Di questi tempi, un anno fa, Stellantis valeva in Borsa quasi il doppio di oggi. Ferrari invece corre come un bolide anche sui mercati azionari: in dodici mesi la quotazione è cresciuta di oltre il 25 per cento e dopo i risultati record annunciati martedì (e nonostante il lieve ribasso di ieri) resta vicina al massimo storico dell’ottobre scorso.

Il confronto non ha solo un valore statistico. I numeri ci dicono anche che il divario tra le due aziende che fanno capo agli Agnelli-Elkann non è mai stato così ampio. Conti alla mano, si scopre che adesso oltre la metà del portafoglio titoli, quelli quotati, della holding Exor è concentrato su un solo marchio, quello del cavallino rampante.

Cavallino da record

Ai prezzi di Borsa di questi giorni, la quota del 22,9 per cento, che per effetto del voto multiplo garantisce a John Elkann il controllo della casa di Maranello, vale poco meno di 20 miliardi. Gli eredi di Gianni Agnelli comandano in Stellantis grazie a un pacchetto azionario del 14,9 per cento che dopo mesi di ribassi pesa per soli 5,4 miliardi nella cassaforte di famiglia.

Completano il quadro le partecipazioni nell’olandese Philips (apparecchiature medicali) e in Cnh (macchine agricole e veicoli pesanti), che però messe insieme non arrivano a 8 miliardi. Il resto sono briciole: il 64 per cento circa della Juventus, per dire, vale in Borsa circa 600 milioni.

Insomma, Ferrari vince per distacco sul gigante Stellantis. Una novità assoluta per il gruppo guidato da Elkann. I tempi cambiano e le difficoltà del settore auto hanno colpito duro la multinazionale nata nel 2021 dalla fusione di Fiat Chrysler con i francesi di Psa.

Effetto lusso

Tutta un’altra storia per Maranello che martedì ha annunciato risultati record per il 2025 con profitti in crescita del 21 per cento a 1,5 miliardi di euro e ricavi, anche questi in aumento del 12 per cento, di 6,7 miliardi. L’azienda del cavallino rampante viene inserita dagli analisti finanziari all’interno del settore lusso, al pari, per fare un esempio, delle griffe della moda e i titoli Ferrari si muovono quindi secondo logiche del tutto diverse da quelle del comparto automobilistico, da tempo in affanno, con poche eccezioni, a livello globale.

I ribassi di Stellantis esprimono invece il pessimismo degli investitori per gli sviluppi prossimi venturi dell’azienda. Il prossimo 26 febbraio il gruppo presenterà i risultati del 2024, un anno segnato dalle dimissioni, a fine novembre, ceo Carlo Tavares, che ha pagato il netto calo dei profitti e delle vendite, in particolare sul mercato statunitense.

Cambio di rotta

Il successore del manager portoghese non è ancora stato individuato. L’annuncio è atteso nelle prossime settimane, ma intanto Elkann ha impostato un netto cambio di rotta, con una prima revisione del piano di tagli di costi impostato dall’ex numero uno.

Nel frattempo, negli Stati Uniti Stellantis si è subito allineata, al pari dei concorrenti, al nuovo clima trumpiano, annunciando nuovi investimenti a tutela delle auto made in Usa. In Italia invece la ritrovata e sbandierata concordia con il governo deve ancora produrre frutti concreti. In attesa della svolta accreditata anche dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso, gli stabilimenti della penisola viaggiano ancora ai minimi a cominciare dalla storica fabbrica di Mirafiori dove gran parte dei lavoratori hanno trascorso il mese di gennaio in cassa integrazione.

Incognita dazi

Su Stellantis pesa poi l’incognita supplementare dei dazi annunciati da Trump per il Messico, una misura per il momento sospesa, ma che aumenta l’incertezza per l’immediato futuro del gruppo che nel paese centroamericano ha concentrato una quota rilevante della produzione destinata al mercato Usa.

Le nuove barriere doganali dovrebbero invece avere un impatto limitato sulle vendite di Ferrari, auto destinate a una clientela che non ha grandi problemi a far fronte a un aumento dei prezzi di listino per le super car Made in Italy. Anche per questo motivo l’azienda di Maranello ha rivisto al rialzo gli obiettivi del 2025, con margini di profitto in crescita del 7 per cento, mentre si prepara a dare ai suoi 5 mila dipendenti un premio di 14.400 euro per gli ottimi risultati raggiunti nel 2024.

Nelle fabbriche italiane di Stellantis, invece, i lavoratori per il momento possono solo sperare nella fine dell’incubo della cassa integrazione.

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