Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, del Partito Socialista, ha annunciato l’intenzione da parte del governo di introdurre un bonus per gli affitti da 250 euro al mese per tutti gli under-35 entro una certa soglia di reddito. La misura ha l’obiettivo di frenare l’emergenza abitativa e dare la possibilità, soprattutto ai giovani, di trasferirsi e di lasciare la casa dei propri genitori.

Molte realtà diverse stanno discutendo soluzioni di questo tipo, dalla garanzia statale sui mutui per i giovani attuata dal governo Draghi, al ben più radicale referendum di fine settembre a Berlino. Nella capitale tedesca si è votato a favore dell’esproprio degli immobili delle grandi società speculative, con l’obiettivo di aumentare l’offerta di case in affitto sul mercato ed abbassare i prezzi. Come raccontato da Raffaele Lungarella su lavoce.info, però, una soluzione così radicale rischia di avere costi enormi per l’amministrazione pubblica e di generare alla fine l’effetto opposto, con un aumento dei prezzi dovuto alla maggiore incertezza.

Un bonus per l’affitto

La ricetta spagnola, così come è stata proposta dal governo Sanchez, sembra centrare in maniera opportuna il punto dell’emergenza abitativa che travolge molti giovani, soprattutto nell’Europa meridionale, ossia la necessità di soluzioni abitative flessibili, che permettano la mobilità da una città all’altra o addirittura da uno stato all’altro per un periodo di tempo relativamente limitato.

I giovani di oggi, soprattutto quelli con un livello di istruzione elevato, hanno l’opportunità di muoversi costantemente alla ricerca di percorsi educativi e professionali variegati. Questa opportunità, però, si scontra con la necessità di una stanza o di un appartamento in cui abitare, un costo fisso particolarmente oneroso per chi sta ancora studiando o si sta affacciando per la prima volta al mercato del lavoro. Anche nel caso in cui si dispongano delle finanze per acquistare una casa, poi, non è detto che un giovane voglia stabilirsi definitivamente in una città, perché una scelta di questo tipo corrisponderebbe in sostanza a una rinuncia alla possibilità di perseguire nuove opportunità in altre città o in altri paesi.

Nel 2020, il 65,5 per cento dei giovani spagnoli tra 18 e 34 anni viveva a casa dei propri genitori, contro il 50,4 per cento della media europea, il 41,6 per cento della Germania (dato 2019) e il 15,6 per cento della Danimarca. Questa condizione, oltre che da fattori culturali, è senza dubbio influenzata dalla difficoltà da parte dei giovani spagnoli di trovare un lavoro con una retribuzione tale da permettere il trasferimento lontano dalle mura domestiche. In questo gioca un ruolo fondamentale il prezzo elevato degli affitti nelle zone in cui il mercato del lavoro è più sviluppato e offre maggiori opportunità occupazionali e di retribuzione elevata, come Barcellona o Madrid.

In questo senso, l’introduzione di un bonus di 250 euro, che si tramuterebbe di fatto in una partecipazione da parte del governo nel pagamento dell’affitto, potrebbe comportare un importante incentivo per i più giovani. Il bonus sarebbe distribuito solamente a chi si trova al di sotto di una determinata soglia di reddito (23.725 euro annui), andando ad aiutare una fetta consistente della popolazione giovanile, ma non chi non ha bisogno di supporto, ed attutendo in parte l’aumento degli affitti che un bonus diffuso a pioggia potrebbe generare.

A questa proposta si è aggiunta anche quella di imporre un tetto agli affitti per i grandi gruppi speculativi, in particolare alle società immobiliari con più di dieci proprietà. Inoltre, è stata avanzata anche l’ipotesi di offrire grossi incentivi fiscali ai proprietari che abbasseranno gli affitti, mentre verranno aumentate le tasse sulla proprietà di appartamenti vuoti. Infine, si è aperta l’ipotesi di riservare il 30 per cento delle nuove costruzioni all’edilizia popolare.

La proposta spagnola offre un approccio multidimensionale al problema dell’aumento degli affitti e potrebbe rivelarsi una soluzione interessante per far crescere in maniera consistente l’indipendenza dei giovani e provare a ridurre in parte la disoccupazione giovanile (al 38,4 per cento in Spagna contro una media del 18,5 per cento in Europa) tramite un incentivo alla mobilità e alla flessibilità.

L’Italia può imparare da Sanchez

Anche in Italia sono centrali o dovrebbero esserlo i problemi della disoccupazione giovanile e della difficoltà dei giovani di andare a vivere da soli. Gli adulti tra 18 e 34 anni che vivono con i propri genitori sono quasi il 70 per cento del totale (69,4 nel 2019), la disoccupazione giovanile è al 32,9 per cento e un quarto dei giovani tra 15 e 34 anni non lavora, non studia e non sta seguendo un percorso di formazione, i cosiddetti Neet (Not in Employment, Education or Training). Il fatto che il 70 per cento degli under 35 viva ancora a casa con i propri genitori fa capire quanto sia importante incentivare il più possibile l’abbandono delle mura domestiche alla ricerca della propria indipendenza. Non si può però pensare di farlo cercando di spingere i giovani a comprare casa.

In un paese come l’Italia, in cui esistono enormi disuguaglianze territoriali sia nella qualità dell’istruzione, che in quella del mercato del lavoro, l’opportunità di muoversi si tramuta spesso in una vera e propria necessità, che poco si concilia con l’acquisto di una casa. Si pensi per esempio ai giovani che ogni anno si trasferiscono in migliaia a Milano o a Roma per frequentare l’università o per lavorare. Seguendo la logica dell’incontro tra domanda e offerta, l’aumento dei flussi migratori in entrata verso queste grandi città porta a un aumento dei prezzi delle case.

Da qui nasce il problema dell’emergenza abitativa, soprattutto per i giovani, che non vogliono e non possono fare un investimento fisso e oneroso come quello dell’acquisto di una casa e, di fatto, si trovano così senza alcuna forma di sostegno nell’affrontare la mobilità per scopo educativo o lavorativo.

La garanzia statale sui mutui per gli chi ha meno di 36 anni, inserita tra le rare e poco consistenti proposte per i giovani nel Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, è una soluzione pensata per un mondo che non esiste più, fatto di persone che possiedono una casa di proprietà e mantengono lo stesso posto di lavoro per tutta la vita, magari nella città in cui hanno studiato. Non c’è niente di male nell’ambire a uno stile di vita di questo tipo, ma è evidente che si tratta di un qualcosa che riescono ad ottenere in pochi nel mondo di oggi.

La proposta spagnola può essere presa a modello per provare a mettere in campo politiche giovanili più incisive, se non nei fatti perlomeno nelle intenzioni. Il governo di Sanchez non ha ancora attuato nessuna delle possibili soluzioni elencate in questo articolo, ma dimostra di avere chiari gli ostacoli affrontati dai giovani del proprio paese, proponendo politiche ambiziosa che possano aiutare a superarli. Considerando il poco spazio dedicato all’incentivo alle soluzioni abitative flessibili, e in generale ai giovani, all’interno del Pnrr, viene da pensare che su questo tema il governo italiano dovrebbe cominciare a guardarsi attorno e prendere appunti.

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