Generali e l’addio a Natixis, a Trieste comandano Milleri e Caltagirone

A Trieste si cambia. L’addio all’alleanza con il gruppo francese Natixis nel risparmio gestito segna il primo netto cambio di rotta delle Generali dopo che la madre di tutte le scalate, quella di Mps a Mediobanca, ha messo fine ai vecchi assetti di potere. Ora comandano Francesco Milleri e Francesco Gaetano Caltagirone e quest’ultimo è sempre stato a dir poco critico verso l’operazione proposta da Philippe Donnet, l’amministratore delegato del gruppo del Leone. Ma la definitiva rottura di un progetto emerso un anno fa e in bilico da tempo verrà di certo cavalcata anche dal governo di Giorgia Meloni, che da subito ha dipinto l’alleanza con Natixis come una svendita allo straniero del risparmio degli italiani. Scalata Mps a Mediobanca, il ruolo delle casse previdenziali e i legami di Enasarco ed Enpam con il governo È bene ricordare che Generali è uno dei più grandi investitori nazionali in Btp e non per niente nei mesi scorsi Donnet, nel tentativo di aprirsi un varco a Roma, aveva garantito maggior impegno nella sottoscrizione di titoli di stato. Il ritornello propagandistico di Meloni, la difesa del tesoretto nazionale in quanto asset strategico, è stato utilizzato anche per giustificare lo stop all’ops di Unicredit su BancoBpm. Lo stesso ritornello che ricorre in sottofondo anche nel sostegno dell’esecutivo, mai dichiarato ma evidente, all’offerta di Siena su Mediobanca. Va detto che già da mesi il destino dell’alleanza sull’asse Trieste-Parigi pareva segnato. Le consultazioni tra le due parti erano in stallo da tempo e c’erano pochi dubbi che il nuovo clima nell’alta finanza nazionale avrebbe stroncato le velleità di Donnet. Il manager che dal 2016 è al comando di Generali ha forse peccato di presunzione quando un anno fa ha creduto di essere in grado di resistere ai venti che spiravano già forti contro di lui. Indagini, rischio opa e liti tra i Del Vecchio. Perché la partita su Generali si è riaperta Adesso lo stop all’intesa con Natixis potrebbe paradossalmente rafforzare, almeno temporaneamente, la posizione del numero uno di Trieste. Gioca a suo favore anche l‘indagine della procura di Milano sulla scalata a Mediobanca che vede indagati Caltagirone, Milleri e l’ad del Monte, Luigi Lovaglio. È improbabile che i nuovi padroni del Leone stringano i tempi di un eventuale cambio della guardia a Trieste proprio mentre è ancora grande il clamore per l’intervento della magistratura. Il ribaltone potrebbe andare in scena la prossima primavera, con l’assemblea di Generali. A quel punto sarà più chiaro dove andrà a parare l’inchiesta dei pm. E anche quale sarà il mandato che gli eredi di Leonardo Del Vecchio, ora in lite tra loro, affideranno a Milleri a proposito delle partecipazioni finanziarie di famiglia, da Mps fino a Generali. Giorgetti il “facilitatore”. Mps, i pm contro il governo