando ero sul bus l’ho fatta parlare al telefono con la donna seduta accanto a me, che ha accettato di scrivere un fogliettino in cui diceva che ero con lei”.

L’Unhcr conferma la mancanza di controlli e sistemi di registrazione alle frontiere in molti paesi europei. Anche l’Unicef sottolinea la necessità di screening sui minori separati dalle famiglie. Il ministero polacco della Famiglia aveva annunciato a fine marzo l’introduzione di un registro on line dei minori non accompagnati in arrivo dall’Ucraina.

Alla richiesta del collettivo di Lost in Europe di condividere quei dati, non è però a oggi arrivata alcuna risposta. Nel resto d’Europa non mancano le ombre. «Senza dati è impossibile mettere in piedi un buon sistema di protezione», spiega Jagoda Luto, della ong Missing Children Europe. «Tutti i minori si meritano di essere seguiti fino a che il loro caso non è risolto. Non possiamo proteggere i bambini che non vediamo».

 

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