Assolto Giovanni Bazoli, assolto Victor Massiah. Nessun ostacolo alla vigilanza per i vertici di Ubi Banca. Finisce così il processo meno raccontato d’Italia all’alfiere bianco della finanza cattolica italiana e ai vertici di quello che era il quarto istituto di credito italiano prima di essere inghiottito da Banca Intesa nel 2020.

Dieci ore per la sentenza

La sentenza è stata pronunciata dai giudici del tribunale di Bergamo ieri solo a sera, dopo dieci ore di camera di consiglio.

Il tribunale ha bocciato in toto la ricostruzione della procura che aveva individuato in Bazoli e Emilio Zanetti, ex presidenti rispettivamente dell’Associazione banca lombarda e piemontese (Ablp) e degli Amici di Ubi, i registi occulti di un patto per governare per anni l’istituto al di fuori degli organi societari riconosciuti, e ostacolando dunque la Banca d’Italia, controllore e garante della sana e prudente gestione del credito italiano, e la Consob, l’autorità di vigilanza sui mercati e sulle comunicazioni che vengono fatte agli investitori.

Prescrizioni e protezioni

Nell’aprile del 2018 il tribunale di Bergamo aveva rinviato a giudizio oltre a Bazoli e a Massiah, altri ventinove imputati, banca compresa, sia per ostacolo alla vigilanza, reato molto più difficile da provare, sia per illecita influenza sull’assemblea dell’aprile 2013, la prima in in cui due liste, una animata dal professore Andrea Resti e l’altra dall’imprenditore Giorgio Jannone avevano conteso il controllo dell’istituto.

Giusto a tre mesi dal pronunciamento della sentenza, nel giugno scorso, il reato di illecita influenza sull’assemblea però è andato in prescrizione, dopo una sentenza della Corte di Cassazione che imponeva il riconteggio dei tempi.

La procura ha dunque chiesto la prescrizione per questo capo di accusa, nonostante le ricostruzioni puntuali sul sistema di raccolta delle deleghe in bianco messo in piedi in occasione di quell’assemblea, sfruttando anche i rapporti con la Compagnia delle opere locale. E con la richiesta di condanna è caduta anche la richiesta di confisca di 5,3 milioni di euro collegata.

Il pubblico ministero ha, però, mantenuto la richiesta di quindici condanne per ostacolo alla vigilanza, chiedendo l’assoluzione per l’istituto di credito, sostituito dalla banca che lo ha incorporato e cioè Intesa San Paolo e per la figlia di Bazoli, Francesca.

In primavera il pm Mandurino aveva ricordato nella sua requisitoria che in Ubi «le nomine arrivavano in seguito a riunioni brevissime, anche di una quarantina di minuti per quella dell’intero consiglio di gestione (nel 2009) quando il comitato nomine è deciso solo la mattina. Stiamo parlando di quello che allora era il quarto gruppo bancario italiano, non di una sagra di paese».

E tuttavia, proprio la Banca d’Italia si era rifiutata di costituirsi parte civile nel processo a carico delle prime linee della banca - sotto accusa era un terzo del consiglio di sorveglianza e quattro su sette membri del consiglio di gestione- , chiarendo nettamente da che parte stavano i controllori.

Bazoli, salvatore del Banco Ambrosiano scelto da Carlo Azeglio Ciampi, l’inventore di Banca Intesa San Paolo, potente banchiere per anni raccontato senza onere della prova come l’anima di una finanza cattolica capace di mettere insieme etica ed economia, ha sempre rivendicato la sua estraneità alle accuse, sostenendo che l’influenza che esercitava su Ubi Banca era semplice «autorevolezza».

Condannato Polotti

«La mia forza è il distacco. Sono un banchiere per caso che ha cercato di operare per il bene comune», è la frase con cui Bazoli ha descritto la sua avventura biografica, secondo un ritratto che gli ha dedicato Famiglia Cristiana.

Ma nella storia della gestione degli organi societari di Ubi Banca non c’è alcun distacco. I verbali scritti dall’ex consigliere di sorveglianza e di gestione di Ubi, Italo Lucchini, testimoniano per esempio le richieste di quello che lui chiamava «l’Onnipotente» di nominare nel consiglio di sorveglianza la figlia Francesca, in cambio della nomina del figlio di Zanetti.

Bazoli ha sempre dichiarato di aver agito per il bene della banca. «Sfido chiunque a dimostrare il contrario», aveva dichiarato durante il processo. La procura di certo non ci è riuscita: i giudici lo hanno assolto con formula piena.

Massiah è stato assolto perché il fatto non sussiste per tre capi d'imputazione relativi all'ostacolo alle funzioni di vigilanza e per un altro capo per prescrizione. Alla fine dopo tre anni di processo, è arrivata una sola condanna a un anno e sei mesi a Franco Polotti, all'epoca presidente del consiglio di gestione di Ubi. La pena è stata sopesa.

 

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