Economia

Far pagare la ricostruzione dell’Ucraina alla Russia non è una buona idea

A man removes debris from buildings destroyed during fighting between Russian and Ukrainian forces, outside of Kyiv, Ukraine, Friday, April 1, 2022. Emergency relief and evacuation convoys for the besieged Ukrainian city of Mariupol remained in doubt Friday following reports of Russian interference, while Russian officials accused Ukraine of flying helicopter gunships across a border between the two countries and striking an oil depot.(AP Photo/Vadim Ghirda)
A man removes debris from buildings destroyed during fighting between Russian and Ukrainian forces, outside of Kyiv, Ukraine, Friday, April 1, 2022. Emergency relief and evacuation convoys for the besieged Ukrainian city of Mariupol remained in doubt Friday following reports of Russian interference, while Russian officials accused Ukraine of flying helicopter gunships across a border between the two countries and striking an oil depot.(AP Photo/Vadim Ghirda)
  • L’esito della guerra è incerto, ma molti invocano misure volte a farne pagare il fio all’invasore. I 300 miliardi di dollari di riserve ora congelate, e altre somme che Mosca incassa, dovrebbero alimentare un fondo per ricostruire il paese.
  • In un mondo più giusto parrebbe anche la cosa da fare. Spero di non parere troppo “realista” se elenco i motivi per cui l’idea va invece, per me, accantonata.
  • Gli americani sono stati lungimiranti quando hanno ricostruito l’Europa con il piano Marshall, evitando di ripetere gli errori fatti dopo la Grande guerra. Processare un paese intero non porta da nessuna parte.

L’invasione russa in Ucraina ha causato e causerà morti, feriti, profughi, distruzione di attrezzature, edifici, raccolti, ecc. Per una volta, non ci sono dubbi su chi ha voluto l’attacco e chi, costretto, si difende. Ogni evento ha delle cause profonde e dei pretesti; lo capiranno gli storici, ma dovere minimo oggi è distinguere fra chi attacca e chi subisce. Né vale, per giustificare le nequizie odierne, evocare quelle di ieri, domandando “E allora l’Iraq?”. Anche gli Usa di George W. B

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