Dopo settimane di voci, sospetti, giochi di Borsa e manovre di palazzo, mercoledì 12 marzo entra nel vivo la fase finale della sfida per il controllo delle Generali, crocevia strategico della finanza nazionale. In calendario c’è un appuntamento che può sembrare di routine, ovvero la riunione del cda del gruppo assicurativo per approvare il progetto di bilancio del 2024.

Oltre ai conti, però, gli amministratori sono chiamati a discutere di un’altra questione che potrebbe rivelarsi decisiva nella lotta di potere in corso tra l’attuale vertice della compagnia, sostenuto da Mediobanca, e il fronte opposto guidato da Francesco Gaetano Caltagirone, alleato con la famiglia Del Vecchio. Mercoledì, infatti, all’ordine del giorno c’è anche l’anticipo al 24 aprile dell’assemblea dei soci, inizialmente fissata per l’8 maggio.

Marcia indietro

Non è solo una questione di date. E infatti la novità è stata accolta con fastidio dal fronte degli sfidanti. Il motivo è presto detto. Per effetto del cambio di programma ci sarà meno tempo a disposizione per gli azionisti che vorranno arrotondare le loro quote, visto che di regola per la partecipazione al meeting si fa riferimento alle partecipazioni detenute sette giorni prima dell’adunata.

Anche le liste dei candidati alle poltrone del consiglio di amministrazione, che va rinnovato per intero, dovranno essere presentate prima del previsto, entro e non oltre il 30 marzo, in base alle regole vigenti.

Caltagirone e alleati sospettano che la stretta sui tempi sia stata studiata apposta per metterli in difficoltà. Da Trieste però si fa notare che di solito l’assemblea si svolge nell’ultima decade di aprile (anche l’anno scorso si è tenuta il 24) e il posticipo a maggio era stato deciso per dare tempo alla Consob di pubblicare il regolamento attuativo della nuova Legge Capitali, in particolare nella parte che riguarda la cosiddetta lista del cda.

Ritardo Consob

Il parto delle nuove norme, però, si è rivelato più lungo e complicato del previsto e non si prevede che a breve l’Authority finanziaria dia luce verde al testo atteso dai mercati. Da qui la scelta di Generali, che mercoledì, salvo sorprese, tornerà sui suoi passi, spostando al 24 aprile la data dell’adunata dei soci. È tornata nel cassetto anche l’ipotesi di presentare candidati scelti dallo stesso consiglio di amministrazione uscente, come era già successo nel 2022, l’ultima volta che il cda è stato rinnovato per intero.

Gli azionisti saranno quindi chiamati a votare su una lista espressa da Mediobanca, che possiede il 13,1 per cento di Generali. In questa rosa di nomi (probabilmente 13 in tutto) sarà inserito l’amministratore delegato uscente Philippe Donnet e anche il presidente Andrea Sironi.

In alternativa, è previsto che Caltagirone, forte del suo 8 per cento circa del capitale (ma forse anche di più), presenti una lista di minoranza, con cinque o sei nominativi che sarà votata anche dagli eredi Del Vecchio, che hanno il 9,9 per cento. Gli investitori istituzionali, rappresentati da Assogestioni dovrebbero proporre tre amministratori.

Nel 2022 gran parte dei voti dei fondi esteri, che valgono ben oltre il 20 per cento del capitale, confluirono sulla lista del cda che quindi conquistò 10 posti su 13 in cda. Gli altri tre andarono ai candidati targati Caltagirone, che uscì sconfitto dallo scontro in assemblea.

Terzo incomodo

Adesso la sfida si ripete e questa volta a fare da terzo incomodo tra i due schieramenti opposti troviamo Unicredit ufficialmente accreditato di una quota del 5,2 per cento. Secondo le voci che circolano tra gli investitori, la banca guidata da Andrea Orcel avrebbe in realtà rastrellato una partecipazione ancora superiore, addirittura vicina al 10 per cento del capitale.

Prima di questi ultimi giorni di ribassi, in linea con l’indice di Borsa, il titolo Generali a metà febbraio e poi ancora ai primi di marzo aveva toccato nuovi massimi storici, con un rialzo di oltre il 50 per cento nell’arco di sei mesi. Un andamento che lascia supporre forti acquisti non solo da parte di Unicredit, ma anche di altre mani forti.

Resta da capire quali saranno le prossime mosse di Orcel. Al momento non è da escludere nessuna delle scelte possibili. Il pacchetto di titoli messo insieme dalla banca milanese potrebbe essere portato in dote alla lista guidata da Donnet, che giusto un mese fa ha avuto un faccia a faccia con il capo di Unicredit. Nel colloquio si sarebbe discusso anche di possibili future alleanze commerciali tra la compagnia triestina e l’istituto di credito.

D’altra parte, Orcel è anche impegnato nell’annunciata Ops sul BancoBpm, accolta con malcelata ostilità dai partiti della maggioranza di centrodestra, che invece sponsorizza la cordata Caltagirone-Del Vecchio anche nell’altra partita in cui sono impegnati e cioè l’offerta di Monte dei Paschi per Mediobanca.

Trasferta romana

In teoria, quindi, la quota di Unicredit in Generali potrebbe diventare merce di scambio per ottenere un trattamento migliore dal governo, che dovrà esaminare l’eventuale acquisizione del BancoBpm alla luce del golden power, con il rischio che l’esecutivo prescriva al compratore, cioè Orcel, una serie di condizioni penalizzanti.

Si è parlato forse anche di questi argomenti una settimana fa quando il banchiere, in trasferta a Roma, è stato ricevuto a Palazzo Chigi da Gaetano Caputi, il capo di gabinetto di Giorgia Meloni e ha fatto anche visita al governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta.

Solo ipotesi, per il momento, che però continuano ad alimentare le manovre in Borsa. Nei 40 giorni che ancora mancano all’assemblea decisiva, quando i due schieramenti dovranno finalmente scoprire le carte, non mancheranno di certo i colpi di scena.

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