Il risultato di bilancio del 2020 per Eni è il peggiore di sempre. A guardare la composizione delle perdite, si registrano 3,2 miliardi di svalutazioni che riguardano proprietà di raffinerie e impianti oil&gas dovuti anche alla caduta dei prezzi causata dalla crisi pandemica. In risposta sono stati spostati sul green solo 0,8 miliardi di euro.
- Eni chiude il bilancio 2020 con perdite pari a 8,5 miliardi di euro. La società ha sottolineato come l'anno passato abbia registrato il maggiore calo della domanda di petrolio nella storia con una diminuzione del nove per cento sull'anno precedente.
- Le perdite dell'azienda vengono da svalutazione di asset e partecipazioni dovute anche al calo dei prezzi e di crediti fiscali. In risposta alla crisi la società ha rinviato progetti e spostato sul green 0,8 miliardi di euro quest'anno.
- Dopo la presentazione dei risultati il titolo di Eni, che è partecipata dal ministero dell’Economia e dalla Cassa depositi e prestiti, è crollato dell’1,37 per cento in Borsa.
Una perdita netta da 8,5 miliardi di euro: il risultato di bilancio del 2020 per Eni è il peggiore di sempre. A guardare la composizione delle perdite, si registrano 3,2 miliardi di svalutazioni sia che riguardano proprietà di raffinerie e impianti oil&gas dovuto a una revisione dello scenario sui margini di attività e la caduta dei prezzi dovuti alla crisi pandemica. Ma anche 1,6 miliardi derivanti da partecipazioni in joint venture e dovute in parte alla svalutazione degli asset delle attività industriali e infine 1,3 miliardi di euro di perdite sono dovuti alla svalutazione di crediti fiscali.
Il crollo della domanda
Nel presentare i risultati per il 2020 Eni ha sottolineato come nel 2020 la domanda petrolifera globale abbia registrato la maggiore contrazione della storia con un meno nove per cento rispetto all’anno precedente. Questo ha avuto come principale un crollo dei prezzi del 35 per cento del brent e del gas in Italia, una caduta del sessanta per cento del margine di raffinazione.
Produzione in calo del sei per cento
La produzione di petrolio di Eni nel 2020 è scesa del sei per cento nell’esercizio, secondo quanto ha riferito la nota diffusa dall’azienda. Al risultato contribuisce la riduzione in Libia, gli effetti dei tagli produttivi Opec+, nonché il declino dei giacimenti maturi sono stati parzialmente compensati dai contributi del portafoglio e dalla crescita produttiva in Messico per il ramp-up di Area 1, Angola per l’avvio di Agogo, Congo (avvio Nenè fase 2B), Algeria e Kazakhstan.
Sul green spostati 0,8 miliardi
La risposta dell’azienda è stata tra le altre cose riallocare risorse aggiuntive per accelerare lo sviluppo dei business green, tra cui capacità di generazione rinnovabile, bio-raffinerie, negli anni post-crisi. Lo spostamento di risorse si limita però a 800 milioni di euro.
Dividendo a 0,36 euro
La società nel quarto trimestre 2020 è riuscita a tornare all'utile pari a 66 milioni di euro. Oggi tuttavia alla comunicazione dei risultati il titolo della azienda, che è partecipata dal ministero dell’Economia e da Cassa depositi e prestiti, ha perso sui mercati finanziari l’1,37 per cento.
Nonostante i risultati, Eni ha deciso comunque di proporre un dividendo di 0,36 euro per azione, di cui 0,12 versati in sede di acconto a settembre 2020. L’amministratore delegato Claudio Descalzi ha detto: «Nell’anno più difficile nella storia dell’industria energetica, Eni ha dato prova di grande forza e flessibilità, rispondendo con prontezza allo straordinario contesto di crisi e progredendo nel processo irreversibile di transizione energetica».
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