Lo schema deciso da Mario Draghi è piuttosto semplice. Due comitati interministeriali che diano l’indirizzo sulle due missioni più importanti del Recovery plan: transizione energetica e transizione digitale in modo da farne due missioni trasversali e con una regia chiara. 

Il comitato alla transizione digitale dipende dalla presidenza del consiglio e oltra al premier include il neo ministro per l’innovazione Vittorio Colao, così come dal ministro per la Pa, Renato Brunetta, dal ministro dell'Economia e delle finanze, Daniele Franco, dal ministro per la salute, Roberto Speranza e da quello allo sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.  La segreteria tecnico-amministrativa dipenderà da Palazzo Chigi, la strategia per colmare il divario digitale soprattutto dal ministero di Colao che però appunto dovrà poi collaborare con i colleghi per trasformare i progetti in cambiamenti concreti nei servizi pubblic e sanitari, ma il portafoglio delle telecomunicazioni resta invece allo Sviluppo. 

Il mandato di Colao

Colao ha un mandato molto ampio. Nella bozza circolata, ieri, infatti si legge che tra le funzioni del ministero per transizione digitale e innovazione c’è quella «promuovere, indirizzare, coordinare e verificare l'azione del governo nelle materie dell'innovazione tecnologica, dell'attuazione dell'agenda digitale italiana ed europea, della strategia italiana per la banda ultra larga, della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, nonché della trasformazione, crescita e transizione digitale del Paese, in ambito pubblico e privato». Tuttavia per attuare le misure si deve appoggiare alle altre strutture. Giorgetti in particolare sul fronte digitale è riuscito a mantenere tutte le competenze di spesa. Quella sulle crisi industriali l’anno passato era affidata ad Alessandra Todde, sottosegretaria riconfermata. Come verranno ridistribuite con la nuova squadra di cui fanno parte Anna Ascani del Pd e Gilberto Picchetto Fratin non è chiaro. Ma nel Recovery plan ci sono oltre 20 miliardi destinati allo sviluppo di una filiera 5g e del cloud, dell’intelligenza artificiale e della cybersecurity. 

L’energia a Cingolani

Del resto sull’altro fronte quello di Cingolani, il ministero dello sviluppo ha perso voce in capitolo. Il ministero della transizione ecologica esce con nove direzioni generali e la competenza sull’Enea e sulle filiere dell’energia, dall’idrogeno alle rinnovabili e quindi anche sugli interessi di campioni nazionali come Eni, Enel e Snam. Il comitato interministeriale avrà una funzione simile a quello della transizione digitale: «Assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione» e includere la presidenza del consiglio come i dicasteri delle politiche agricole, delle Infrastrutture e trasporti e dal ministro delle Politiche agricole e dello sviluppo a cui togliere deleghe. Per Giorgetti Draghi ha favorito il pareggio, palla al centro.

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