Per costruirli ci vogliono anni, ma nonostante questo, la scusa dell’emergenza e la paura che la Russia chiuda i rubinetti da un giorno all’altro è sufficiente per far tornare alla carica i progetti dei gasdotti che finora non ce l’hanno fatta.

Fino a ieri l’Europa puntava tutto sulla transizione ecologica, adesso la parola d’ordine è “diversificazione” e le alternative non sono più quelle energetiche ma quelle del metano. Le notizie si rincorrono e gli ambientalisti stanno cominciando a preoccuparsi visto che per loro non solo sarebbero infrastrutture inutili, ma persino deleterie.

I progetti di Snam

Snam, la società controllata dallo Stato che si occupa della rete di distribuzione del metano, ha avuto mandato dal governo di individuare due rigassificatori galleggianti, uno da noleggiare e l’altro da acquistare. Secondo il Sole 24 Ore, Snam, oltre a queste due infrastrutture, «auspica da tempo» la realizzazione di «un gasdotto pirenaico», progetto bloccato nel 2019 dal governo francese, o in alternativa una «soluzione offshore dalla Spagna all’Italia», ovvero al di fuori delle acque territoriali.

L’ipotesi sembra cozzare con quella che di cui ha parlato il ministero per la Transizione ecologica. Il vantaggio delle navi per la rigassificazione per Roberto Cingolani, infatti, deriva dal fatto che «non si tratta di strutture permanenti ma possono fornire un grandissimo contributo all’autonomia energetica della Russia». Infrastrutture che, nonostante l’entusiasmo del ministro, non entreranno in attività prima di 12-18 mesi.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi tuttavia, durante la conferenza stampa con il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez una decina di giorni fa non ha chiuso la porta anche ai progetti di gasdotti, che invece richiedono tempi ancora maggiori di realizzazione: «Abbiamo discusso anche delle interconnessioni, un problema che strutturalmente sarà sempre più importante anche in vista delle interconnessioni dell'idrogeno, non soltanto del gas oggi».

Cos’è Poseidon

Si torna così a parlare anche del gasdotto Poseidon, il tubo che dovrebbe portare in Italia il metano da Israele. In questi giorni ha avuto l’appoggio sia della Lega, nelle parole del responsabile energia Paolo Arrigoni, sia del Pd, tramite la vice presidente del parlamento europeo Pina Picierno.

Dieci giorni fa il Fatto Quotidiano ha riportato che il sottosegretario americano agli Affari Esteri del Dipartimento per l’Energia, Andrew Light, ha detto che «dopo gli ultimi sviluppi, vedremo tutto con un aspetto nuovo».

Fino a oggi i quantitativi di metano che Poseidon avrebbe potuto trasportare, 12-13 miliardi di metri cubi, non erano indispensabili  al mercato italiano, adesso la necessità di diversificare e i tentativi di dire addio al gas russo hanno fatto tornare in vita il progetto. Anche se i lavori comincerebbero non prima del 2023 e il gasdotto non entrerebbe in attività prima del 2025.

Progetti analoghi ci sono per raddoppio del Tap, il gasdotto che approda a Melendugno, ma la società che lo gestisce ha ammesso che non è possibile prima di tre anni.

La reazione degli ambientalisti

L’entusiasmo per i gasdotti non è condiviso da tutti, nonostante la crisi in Ucraina, infatti i gasdotti sono opere che non solo hanno un impatto ambientale, ma hanno costi così elevati che per ammortizzarli ci vogliono decenni. Angelo Bonelli, coportavoce della Federazione dei Verdi, avverte: «Si creano infrastrutture permanenti che hanno dei costi importanti che non dismetti nei prossimi vent’anni. Questa è una strategia che nulla ha che vedere con la diversificazione, ma che lega l’Italia al gas vanificando la lotta al cambiamento climatico».

Anche il direttore generale di Greenpeace, Giuseppe Onufrio, trova da ridire: «Insistere sulla costruzione di nuove infrastrutture del gas, come il gasdotto dalla Spagna o molti nuovi rigassificatori, è un’opzione che il settore del gas fossile vuole percorrere per mantenerci legati a questa fonte e difendere il suo mercato».

Per gli ambientalisti bisognerebbe tagliare i consumi di gas fossile usando al loro posto le rinnovabili: «Qualcuno – dice Onufrio – vuole sostituire la Russia con altri fornitori, mantenere il gas al centro del sistema energetico e bloccare così la transizione verso le fonti rinnovabili che, oltre a vantaggi ambientali, porterebbero a un sensibile aumento dell'occupazione».

Bonelli constata: «Finora però, nei recenti decreti sull’emergenza relativa alla crisi Ucraina non si trova una parola su come velocizzare l’installazione di energia eolica e fotovoltaica».

«Il governo, che ha annunciato lo sblocco delle rinnovabili più volte, al momento con poco risultato, da che parte sta?», chiede Onufrio. 

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