Operazioni per distrarre fondi e patrimoni da aziende poi fallite, concordate da noti immobiliaristi con gli ex vertici della Banca popolare di Bari e con uno dei finanzieri che ricorre in tutti gli scandali bancari e immobiliari delle cronache recenti, dallo Ior alla Popolare di Vicenza, fino appunto alla Puglia.

Questa è l’ipotesi che emerge dall’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari di Bari, Luigia Lambriola, ha chiesto il 17 settembre otto misure di custodia cautelare per i reati di bancarotta fraudolenta e concordataria aggravata e in due casi per riciclaggio e autoriciclaggio.

L’operazione è scattata ieri e agli arresti domiciliari sono finiti tra gli altri Gianluca Jacobini l’ex condirettore dell’istituto di credito pugliese salvato con i soldi pubblici a dicembre 2019, Giacomo Fusillo, rampollo dell’omonima famiglia di immobiliaristi di Noci proprietaria di diversi alberghi e complessi turistici di lusso, e Girolamo Stabile, il finanziere che è stato tra le altre cose direttore del fondo lussemburghese Optimum Asset management e gestore del fondo maltese Futura funds Sicav Plc, veicoli da cui sono passati denaro e partecipazioni dello Ior, della popolare di Vicenza, della fondazione Enasarco, solo per citarne alcuni, oltre che l’ex responsabile credito della popolare di Bari, Nicola Loperfido. Marco Jacobini, che dell’istituto è stato per trent’anni il «padre padrone», come lo definisce anche l’ordinanza del gip, è stato interdetto dallo svolgere per dodici mesi di attività professionali e imprenditoriali.

Lo stesso è stato deciso per Vito Fusillo, patron dell’omonimo gruppo e amministratore delegato delle società Maiora e Fimco che sono state dichiarate fallite dal tribunale di Bari il 25 settembre.

La procura contesta ai Fusillo e agli ex vertici della popolare di Bari di aver sottratto alle due imprese, fondi e patrimonio in almeno quattro diverse operazioni tra il 2016 e il 2019, mentre l’istituto di credito continuava a finanziarle con «accensione e reiterata proroga di nuove linee di credito» e successivi sconfinamenti passati «da 20 milioni di euro (nel gennaio 2016) a 60 milioni di euro (nel giugno 2019)», si legge nell’ordinanza del gip. Il tutto «nella consapevolezza dell’assoluta incapacità di rimborso e della totale inadeguatezza ed aleatorietà delle fonti di rientro».

Secondo l’indagine le decine e decine di milioni che la banca prestava alle imprese sull’orlo del fallimento erano usati per operazioni finanziarie spregiudicate. In alcuni casi andavano a favore di società formalmente terze ma in realtà riconducibili al commercialista dei Fusillo, Elio Giacovelli e allo stesso Giacomo Fusillo.

In altri provavano a mascherare lo stato di insolvenza delle imprese, per esempio attraverso il fondo Kant capital con base in Gibilterra gestito da Stabile, nell’ormai consueto utilizzo dei paradisi fiscali da parte delle sedicenti banche del territorio.

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