Il decreto per l’ennesimo intervento contro i rincari di energia dovrebbe arrivare in settimana, lo scostamento di bilancio no. Il governo sta valutando dove trovare le risorse per finanziare i nuovi aiuti, dopo aver varato il primo marzo l’ultimo decreto con nuove risorse per 6,1 miliardi, di cui 400 milioni per le famiglie disagiate, quelle su cui l’inflazione batte di più, e nuovi interventi per le aziende a maggiore consumo di energia e gas.

I prezzi però continuano a lievitare e non si sono ancora trasmessi alla filiera della produzione. Semmai stanno costringendo le imprese a chiudere, e non solo le imprese: dopo l’ultima astensione degli autotrasportatori – 140mila i coinvolti – c’è il timore di nuovi blocchi alla logistica.

Ieri il capo del servizio struttura economica della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone, nell’audizione di fronte alle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera dei deputati sull’ultimo decreto contro i rincari, ha ricordato che il prezzo del gas è aumentato di oltre il 40 per cento nelle prime due settimane dall’inizio dell’invasione, mentre quello dell’elettricità è raddoppiato. Oggi i prezzi sono attorno ai 110 euro Mwh, in netto calo rispetto al picco raggiunto il 7 marzo scorso di 350.

Le tappe della filiera

Il punto per il governo è dove intervenire lungo la filiera dei prezzi. Il primo ministro, Mario Draghi, ma anche il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli si sono schierati per un tetto ai prezzi del gas in sede europea. Venerdì Draghi incontrerà a Roma altri capi di governo sulla sua stessa linea, convinti che serva intervenire sul mercato e il meccanismo di fissazione dei prezzi a livello europeo e cioè lo spagnolo Pedro Sánchez, il portoghese Antonio Costa e collegato in videoconferenza il greco Kyriakos Mitsotakis. L’idea è quella di preparare una posizione comune in vista del prossimo Consiglio europeo.

I prezzi del gas in Europa fanno riferimento soprattutto al mercato olandese Ttf, che raccoglie i maggiori trader e le cui contrattazioni a breve e medio termine partecipano alla creazione dei prezzi delle nostre bollette.

E qui si arriva all’altro tassello della filiera, che lega i prezzi del gas a quelli dell’elettricità, indipendentemente dal fatto che l’elettricità sia prodotta da altre fonti, incluse ovviamente le fonti rinnovabili. Il prezzo dell’elettricità in Italia si forma alla borsa gestita dal mercato elettrico, società del gestore dei servizi energetici controllata dal ministero dell’Economia. Il meccanismo nazionale prevede che se il fabbisogno di energia giornaliera è soddisfatto in parte da rinnovabili che hanno costi di produzione più bassi e in parte dal gas, valga il prezzo marginale e quindi quello più alto.

In un primo momento il governo è intervenuto su quelli che sono stati chiamati gli “extra-profitti” dei produttori di rinnovabili, ma è il meccanismo del prezzo dell’elettricità su cui si potrebbe agire. In ogni punto della filiera si possono avvantaggiare alcuni operatori e non altri, è chiaro che intervenire a monte a livello europeo sarebbe la soluzione migliore.

Tuttavia se il ministro Roberto Cingolani grida alla “truffa” e il ministero dello Sviluppo economico guidato da Giancarlo Giorgetti ha proposto di estendere i poteri del garante sui prezzi che fa riferimento al suo ministero, nessuno ha pensato al momento di fare una operazione trasparenza – magari affidandola all’Autorità per l’energia –, sui contratti delle aziende, comprese quelle di stato, per capire quali siano i vincoli degli operatori di mercato. Né un pressing sulle aziende di cui lo stato è azionista.

Breve e lungo termine

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Anche Banca d’Italia ha chiesto una strategia che non guardi solo al breve termine: «Gli interventi di mitigazione dell’aumento dei costi sono indispensabili», ha detto Balassone, «Non possono però essere prorogati indefinitamente». Per almeno due motivi: «da un lato non risolverebbero il problema sottostante della dipendenza energetica dall’estero, dall’altro assorbirebbero un ammontare molto elevato di risorse pubbliche, sottraendolo a impieghi alternativi».

Banca d’Italia chiede interventi selettivi, più mirati «alle famiglie vulnerabili e alle imprese più colpite dall’aumento dei costi». E soprattutto chiede che siano accompagnati da un’accelerazione degli investimenti in transizione energetica. Senza soluzioni strutturali, il rischio è di continuare a buttare i fondi in un pozzo, ovviamente di gas e petrolio.

 

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